Salone del Libro di Calcutta, ma dove sono i libri?


E' pazzesco. Dopo 10 anni l'India continua a sorprendermi ( e a farmi incazzare). Sono a Calcutta, che io continuo a chiamare cosi' anche se e' ormai Kolkata, per l'annuale  fiera del Libro. Dicono che sia una delle rassegne ''piu' grandi dell'Asia'' e conoscendo la passione dei bengalesi per la cultura, sono arrivata qui piena di aspettative che si sono infrante appena ho visto il posto e la penosa organizzazione.

La fiera e' un po' fuori dal centro, su una grande arteria dove e' abbastanza difficile beccare un taxi o un riscio'.  E' vicino a un importante  campus scientifico che - da fuori-  sembra bello. Intorno pero' e' degrado assoluto, il solito mix di cloache, immondizia e lavori in corso. Ma si sa. Purtroppo la precedenza e' per i mall, gli hotel a cinque stelle, autostrade e aeroporti.  A depurare acque e smaltire rifiuti non ci pensa nessuno perche' non rende ovviamente.
Quest'anno alla fiera che si chiude il 5 febbraio c'e' una novita': l'Italia e' Paese ospite per contraccambiare lo stesso onore offerto nel 2011 all'India al salone del libro di Torino.

Al giornalista e saggista Beppe Severgnini tocca infatti inaugurare la rassegna con tre colpi di martelletto di legno, tipo quello usato per le aste all'incanto. Una cosa curiosa qui dove di solito la cerimonia consiste nell'accendere le lambade a olio, un gesto che ha un chiaro significato religioso.


Ma a parte un tendone dove e' avvenuta l'inaugurazione, con la chief minister Mamata Banerjee, detta Didi (sorella maggiore) e il padiglione italiano,  non c'e' ancora nulla di pronto. Gli operai stanno ancora costruendo gli stand e di libri non c'e' ancora l'ombra. Dopo aver invano chiesto a carpentieri e poliziotti dove era un'ufficio stampa, scopro che non esiste. Nella mia ingenuita' cercavo infatti un accredito o almeno un press kit con qualche informazione. Scopro poi che la fiera e' aperta a tutti e che nessuno ha un badge.

Per fortuna il padiglione italiano e' pronto e almeno li' ci sono dei libri. Mi accorgo pero' che i volumi, una buona scelta di titoli tra i piu' recenti, sono tutti in italiano! Mi spiegano che sono stati portati dagli editori italiani e che bisognava contattare gli indiani per avere le traduzioni inglesi, almeno quelle che esistono. Di sicuro i classici, Dante, Calvino ecc. ci sono...

Il  padiglione, organizzato dal consolato di Calcutta ,  e' stato sponsorizzato da una serie di aziende italiane, tra cui Lavazza -Barista (che ci ha anche piazzato un coffee-shop) e lo studio di architettura, Carrano, che ha disegnato lo stand.  Per la scarsezza di mezzi (e la grave congiuntura italiana) e' una grossa riuscita, mi dicono prima ancora che presenti qualche obiezione sulla mancanza di volumi in inglese. Almeno c'e'.  Che la disorganizzazione sia totale lo conferma anche il padiglione Usa, piazzato a pochi metri davanti al nostro, che quindi rimane nascosto.  Mi dicono che non era previsto, quindi sarebbe addirittura abusivo.
Anche all'indomani , primo giorno ufficiale di apertura al pubblico, gli stand non sono ancora pronti e regna il caos sovrano. La prima conferenza con Severgnini e' stata in fretta e furia spostata dal tendone principale al cortiletto interno del nostro padiglione, di fianco alla macchina del caffe'.

Non so che sia successo poi negli altri nove giorni, io sono partita...senza vedere un libro!

Pedalando lungo la sacra Yamuna

Tra le varie Indie misteriose ce n'e' una che proprio non capisco.  Gli induisti adorano i fiumi, l'ho visto quando lo scorso anno sono andata in pellegrinaggio alle sorgenti della Ganga (Gange) nell'Himalaya. Ma allora perche' permettono che l'affluente Yamuna, anche questa una divinita' dell'affollato panteon induista, si riduca a un rigagnolo di liquami nel mezzo di New Delhi? Grande mistero.

Ieri sono andata a un'iniziativa di una ong Swechha che ha organizzato una ''Yamuna Cycloton'', una cosa veramente da setta segreta. Proprio come il progetto Yamuna-Elbe Public Art Initiative di cui avevo parlato in questo post. Primo per l'uso della bicicletta come mezzo ricreativo, secondo per il percorso intorno al fiume-cloaca stretto tra tangenziali, cavalcavia e metropolitana. Non mi stupirei se a un certo punto la municipalita' decidesse di coprirlo per farci sopra una nuova strada. Non e' cosi' che stanno facendo anche con un canale a Defence Colony, uno dei quartiere ricchi ma piagato da una ''nala'' puzzolente.
Ai tempi del moghul, nel ''Rinascimento'' indiano, la Yamuna era lo sfondo dei palazzi reali e monumenti. Il Taj Mahal ad Agra e' costruito sulla sponda del fiume e anche il Forte Rosso di New Delhi lo era, prima che il fiume cambiasse corso. Sullo Yamuna ci sono i mausolei dei grandi dell'India, come il Mahatma, e il fiume sacro fa parte anche di molti rituali religiosi, per esempio a Dussheira, quando ci immergono i simulacri della dea Durga. Ci sono anche molti devoti che si fermano a fare un'offerta, un cocco o una candela votiva. Non l'ho mai visto fare, ma forse le famiglie versano anche le ceneri dei propri cari. Insomma e', o sembra, importante. Non era  come il Po quando ero piccola che era proprio nell'oblio totale.
Nonostante cio', non c'e' alcuna volonta' politica o popolare di fare qualcosa per ripulire o ripristinare le sponde dello Yamuna.
A meta' della Cycloton, dove sono riusciti miracolosamente a coinvolgere un migliaio di ciclisti, Vimlendu Jha, fondatore di Swechha e documentarista, lo ha detto chiaramente. Il fiume e' ridotto a una fogna, dove non c'e' piu' vita, perche' non c'e' interesse politico o economico a risolvere la questione ambientale. ''Basterebbe che lo stato vicino dell'Uttar Pradesh  faccia entrare piu' acqua a monte in modo che il fiume possa auto depurarsi, ma in UP c'e' un altro governo, quello di Mayawati, ostile a quello di New Delhi'' ha spiegato con foga Vimlendu dopo aver radunato i ciclisti su uno dei pochi tratti in cui e' ancora visibile. Ha poi aggiunto una sacrosanta verita' : ''ripulire il fiume con rende soldi a nessuno, non c'e' da costruire nulla, non c'e' da muovere  cemento o acciao''.
Mi rendo conto che quello che sta facendo Swechha e' la classica goccia nell'oceano, pero' bisogna pur partire da qualche parte. Per me e' stato esaltante, partire in piena notte da casa, in pieno inverno, per raggiungere il fiume alle sette del mattino quando partiva la biciclettata. Mi hanno spiegato che non potevano farla ad un orario piu' accettabile perche' la polizia non avrebbe dato i permessi. Gia' e' stato un miracolo fermare il traffico sui ponti e sulla tangenziale...e anche e' stato un miracolo che nessuno e' stato stirato da un camion o finito in un tombino aperte o in un cratere della strada. Insomma, se conoscete Delhi potete capire che c'e' voluto un bel coraggio, purtroppo con pochi risultati mediatici e di presa sull'opinione pubblica.

NATALE 2011 - Diario italiano/1


Lunedi' 19 dicembre, Roma

Ad accogliermi a Fiumicino appena dopo la barriera dei doganieri e' un ufficio Vodafone dove compro una sim card italiana. E pensare che non sapevo dove trovarne una all'aeroporto. Invece il gentile impiegato di Vodafone Italia, che e' li' da sei mesi,  e' stato il primo ad accogliermi nella madrepatria e a sottrarmi subito 20 euro, ancor prima di avere ritirato il bagaglio. Questo la dice lunga sui nuovi potentati mondiali.

Martedi' 20 dicembre, Roma

Sfoggio un tailleur Sisley e un cappottone nero lungo comprato  quasi 20 anni fa a Ginevra. A qualcuno ricorda il protagonista di Matrix. Li avevo portati con il container in India e mai piu' indossati. Ma io me ne frego e cosi' bardata mi presento all'Ansa che si trova in via della Dataria, nel cuore della capitale. Per arrivarci passo davanti alla Fontana di Trevi. Davanti ci sono due centurioni romani circondati da turisti asiatici. Mai vista una scena piu' surreale. Il bravo e simpatico direttore Luigi Contu mi riceve gentilmente nel suo ufficio nello storico palazzo che confina con il Quirinale. Visto che e' da un anno e mezzo che collaboro con l'agenzia mi e' sembrato giusto presentarmi, se non altro per umanizzare i rapporti. Dopo l'annuncio di tagli della Farnesina, la situazione non e' rosea per l'Ansa e quindi regna il pessimismo. Non mi aveva neppure sfiorata il pensiero di avanzare rivendicazioni sul mio precariato, che ha subito messo le mani in avanti. ''Il 2012 sara' forse peggio'' mi ha detto mestamente.  Non mi e' restato altro che fare gli auguri e congedarmi.

Mercoledi' 21 dicembre, Bologna

Mi accorgo che l'intero Paese e' stretto in una morsa di cupa rassegnazione. E' palpabile e pervade ogni conversazione. Mio zio, ex capo sindacati macchinisti, mi fa un bel regalo. Un biglietto da Roma a Bologna in Freccia Rossa.  In due ore passo dalla fontana di Trevi alle Torri degli Asinelli. E' fantastico, ammetto, andare su e giu' per lo Stivale a questa velocita'. Il treno era pieno, anche in prima classe. Bene, mi rassicuro, allora le cose non vanno cosi' male, almeno per i ricchi che si possono permettere il supertreno.

Giovedi 22 dicembre, Bologna e Milano

Bologna rimane una delle citta' in cui mi piacerebbe abitare. In piazza Nettuno c'e' la  biblioteca civica, Sala Borsa, inaugurata dieci anni fa dove una volta c'era appunto la borsa trasformata dopo in un palazzetto per il basket. Il palazzo, dove c'e' anche il Comune, sorge su rovine archeologiche che si vedono sotto il pavimento. E' un bellissimo ambiente ed e' aperto a tutti, anche a diversi senzatetto che vengono qui a stare al caldo.
Dopo aver comprato mortadella e tortellini, salgo su un altro Freccia Rossa o Freccia d'Argento (che differenza c'e'?) che questa volta pago io. Ormai ci ho preso gusto. Arrivo a Milano in un'ora esatta. Ceno in una trattoria del centro con il mio collega Marco Masciaga, ex Sole24Ore, che ora lavora a Repubblica. Ebbene si', i ristoranti sono pieni, come diceva il nostro ex presidente del  Consiglio. Secondo il mio collega sono pieni di evasori fiscali.

Venerdi' 23 dicembre, Chivasso

Il duro scontro con la realta'. Dall'alta velocita' a un vecchio regionale per Chivasso dove entro in contatto con la classe operaia, pensionati  e con gli immigrati. Meta' scompartimento parla rumeno. Una vecchietta piemontese che dice di avere 76 anni ha un alloggio da vendere sul lago Maggiore. Sostiene che da 400 mila euro, ora si e' ridotta a chiedere 100 mila euro pur di sbolognarselo.   
Stranamente qui nella Padania Superiore il freddo e' meno pungente che a Bologna. Ma il gelo della provincia piemontese mi pervade completamente.  Sara' la crisi, ma ogni volta che torno al mio paese, Chivasso, ho l'impressione che sia ogni volta piu' ostile. In poche ore riesco a rompere le balle a mezza citta', dalla banca all'ufficio anagrafe del comune, fino ai Carabinieri che scomodo per fare una denuncia di una carta di identita' persa 20 anni fa. E' evidente che la gente qui ha i suoi ritmi e le sue abitudini. Ma e' davvero difficile strappare un sorriso da queste parti.

Sabato 24 dicembre, Chivasso

Come tradizione si fanno gli agnolotti di carne per il pranzo di Natale. La ricetta e' stata tramandata dai nonni paterni, cosi' come anche la spianatoia di legno realizzata da mio nonno apposta per il tavolo della mia cucina. La preparazione ha un qualcosa di rituale. Sembra una liturgia religiosa con strumenti e teli per coprire la pasta che vengono tirati fuori per l'occasione da un apposito cassetto. Come l'ostiario dal tabernacolo. Ovviamente e' impossibile proporre qualsiasi variazione al tema. La mia proposta di mettere del sale nell'impasto che va prendendo forma sotto le mie mani e' immediatamente bocciata. ''Non l'ho mai visto fare a casa dei nonni'' ha sentenziato mia madre. Avrei voluto chiedere che cosa faceva sua madre per Natale, ma poi temevo di urtare la sua sensibilita'. Mia madre e' vissuta in una famiglia contadina e quando si e' sposata ha fatto il grande salto verso gli agi della citta', compresi gli agnollotti di carne.

Domenica 25 dicembre, Bracchiello (Ceres)
Il Natale viene consumato nel vero senso della parola tra grandi mangiate e bevute nella baita di Bracchiello, una borgata di Ceres nella valle di Lanzo, dove scorre la Stura, un affluente del Po. Chissa' come, ci trovo un parallelo con la valle della Yamuna che ho risalito lo scorso giugno. Alle 18 vado a Messa a Ceres, cinque km piu' a valle dove e' tradizione fare i presepi semoventi in strada. Sono bellissimi. Le decorazioni della piazza e nelle viuzze rendono l'atmosfera dickensiana, da Cristmas Carrol.  C'e' perfino un Babbo Natale, di pezza, che dorme sdraiato sotto un androne con il suo sacco di yuta vuoto a fianco. Come se fosse sfinito dopo il suo lavoro di consegna dei regali...Nella chiesa gotica, i due celebranti sono accompagnati dall'imponente organo a canne che come tradizione e' sopra l'ingresso e da un trombettista. Non c'e' coro, ma solo il prete con una voce da baritono. Ammetto che e' una delle piu' belle celebrazioni natalizie a cui abbia assistito.

NATALE 2012 - Diario italiano/2

Lunedi 26 dicembre, Venaria Reale

La madre di un mio zio a Caluso, il paese del Passito e dell'Erbaluce, ha deciso di passare a migliore vita proprio a Natale. Cosi' oggi i miei genitori sono dovuti ''scendere'' dalla montagna per andare al funerale. Io ne ho approfittato per farmi lasciare a Venaria Reale, la ex palazzina di caccia dei Savoia, dove - nelle scuderie dello Iuvarra - c'era una mostra sul famoso autoritratto di Leonardo Da Vinci. Sono poche le volte che mostre del genere finiscono in Piemonte, cosi' che non mi sono fatta scappare l'occasione. Tanto che non avevo ancora visitato la reggia riaperta un paio di anni fa, penso dopo un colossale restauro.

Come previsto a Santo Stefano c'era un po' di coda alla biglietteria. Proprio qui e' successo un episodio curioso. L'ingresso alla Reggia e' abbastanza salato, se poi si somma quello della mostra si superano i 20 euro. Forse pentita da tale salasso la bigliettaia chiedeva a tutti se avevano riduzioni. Ho visto tirare fuori le tessere piu' assurde. Una signora davanti a me ha ottenuto un biglietto ridotto con la tessera dell'Ikea. Io ho provato con la tessera dell'Immigrato, la I-Card che rilasciano ai residenti all'estero. Purtroppo non avevo la mia tessera dell'Ordine (a cui non appartengo piu' perche' sono stata espulsa, ma per ora non mi hanno ancora chiesto la restitituzione del tesserino). Ho detto pero' che ero giornalista. Fidandomi della mie parole, immediatamente la cassiera mi ha rifilato tre biglietti gratis! La casta! Quanto e' ancora potente in Italia!

Martedi' 27 gennaio, Bracchiello  

 Il tempo e' sempre sereno. Si vede l'intero arco delle montagne innevate. Capisco ora perche' il Piemonte si chiama cosi'. Ancora una volta mi viene in mente quando in Himachal si vede all'orizzonte la catena himalayana. Sopra Bracchiello, dove i miei diversi anni fa hanno comprato una baita da ristrutturare, si sale verso un alpeggio. C'e' una strada carrozzabile che va fino a una radura dove ci sono un paio di case. Sopra c'e' parecchia neve e ci sono anche dei caprioli. Saranno circa 1.200 metri, o forse meno, ci sono i castagni e non le conifere che caratterizzano di solito le vallate piu' alte. Vago in completa solitudine per un paio di ore. Mi ritrovo a fare yoga su un dirupo nel piu' silenzio assoluto mentre in alto volteggiano dei falchetti o qualcosa molto simile. Se tendo l'orecchio mi sembra di udire il fragore della Stura nel fondovalle. Ogni tanto sento il rumore cupo di un masso che case nella montagna di fronte. Ma non ci sono cave e neppure stanno costruendo una strada. Neppure nell'Himalaya piu' profonda ho percepito cosi' tanto isolamento dal resto del mondo. Altro che ritiro spirituale in Tibet! Provate l'Alto Canavese!

Mercoledi', 28 dicembre, Torino

Ogni anno spero di trovare Torino veramente cambiata, come mi dicono in molti (che l'hanno visitata ai tempi d'oro delle Olimpiadi del 2006).  Invece e' sempre peggio.  Neppure a Natale riesce a trasmettere un po' di allegria.  Mi sembrava di averlo scritto gia' l'anno scorso. La citta' e' fantasma. Non c'e' neppure traffico nelle strade. Sono arrivata da Ceres con una storica linea ferroviarie che si vanta di essere la prima elettrificata al mondo. Il treno, gestito dai trasporti torinesi, e' moderno, mentre le stazioni da Ceres in giu' sono ancora quelle dell'Ottocento. Un vero biju'.  A valle la ferrovia collega l'aeroporto di Caselle, rivitalizzato, con la citta'. Unico problema: il treno si ferma a stazione Dora, uno scalo periferico, di cui nessuno conosce neppure l'esistenza. Da li' con lo stesso bigliettoi si prende il ''DoraFly", un semplice bus che ti porta un centro fino a Porta Nuova.

A Torino sono andata a vedere una mostra di arte moderna curata da Vittorio Sgarbi che ha voluto fare una riedizione locale della Biennale di Venezia, ospitando artisti contemporanei francesi. E' nella cosidetta sala Nervi di Torino Esposizioni, di fianco al castello del Valentino, che e' in ristrutturazione. 

Tra queste c'era anche la mia amica Francesca Ramello che ha esposto due acquarelli della sua ultima serie di donne con fiori (''Stay away from my flowers'').

La sala, che somiglia a un hanger, e' stata fatta dal vecchio Agnelli come mostra un suo busto sull'arcata dell'ingresso. La mostra era un po' incasinata, molte opere non avevano neppure l'etichetta. Si vedeva che era un po' raffazzonata, ma il guaio piu' grosso e' che non c'era riscaldamento e quindi si rischiava l'ibernamento nonostante il bel sole che c'era fuori.  Ancora una volta Torino non fa che confermare la sua inospilita' e - temo - anche avversione per l'arte moderna.

Lungo il Po, invece ho notato che c'e'una novita': hanno messo i bateaux mouche, come a Parigi...il percorso e' dal Valentino ai Murazzi. Ovviamente erano deserti. In piazza Vittorio Veneto invece una ditta che si chiama ''Cubetto'' stava tagliando con delle motoseghe un enorme masso di ghiaccio. Penso, forse, per trasformarlo in un bar o in qualcosa di simile, ma non sono sicura. Era l'unica attivita' nella piazza deserta e disadorna nonostante le feste natalizie .

Giovedi' 29 dicembre, Chivasso

Nel mio quartiere, i Cappuccini (c'era un convento diventato il liceo classico dove ho passato 5 terribili anni) il Comune ha introdotto una bella novita': una fontana d'acqua (a pagamento). E' il primo vero segnale di una coscienza ecologica che scorgo dopo anni di cieco consumismo. Per me che da anni faccio una battaglia contro le bottiglie di plastica e' una vera soddisfazione!

Si tratta di una casupola di legno con erogatori di acqua liscia e gassata a 5 centesimi al litro. Un prezzo popolare e conveniente rispetto al negozio. Lo slogan e' ''buona come l'acqua, chiara come il vetro''. La gente arriva con bottiglie di vetro in un cestello, si mette in coda e poi pazientemente riempie le sue bottiglie con monete o con una tessera ricaricabile. L'acqua e' veramente buona, soprattutto quella con le bollicine.

A me ha subito ricordato il pozzo del villaggio, dove alla sera si raccolgono le donne. All'alba del secondo millennio, la societa' occidentale ritorna all'ancestrale pratica di raccogliere l'acqua e portarla a casa. Forse esagero un po', ma a me sembra davvero cosi'. Quando ho domandato a mia madre, perche' ogni giorno deve andare al ''pozzo'' a pagamento invece che semplicemente aprire il rubinetto, mi ha risposto che ''e' piu' buona, mentre quella dell'acquedotto sa di cloro''.

Io sono andata un paio di volte e ho notato anche un altro vantaggio, ampiamente dissertato dagli antropologi. Come in tutte le civilta' - e come avviene ancora in India - intorno al pozzo si socializza. Un miracolo. Anche i taciturni piemontesi diventano improvvisamente loquaci e scherzosi. Qualcuno loda l'iniziativa, un altro commenta sul fatto che nei negozi non si trovano piu' bottiglie di vetro, un altro ancora sulla neve che si vede sui monti. Una signora che aveva una bottiglia da un litro e mezzo, addirittura mi ha offerto la meta' d'acqua rimanente. ''Non sprechiamola..''. Chissa' magari nascono anche degli amori o amicizie mentre si e' in fila al pozzo.

Venerdi' 30 dicembre, Chivasso

Mi hanno detto che sono tutti in vacanza, ma non ci credo. Non c'e' anima viva in giro. Certo, e' appena un grado sopra lo zero, ma c'e' mezza Europa in queste condizioni, se non peggio. Vicino a casa mia c'era lo stabilimento Lancia. Dopo diversi anni dalla chiusura della fabbrica, la Lancia ha finalmente costruito un centro ricreativo, nei pressi dello stabilimento oggi occupato da diverse industrie dell'indotto auto. C'e' una picina estiva e una palestra, e anche un ristorante. Ci vado perche' e' su una pista ciclabile dove mi metto a fare jogging. Il percorso finisce al cimitero dove con mia grande sorpresa c'e' un discreto via vai di persone che portano fiori ai propri vari. Nella disperata ricerca di qualche attivita' sportiva da praticare, raggiungo poi la piscina comunale che si trova nei pressi del canale Cavour, una ''grande opera'' che ha favorito la rivoluzione agricola italiana. Ma e' chiusa per le festivita'. Davanti hanno costruito un supermercato  Carrefour dove entro per scaldarmi un po'. A quanto pare mezza Chivasso e' qui a fare compere. Adesso capisco dove sono tutti. A differenza della Lombardia, i centri commerciali qui sono arrivati da poco, ma sono gia' un successone. Da alcune mesi hanno aperto un ''Gigante'', dove mi hanno accompagnato con entusiasmo i miei genitori. E' l'unica occasione in cui siamo usciti insieme, a parte la doverosa visita alla tomba di famiglia e a un ospizio dove vive l'ultima mia zia di secondo grado, sorella di mio nonno.  Qualsiasi mia proposta, dal cinema (l'unico superstite del paese) alla pizzeria, era stata sistematicamente bocciata.

Sabato 31 dicembre, concerto in Piazza San Carlo 

In una botta di vita finale, il comune di Torino ha invitato Renzo Arbore e la sua Orchestra Italiana a festeggiare San Silvestro in piazza San Carlo, il ''salotto'' dell'ex capitale sabauda. Ci sono arrivata con il treno da Chivasso, tra ragazzi gia' ubriachi e gente un po'  sfigata che forse non poteva permettersi il cenone di fineanno o  costretta a lavorare anche l'ultima sera dell'anno. Quando sono arrivata la piazza era gia' piena, compresa una folta pattuglia schierata vicino al palco. A Torino hanno vietato i botti quest'anno.  Gli unici locali aperti erano i due storici caffe', tra cui il Caffe' Torino, una macchina del tempo della Belle Epoque, che ha sul marciapiede il famoso toro rampante con i genitali consumati dai tanti che come me ci passano sopra per scaramanzia. Peccato che non abbiano pensato a qualche banchetto con vin chaud o birra alla spina. Sarebbe stato piu' bello come happening...ma siamo a Torino, non a Times Square... Invece piu' o meno tutti avevano in mano la propria bottiglia di spumante con bicchieri per il brindisi. Il vecchio Arbore che ce l'ha messa tutta a riscaldare la folla, si e' dimenticato perfino di fare il conto alla rovescia e ha continuato a cantare Funiculi, Funicola. Quando e' scoccata la mezzanotte, nessuno se n'e' accorto e solo dopo un bel po' qualcuno ha cominciato a far saltare i tappi.