FILM: The Ship of Theseus, la svolta intellettuale di Bollywood

New Delhi, 22 luglio 2013

Dal ''masala'' a Platone. Il cinema indiano di Bollywood ha svoltato e ha abbracciato una Nouvelle Vague ? Per la prima volta ho visto un film indiano con  masturbazioni cerebrali tipiche di certa cinematografia europea. E' ''The Ship of Theseus''  scritto e girato da Anand Gandhi, regista alternative noto piu' nei festival internazionali che in India. E' composto da tre episodi con tre protagonisti legati da una storia di trapianto di organi: una fotografa cieca che quando riacquista la vista grazie a un trapianto di cornee perde l'ispirazione, un monaco giainista  che rifiuta un trapianto perche' non vuole prendere medicine sperimentate su animali ma poi sul letto di morte cambia idea e, infine, un giovane a cui e' trapiantato un rene e che per caso finisce in una storia (vera) di traffico di organi rubati a poveracci. 
   Il titolo stesso e' emblematico: la nave di Teseo, che e' un paradosso di Plutarco in cui si chiede se una volta cambiati tutti i pezzi di un insieme, questo rimane uguale nel tempo. C'e' da discuterne per ore.  Una ricerca metafisica sull'identita' insomma, su cosa e' vero e cosa ci appare con un finale ancora piu' intrigante, di un uomo che vaga per una caverna con una torcia accesa e ogni tanto illumina delle gemme (caverna di Platone?) mentre la sua ombra si proietta sulle rocce. Inquietante, secondo me, perché non c'e' luce in fondo al tunnel, come per dire che siamo imprigionati dall'apparenza incapaci di vedere oltre la proiezione nel nostro ego.      

Ma lo sapevate che a Chennai si producono piu' auto che a Detroit?

New Delhi, 21 luglio 2013
Quando e' circolata la notizia del clamoroso fallimento di Detroit, il Times of India (leggi qui) e' uscito fuori ricordando una cosa che forse pochi sanno: che a Chennai, la capitale del Tamil Nadu, si producono piu' auto che nella celebre Motor City americana.
Quello che forse pochi hanno raccontato dietro il declino di Detroit, gia' nell'aria da parecchio tempo, e' lo spostamento della produzione automobilistica in Cina e soprattutto in India dove la manodopera costa di meno e non ci sono sindacati rompiballe. E' la solita storia della delocalizzazione, un processo nato parecchi anni fa e che ha causato la chiusura delle fabbriche in Usa e in Europa. Come al solito, la politica miope dei nostri governi ha fatto si' che il fenomeno - che forse si poteva correggere in tempo - ora sia irreversibile.
   Chennai sta diventando la nuova Detroit anche se la citta' e' ancora a livelli da Terzo Mondo per il degrado urbano. Produce il 40% delle auto in India e il 60% di quelle esportate.  La Ford, la Hyundai, la Bmw, la Daimler e Mitsubishi hanno fabbriche nell'hinterland dell'antica Madras, favorite dalla presenza del porto e da una forza lavoro qualificata e che parla inglese. Oltre a Chennai, in India ci sono il polo industriale di Pune (dove c'e' la Fiat-Chrysler), Manesar-Gurgaon, vicino a New Delhi, e poi l'emergente Gujarat dove producono le mitiche Tata Nano.
Pensare che la civilta' dei motori sia al tramonto per via della crisi e per via della nuova coscienza ecologica e' una pura illusione purtroppo. L'Asia non e' solo un mercato di delocalizzazione, ma anche di sbocco per i grandi colossi dell'auto che continueranno a fare profitti come prima, ma in un altro angolo di pianeta ancora tutto da motorizzare.
 

FILM/Bhaag Milkha Bhaag, il ''sikh volante'' corrotto da una bionda


New Delhi, 14 luglio 2013

   Sono andata a vedere Bhaag Milkha Bhaag, la storia del ‘’sikh volante’’ Milkha Singh, uno dei rari campioni di atletica indiano. Il film e’ stato definito un capolavoro di Bollywood e di fatti lo e’ con le sue tre ore di saga dedicata all’eroe nazionale che ha una straordinaria storia personale. Il regista e’ uno di quelli bravi, Rajesh Omprakash Mehra, che aveva fatto Rang De Basanti (2006) dove denunciava gia’ allora la corruzione dei politici.
  Questo suo nuovo film, che dopo due giorni e’ gia’ campione di incassi, e’ basato sulla storia vera di Milkha Singh, intrecciata con quella del Pakistan dove e’ nato. La famiglia e’ stata sterminata durante la Spartizione tra i due Paesi, ma lui che era ancora bambino scappa in India. Si arruola poi nell’esercito e li’ entra nel team olimpionico nazionale dopo aver battuto il record nazionale sui 400. E’ una storia patriottica, che esalta i valori della disciplina e dedizione, con balletti e tutto il melodramma bollywoodiano. Ma lo si sa. O prendere o lasciare, sono fatti cosi.
    Pero’ va dato atto che la fotografia e’ bellissima, in particolare le scene in Ladakh dove si allena. Straordinario poi l’attore Farhan Akhtar, che e’ riuscito a creare una somiglianza impressionante con il reale personaggio che interpreta.
   Ma c’e’ una cosa che mi ha disturbato, la bionda australiana che a Melbourne si infila nel letto dell’atleta indiano prima della gara (che poi perde). Mah...sara’ vero? Non me lo vedo un militare sikh alla sua prima trasferta all’estero (si vede prima la goffaggine di quando e’ a bordo dell’Indian Airlines con la squadra olimpica) trasformarsi in un seduttore alla Mickey Rourke con scene di sesso bollente. Ma queste sono cose che sa soltanto il 77enne Singh...bisogna chiedere a lui se il regista ha esagerato...Fatto sta che pero’ che la bionda viene vista come ‘’corruttrice’’ e dopo essersi schiaffeggiato davanti allo specchio del bagno dopo la sconfitta, Milkha non avra’ piu’ donne. Una seconda ‘sirena’ che vuole ammaliare il nostro eroe, una nuotatrice, viene respinta senza troppe cerimonie. Il vecchio cliche’ della incompatibilita’ tra sesso e sport?

Dedicato a chi ogni giorno rovista nella mia spazzatura (e tra i miei assorbenti)

Ogni piccolo pezzo che butto nel cestino della spazzatura in casa e' raccolto, esaminato e selezionato da una signora e dai suoi bambini che abitano nel mio quartiere di Safdarjung Enclave.  Da un po' di anni, il comune di Delhi ha messo i cassonetti, ma solo nei quartieri benestanti, e li ha 'oscurati' dalla vista con dei pannelli .  Ma se si passa a piedi o in bicicletta e' ben visibile l'operazione di riciclaggio e selezione dei rifiuti che avviene dietro il ''sipario''. C'e' sempre una signora, appunto, che a mani nude rovista pazientemente ogni volta qualcuno butta qualcosa. Abita li' in strada con la sua famiglia. E' normale per i ragpickers vivere sul posto di lavoro.
L'ho vista all'opera.  In pratica divide tutto il riciclabile, plastica, metallo, vetro, dal resto dell'immondizia ''umida''.  Pezzettino dopo pezzettino, aprendo ogni sacchetto o ogni scatola. Dai preservativi ai tamponi, dalle bucce dell'anguria fino ai capelli della spazzola o il pesce andato a male. Non ci sono segreti per lei.  
La spazzatura che arriva ha gia' subito un primo screening da parte del ''raccoglitore'' che fa il porta a porta e che prende ovviamente i pezzi migliori. Ogni raccoglitore si occupa di alcuni isolati, passa tra le sette e le otto del mattina con un carretto e avverte con un campanello sulla bici. Ogni tanto chiede qualche soldo ai residenti, ma non e' una tariffa stabilita, e' una sorta di mancia.
In India la raccolta dei rifiuti non e' un servizio pubblico, ma un business, sembra anche lucroso,  dai cui dipendono centinaia di migliaia di persone. E' pazzesco pensare quante persone vivono con i prodotti che una minuscola parte della popolazione consuma e elimina.  Di recente poi, i cassonetti si sono fatti piu' grassi con ll nuova classe media.  Si compra di piu' e si butta di piu'.
 Sapendo di queste pratiche, e' una sofferenza ogni volta getto qualcosa nel cestino. Ho iniziato a dividere il compost da altri rifiuti, tipo i barattoli, che lavo prima di buttare, cosi' almeno non puzzano. La carta dei giornali la vendo. Evito di comprare bottiglie di plastica, non butto mai via cibo e cerco di minimizzare gli scarti.
Sono contenta pero' che qualcuno ne parli. Una ong, che si chiama Chintan, si occupa dei ragpickers e della loro dignita'. Di recente ha fatto circolare questa petizione per la Procter and Gamble, chiedendo che inserisca nelle confezioni degli assorbenti dei sacchetti per quelli usati, come mi sembra si faccia in Europa. L'iniziativa e' lodevole, ma non mi trova del tutto convinta. E se invece provassimo a usare gli assorbenti di stoffa riciclabili, che sono ancora quelli che (per fortuna) usa la maggior parte delle donne indiane?