Goa, un eco scempio sull'isolotto di Palolem

Palolem, 29 gennaio 2015

Questo e’ un importante appello per proteggere uno dei posti piu’ belli di Goa, la spiaggia di Palolem, nel sud della ex colonia portoghese, rimasta ancora miracolosamente immune da sviluppo edilizio o peggio dalla deforestazione. Ho scritto tante volte di Palolem su questo blog, per me e’ un piccolo paradiso dove finisco sempre per tornare in ogni viaggio. E' un posto magico e carico di energia positiva che mi ricarica le batterie.
Il colpo d’occhio della spiaggia dorata con le palme sullo sfondo e’ davvero unico, A completare la cartolina c'e'  un isolotto chiamato Monkey Island o Conco Island, accessibile a piedi solo con la bassa marea.
Ecco, proprio li’ oggi ho scoperto che hanno fatto uno scempio mascherato da “eco resort”! Che ovviamente di "eco" non ha proprio nulla. Per fortuna non hanno costruito degli hut, ma il sentierino interno e’ stato devastato e trasformato in un largo percorso in terra battuta che corre lungo il perimetro dell’isola. I una baietta hanno costruito un pontile, in plastica, da cui parte una grande scalinata che finisce in uno spiazzo rotondo, sembra una pista da ballo. Ho letto sul web che hanno organizzato dei rave party. Di sicuro hanno tagliato un bel po’ di vegetazione per fare il nuovo sentiero e creare nuvi spazi sembrerebbe destinati ad ospitare parecchia gente.
Poco lontano dalla 'pista' ci sono anche due bagni, con la divertente` scritta “executive bio toilet”, in plastica verde. Poi c'e' una grossa cisterna collegata con tubi a un pozzo (forse gia’ esistente prima) e alcuni capanni usati dai lavoratori. Come se non bastasse poi, c’e’ anche una discarica di rifiuti, piena di bottiglie di plastica.
Un cartello sul pontile avverte che e’ proprieta’ privata. Ho chiesto a della gente del posto e mi hanno detto che l’isola e’ stata “venduta”. E anche che ci sono state delle dimostrazioni di protesta lo scorso anno contro il “resort”. Spero tanto che non permettano nulla di piu’ di quanto gia’ e’ stato rovinato, per costruire la strada in terra battuta con gradini in pietra e perfino panchine di pietra.
Insomma a me e' preso un infarto....io ho solo l'arma delle parole...e questa e' la mia denuncia. 

LIBRI: 'Una casa di acqua e cenere' di Kalyan Ray

Palolem, 28 gennaio 2015
Onestamente non e’ facile  seguire le gesta di una trentina di personaggi spalmate su due secoli, ma l’albero geneaologico dell'ultima pagina aiuta il lettore un po’ distratto come me.  Ho letto “Una casa di acqua e cenere” (uscito in inglese come “No Country”) dell'indiano  Kalyan Ray (vive tra Usa e India), in spiaggia a Palolem (Goa). Il posto ideale per un libro del genere, A Delhi non sarei mai riuscita ad arrivare alla fine.  
Nonostante la fatica a volte di mettere insieme i pezzi di questo enorme puzzle generazionale di due secoli e tre continenti mi ha lasciato commossa.  I suoi personaggi,  dai contadini dell’Irlanda fino a dei giovani alcolizzati negli Stati Uniti sono tutti dei 'viaggiatori'. Chi per mare,  chi attraverso  i libri o i sogni.  Le vicende si intrecciano con la storia delle migrazioni degli irlandesi (di cui non sapevo nulla) e quelle degli anglo indiani, a me piu’ familiari. 

Mi sono segnata la bella citazione in copertina: “Non importa quanto siamo lontani, non importa quanto siamo diversi, siamo comunque anime alla deriva nel mare del destino”.
E poi altre belle pagine, come questa (pag 154):   “Se la nostra meta fosse stata l’estremita’ opposta del nuovo continente,  queste persone valorose avrebbero proseguito tenacemente attraverso montagne  impervie. Se la destinazione fosse stata sulle sponde del Pacifico, avrebbero cominciato a cedere solo in prossimita’ di quella costa lontana. Forse la mia era una considerazione sciocca, oppure forse era vero che le forze ci sorreggono solo finche’ siamo in viaggio”.
E poi questa sublime descrizione dell’India quando la nave dei mercanti irlandesi arriva in Bengala nel delta del Gange (pag 109) : “Era meta’ maggio quando avvistammo una terra irregolare. La forza di un grande fiume l’aveva frantumata in mille pezzi, ciascuno un’isola , i contorni immersi nel limo e nel fango su cuui crescevano arbusti che venivano sommersi dall’alta marea. Gli alberi, dall radici simili a dita nodose,  si estendevano come una ragnatela. Mi spiegarono che si chiamavano mangrovie. Tra le mangrovie strisciavano piccole lucertole con il dorso ricoperto di aculei e peli sul collo. Le isole galleggiavano, non erano collegate alla terraferma. All’imbrunire, le chome arruffate degli alberti si riempivano di aironi  dal collo lungo, che insieme con i corvi formavano un’orchestra bianca e nera. Gruppi di scimmie dal pelo inzaccherato, alcune con i cuccioli grinzosi attaccati a loro, urlavano tra i rami. In mezzo a loro, un’esplosione di foglie gialle tra grovigli dii canne. Fu quella la mia prima immagine dell’India”.
E poi infine sulla societa' moderna (pag 429):  “Penso a come le famiglie si sono sparse sulla terra:  a come questi nomi si danno battaglia,  le loro lingue si sono separate, ciascuna con gli occhi fissi sul suo pezzetto di terra, invidiosa delle altre, feroce e avida.  Ho alzato gli occhi e ho visto la distesa sconfinata del mare, luccicante e ammonitrice. Aveva un colore che nessuna mappa  aveva mai mostrato.


KALYAN RAY, “Una casa di acqua e cenere”,  Casa Editrice Nord    

Mumbai, i topini bianchi di Crawford market

Mumbai, 24 gennaio 2015

Mentre aspettavo un treno per Goa sono andata al mercato di Crawford, che e' appena dietro alla stazione Chhatrapati Shivaji Terminus, che io continuo ancora a chiamare Victoria Terminal.
E' un mercato storico che risale all'epoca coloniale,  ma e' tenuto malissimo tanto che si fa fatica a riconoscere  lo stile. Purtroppo quando sono arrivata  era buio e non sono riuscita a trovare i fregi disegnati dal Lockwood Kipling, padre di Rudyard, l'autore del Libro della Giungla.
Mi sono pero' divertita a curiosare nella sezione dedicata agli animali da compagni e pesci tropicali. Mi ha ricordato il mercato settimanale di Chatuchak a Bangkok, molto piu' grande e colorato. Ma una cosa mi ha colpito. La quantita' di topini bianchi in vendita. Si sa, qui in India, i ratti sono sacri perche' sono il veicolo della dea Durga. C'e' perfino il famoso tempio dei topi a sud di Bikaner in Rajasthan. E vedere un topo  albino, con gli occhi rossi, e' considerato un segno di buon auspicio.

A me, come a molti penso, i ratti mi fanno un po' schifo. Un venditore stava per mettermene in mano uno per mostrarmelo meglio. Ho fatto un balzo e sono scappata via. Chissa' che ha pensato. 

Mumbai versus New Delhi, vince la vecchia Bombay

Mumbai, 19 gennaio 2015

Ogni volta vengo a Mumbai, mi convinco quanto quest’ultima sia diversa dalla capitale. Mentre New Delhi e’ un collage schizofrenico di passato islamico e di presente post coloniale, Mumbai e’ una autentica metropoli cosmopolita. Dove ci sono poveri e ricchi fianco a fianco, dove il moderno e il decadente convivono in assoluta armonia. Dove la gente passeggia per strada su dei marciapiedi e non abita in ‘colony’ chiuse a chiave di notte. Dove ci sono locali aperti sulla strada dove si puo’ bere una birra e dove a mezzanotte si puo’ ancora mangiare. E dove , non c’e’ inverno, ma un'unica stagione interrotta solo dalle piogge monsoniche.


Quando sono arrivata, dopo un paio di ore di ritardo del mio aereo bloccato dalla nebbia a Delhi, e mi sono finalmente levata i maglioni nel bagno dell’aeroporto, e’ stata una sensazione di estasi.
Alcuni dicono che e’ l’effetto del mare che la rende accogliente, anche per i piu’ sfortunati degli slumdog. Altri dicono che e’ per il mix unico di etnie che ne fa una citta’ tollerante (a parte ogni tanti le rivendicazioni dei marati che vorrebbero cacciare i ‘terroni’ del nord, che sono ormai la maggior parte della popolazione. O forse e’ la presenza di Bollywood, la fabbrica dei sogni per milioni di indiani.
Oggi sono stata a spasso a Fort, una zona che mi ha sempre affascinato e incuriosito perche’ e’ stato il cuore commerciale della citta’ nel 1700 e 1800, quando era un fiorente porto della Compagnia delle Indie Orientali. Il fronte mare e’ tutta zona militare e quindi inaccessibile. Pensavo all’enorme valore immobiliare di queste aree nella parte piu’ prestigiosa della penisola.
A Fort c’e’ la Borsa, la Reserve Bank of India, una vecchia sinagoga e una serie di enti e istituti un po’ retro’, come l’Asiatic Society, che custodisce nella sua preziosa biblioteca anche un manoscritto della Divina Commedia. Ho scoperto che la zona e’ protetta dalle Belle Arti del Maharashtra e per questo e’ piena di fascino un po’ decadente. Qui ti senti a Bombay non a Mumbai. C’e’ anche la sede del piu’ vecchio giornale indiano, il Bombay Samachar, che continua a uscire ininterrottamente dal 1822.
Sono passata anche per Kala Ghoda (cavallo nero) dove ci sono storici musei e gallerie d’arte. Nella Jehangir Gallery ho visto una mostra del fotografo Vikram Potdar, specializzato in foto di natura, soprattutto animali. Fantastici gli scatti di uccelli esotici e di un orso bianco in Antartide. Ho pensato a quanta fatica e pazienza dietro quelle immagini.
Ho concluso la passeggiata con una sosta al Cafe’ Universal, un vecchio bistro’ dove sembrava di stare in qualche citta’ europea.
Oggi a Mumbai c’e’ stata anche la maratona, e per questo la maggior parte delle guesthouse di Colaba sono piene e le poche camere rimaste hanno un prezzo esorbitante.
Con mia sorpresa, ho visto che rimangono i reclutatori di comparse per Bollywood. In questi giorni cercano un sacco di gente per il sequel di Abcd (Anybody Can Dance), un film di successo di qualche anno fa. Uomini e donne, giovani e vecchi, purche’abbiano la pelle bianca.

Quegli strani gelatai di New Delhi

New Delhi, 7 gennaio 201

In questo curioso articolo di The Hindu ho trovato la conferma a quello che sospettavo da anni e cioé che i venditori di gelati e di bibite sono dei potenziali spioni al servizio dei servizi indiani di intelligence.
Il caso più clamoroso è quello dei carretti dei gelati davanti all'ambasciata d'Italia nell'enclave diplomatica di Chanyakyapuri. Sono costantemente davanti all'ingresso, tutto il giorno e  in qualsiasi stagione.  Anche adesso che c'è un nebbione che si taglia con il coltello, i gelatai sono lì davanti con la  loro mercanzia.  Manco fossero sul lungomare di Iesolo.
Ma a parte il freddo, quello che non capisco è quale tipo di clientela possano avere davanti alle sedi diplomatiche dove raramente si vede qualcuno a piedi, specialmente ora che il rilascio dei visti è gestito in outsourcing e quindi non ci sono piu' le code di una volta.
Io, nella bella stagione, mi fermo a prendere il gelato, di solito un 'chocobar', l'equivalente del pinguino, l'unico che hanno, spesso un ammasso liquefatto e poi ricongelato chissà quante volte. Non hanno quasi mai il resto...e sembrano anche un po' infastiditi dalla richiesta. Insomma si vede che non è davvero il loro mestiere...    

Casco obbligatorio, stop ai 'pavoni' in moto

New Delhi, 6 gennaio 2014

Da qualche tempo, a New Delhi è entrato il vigore l'obbligo del casco anche per le donne in moto. Lo se che sembra strano, ma prima le donne e i sikh erano esenti. Le prime per non rovinare l'acconciatura, i secondi per via del voluminoso turbante.  Adesso tutte le donne dovranno indossare il casco, eccetto le donne sikh anche se non hanno il turbante.  Perchè? Perchè sarebbe stato assurdo fare un'eccezione solo con gli uomini e non per le compagne che trasportano.
Insomma un rompicapo per la polizia. Durante le prime settimane sono fioccate le multe senza pietà. L'ammenda è di 100 rupie e l'ho presa anche io una volta da trasportata non sikh.
Adesso, i controlli si sono un po' diradati e la polizia è passata alla dissuasione psicologica con questa divertente pubblicità che ho visto oggi sul Times of India.


 

Turisti in India, il giallo del biglietto di ritorno

New Delhi 3 gennaio, 2015

Altro che visti all'ingresso in India per incrementare il turismo come sbandierato un po' di tempo fa. Sembra che sia sempre piu' difficile e tortuoso partire per l'India. Non so se e' colpa della vicenda dei maro' che ha avvelenato i rapporti oppure e' la confusione che regna a New Delhi nel regime dei visti.
Fatto sta che mia figlia e' stata bloccata ieri sera a Malpensa al check-in dell'Air India (volo diretto Milano/Roma/Delhi) perche' non aveva un biglietto di ritorno. L'italiano dietro il bancone diceva che chi ha un visto turistico deve un biglietto di "ritorno in Europa".  Mia figlia ha spiegato che dopo l'India intende andare altrove e che non ha ancora comprato un biglietto. Niente da fare. Un altro addetto ai controlli dei visti, sempre italiano, ha detto che e' obbligatorio "da novembre" e che se a Delhi rimandano indietro la ragazza "loro a Malpensa devono pagare una multa salata".  Io ho controllato se negli ultimi mesi ci fossero delle nuove normative per i turisti italiani che vanno in India, ma non ho trovato nulla.
Vedendola ormai in lacrime, il tizio del  check in  le ha poi suggerito di fare una prenotazione 'fittizia' con Air India di un volo di ritorno.  Solita scorciatoia italiana, Ma che ovviamente la biglietteria si e' rifiutata di fare.
Insomma, il tira e molla, si e' risolto soltanto quando e' comparso il capo scalo indiano, per fortuna, che ha dato l'okey, probabilmente non capendo nemmeno cosa era successo. Si e' preso la responsabilita' di farla viaggiare anche se, secondo gli italiani, 'non era in regola'.
Inutile  aggiungere che all'immigration di Delhi a nessuno e' saltato in mente di chiederle un biglietto di ritorno...