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A EST DELLE INDIE - A Photo Journey

New Delhi, 21 novembre 2016 

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A EST DELLE INDIE/ Sihanoukville, la guesthose "no prostitution' di Francesca e Taka

Sihanoukville, 12 ottobre2016
   Sono venuta a trovare una carissima coppia di amici, Francesca Ramello e Taka Shigemitsu, lei italiana e lui giapponese. Lei artista (pittrice e art designer) e lui fotografo. Due viaggiatori che a un certo punto hanno deciso di unire le loro strade e lanciarsi in una nuova avventura. Hanno  una vecchia guesthouse a Sihanoukville, la ‘riviera’ della Cambodia, l’hanno rimessa a posto con le loro mani e da due anni la gestiscono con successo. E’ una di quei sogni che spesso hanno i viaggiatori quando per esempio dormono in vere e proprie topaie e pensano, "ci vorrebbe poco per farne un bel posto...".

   I miei amici hanno preso sul serio la sfida. Con un piccolo investimento (in Cambogia costa ancora poco la vita) hanno aperto la “Chochi Guesthouse”, a due passi dalla spiagga di Serendipity e dal molo dove partono lebarche per le isole Chochi e’ una cagnetta randagia raccolta da Francesca e diventa la mascotte, nonche’ la regina della guesthouse.
    Sihanoukille e’una delle mete emergenti in Cambogia e il turismo negli ultimi anni e’ aumentato, nonostante la ridotta presenza dei russi, piegati dalla svalutazione del rublo. Tant’e’ che lo sviluppo edilizio e’ in piena espansione. Ci sono cantieri di orrendi palazzoni un po’ ovunque, purtroppo anche vicino alla spiaggia. L’idea e’di fare una ‘Pattaya’ cambogiana, la famosa mecca del piacere low cost a poche ore da Bangkok. I casino e le prostitute ci sono gia’ e fanno concorrenza alle thailandesi perche’ costano di meno. Ci sono nei bar sul lungomare e in altri posti in citta’. Il rapporto si chiama ‘bum bum”, mentre il sesso orale “gnam gnam”. In giro (adesso che e’ bassa stagione) ci sono uomini, di solito over 50, che fanno turismo sessuale. Ci sono anche italiani, ovviamente, anche se un po’ di meno rispetto al passato, la crisi colpisce anche qui.  Qualcuno si e’ messo insieme a una cambogiana, altri hanno aperto un business.
  La prostituzione ha creato un indotto di ristoranti e hotel. Mi hanno detto che ci sono anche un buon numero di ‘ladyboy’, travestiti, come li chiamano qui. E che spesso rapinano i clienti dopo averli drogati o abbindolati in diverse maniere. La mia amica Francesca mi ha raccontato alcune storie pazzesche di gente ubriaca, rapinata dalle prostitute o finita in strani giri della criminalita’ o peggio in storie di corruzione che in Cambogia e’ tra le piu’ alte dell’Asia.
   Dopo aver avuto un po’ di guai con clienti del circuito sessuale, Francesca e Taka hanno deciso di mettere un cartello all’ingresso. ”No prostitution”. Penso che sia l’unica guesthouse in Cambogia e (forse anche in Thailandia) che abbia questo tipo di divieto. E’ come se uno vietasse l’ingresso dei pensionato dalle pensioni di Loano o Spotorno.
   Hanno avuto coraggio, ma scelta alla fine ha portato una diversa clientela, coppie straniere e soprattutto donne.

A EST DELLE INDIE - Sull'unico treno della Cambogia

Sihanoukville, domenica 9 ottobre 2016

   Ho preso l'unico treno esistente in Cambogia, il Phnom Penh-Sihanoukville delle 7 del mattino, reintrodotto appena qualche mese fa dopo 14 anni di abbandono della ferrovia per via della guerra civile.  Viaggia solo al sabato e alla domenica, piu' una serie di feste comandate.
    Per trovare la stazione di Phnom Penh, incassata tra shopping mall e il New Market, ci ho messo un bel po', meno male che avevo il gps. Nessuno, ma proprio nessuno, sapeva dove era. Paradossalmente nemmeno i tuc tuc posteggiati davanti! Pochissimo parlano inglese in Cambogia (anche se poi inspiegabilmente tutti usano internet). Io poi regolarmente mi dimentico che non pronunciano le 'erre'. Insomma nessuno conosceva la parola 'treno' e gesti nonn saprei come imitare un treno...
    La ferrovia appartiene ai tempi coloniali della Cambogia. L'avevano infatti costruita i francesi. E molti non se la ricordano neppure o semplicemente non erano nati. Il treno bisettimanale per Sihanoukville, la 'riviera' della Cambogia, e' stato rilanciato dalla Royal Railway a giugno dopo alcuni anni di lavori di ristrutturazione. Hanno dovuto demolire delle case che erano state costruite sui binari e spostare un bel po' di gente per far passare il treno, Percorre una distanza di 266 km in sei ore e mezza, allo stesso costo del bus, sette dollari (la moneta americana e' largamente usata nel Paese comunista).
   All'ingresso della stazione ci sono dei cartelli che pubblicizzano il servizio come mezzo alternativo 'piu' sicuro' e' piu' comodo''. Purtroppo penso che non abbia ancora fatto presa. Oltre a me c'erano solo una ventina di passeggeri nelle due carrozze a cui erano attaccati anche due vagoni merci. Si puo' trasportare infatti l'auto o la moto.
    Il viaggio scorre piacevolmente in un paesaggio bucolico tra risaie e villaggi che non sono collegati con la rete stradale. A bordo c'e'  l'aria condizionata (si gela, tanto che ho dovuto aprire i finestrini) e una televisione. Per un po' hanno trasmesso un film cambogiano, poi quando eravamo nelle campagne e' stata attivata una telecamera fissa che mostrava il binario (unico) davanti alla locomotiva. La cosa mi ha inquietato un po'. Noi passeggeri dobbiamo controllare che non ci siano persone sui binari? O che non arrivo un treno dalla parte opposta? E selo vediamo che facciamo? Ci buttiamo fuori?  L'inquitudine e' aumentata quando il controllore, l'unico che parlava inglese e con cui ho intavolato un discorso sui benefici del trasporto su ferro, mi ha detto che stavamo  passando l'unica zona popolata ancora da Khmer Rouge. "Ma non sono piu' armati" ha precisato probabilmente leggendo in viso la mia preoccupazione,  
    Nelle due uniche fermate, a Takeo e Kampot, ci si ferma per mezzora.  Si scende in stazioni fresche di verniche, anche quelle riesumate da poco, tra una lunga fila di venditori ambulanti di rane fritte e riso. Appena riparte il treno ritirano le loro mercanzie e se ne vanno in fretta. L'arrivo nelle due stazioni e' comunicato ai passeggeri dallo stesso controllore in Khmer e in inglese con un megafono che poi ripone su un sedile. Un'esperienza indimenticabile
   

A EST DELLE INDIE - Dai templi di Angkor alle prigioni di Pol Pot

Phnom Penh, 5 ottobre 2016
    Sono convinta che ci sia qualcosa di malato in questo tassello di Asia che fa da ponte in mezzo ai giganti di India e Cina, non a caso l'Indocina appunto.  Non solo per le recenti guerre. Si potrebbe dire lo stesso per i conflitti interni Medio Oriente, ma li’ e’ diverso, riesco piu’ o meno a comprendere. Qui c’e’ qualcosa che mi sfugge.

    La prima cosa che sono andata a vedere a Phnom Penh e’ il Tuol Sleng (letteralmente la 'collina della stricnina'), un museo dedicato al genocidio di Pol Pot. E’ in una ex scuola superiore che i Khmer Rouge avevano trasformato in una prigione segreta (Security Prison 21 o S-21). La visita, con audio guida, richiede uno stomaco forte. Si pensa che siano passate circa 20 mila persone da queste stanze degli orrori e pochi sono sopravvissuti alle torture. La prigione e’ stata abbandonata in fretta e furia nel 1979 quando i vietnamiti sono entrati nella citta’ da “liberatori”. A scoprire gli orrori della S21 sono stati dei fotografi cambogiani incuriositi dall'odore che emanava il posto. Hanno trovato sui letti di ferro i corpi martoriati di 14 poveracci ormai in putrefazione.
    Come e’ stato per il regime nazista, anche qui l’organizzazione era maniacale. Kaing Guek Eav, il famigerato compagno Duch  (condannato a 35 anni di carcere da un tribunale per i crimini nel 2010) che era responsabile della prigione, aveva messo delle regole ben precise per torturati e torturatori.  Tutto veniva minuziosamente registrato e fotografato. Come se non ci si rendesse conto che in questo modo si lasciavano tonnellate di prove delle barbarie che - lo ricordo - risalgono a solo 40 anni fa.
    Mentre camminavo tra i corridoi, tra il profumo dei fiori di frangipane (che contrasto!) pensavo alle rovine di Angkor che avevo visto qualche giorno prima quando sono sbarcata a Siam Reap direttamente con il bus da Bangkok. Universalmente noto, e' il gigatesco sito religioso creato da diversi sovrani megalomani a partire dal IX secolo. L’attuale giovane re della Cambogia, Norodom Sihamoni, salito al trono nel 2004, e’ molto probabilmente (ma non sono sicura) un discendente della dinastia di Angkor.
    Sono andata a zonzo per un paio di giorni in bicicletta nel parco archeologico. Una faticata, perche’ ho fatto decine di chilometri tra le risaie e la foresta, ma mi e’ servito per rendermi conto della vastita di questo misterioso complesso. E’ diverso dalle altre famose citta' dell'antichita' che si sono tramandate fino a oggi, penso a Pompei o alla ricchissima Hampi in India, o ancora a Petra in Giordania. Qui ci sono solo templi induisti e buddisti, non mi sembra che ci siano i resti di palazzi o mercati. O di una struttura urbana, Mi chiedo quindi come potevano essere ‘fruibili’ all’epoca. Vi abitavano solo i sacerdoti? Il sovrano veniva solo per le feste comandate?
    Leggo che nell’802 il re Jayavarman II si autoproclamò "Chakravartim", cioè re del mondo. Certo anche Augusto o Luigi XIV, o i Faraoni egiziani, avevano delle simili ambizioni.
 Ma qui le dimensioni della megalomania hanno raggiunto i massimi livelli. Si prenda per esempio il tempio del Bayon, quello che mi ha colpito di piu'. Dicono che i volti sulle torri somiglino al sovrano Jayavarman VII che si considerava "devaraja" (dio re). Diciamo chei germi per un Pol Pot c'erano gia' all'epoca....