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La magia di Hampi e delle sue rocce,

Hampi (Karnataka), 5 febbraio 2016

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    Sono tornata ad Hampi dopo quasi una decina di anni e sono stata contenta di trovare la magia di sempre.   Nel bazar, intorno all’enorme tempio Virupaksha o Pampapathi, sono state demoliti negozi e altre stutture che ricordo erano ammassare sulle rovine. Adesso e’ emerso nella sua bellezza tutto il tempio.
   La sponda nord del fiume Tungabhadra, e’ sempre quella che ‘tira’ di piu’ soprattutto gli israeliani e tutta quella fauna freaks che si vede a Goa. In effetti si sono moltiplicare le guesthouse, ma sono rimaste quelle storiche.
   Io sto un po’ in fondo alla Shanti Guesthouse, in una stanza senza bagni a 350 rupie, con dondolo privato in veranda e vista risaia. In questa stagione le risaie sono di un verde brillante che sembrano quasi finte. I famosi massi di Hampi, di tutte le forme, si stagliano sullo sfondo di questo verde e sullo smeraldo del fiume. Ho ritrovato anche la spiaggetta dove andavo a fare il bagno. C’e’ solo mezzo metro d’acqua, ma ogni giorno mi permette di fare un po’ di vasche, mentre le pecore pascolano intorno e gli aironi sono appollaiati sulle rocce. A volte mi chiedo se per caso non sono entrara in quadro naive tanto e’ ‘bucolico’ il paesaggio.
    “Tityre, tu patulae recubans sub tegmine fagi silvestrem tenui musam meditaris avena...” mi viene in mente Virgilio. Ma senza risaie, il paesaggio potrebbe essere anche quello della Gallura,in Sardegna. Non mi stupisco che qui e’ sorta questa citta’ ricchissima, Vijayanagara, nel 1500, in pieno Rinascimento quindi, che si narra fosse la seconda citta’ piu’ popolosa dopo Peking,l'odierna Pechino,
   E’ una palestra naturale, non sono per il free climbing, ma per chi ama la corsa, la bicicletta o semplicemente passeggiare. Al mattino io faccio un po’ di jogging partendo dall’acquedotto fino all’Anjaneya Hill, dove salgo su per i 500 gradini fino al tempio dedicato ad Hanuman (pare sia nato qui da Anjana messa incinta dal vento...
   Poi da li’ si prende una strada di campagna e si arriva fino al vecchio ponte e all’ashram di baba Cesare. Ci sono i ‘cestoni’, le tipiche barchette di bambu’ per attraversare il fiume e da li’ raggiungere il famoso tempio Vithala dove c’e’ il carretto scolpito che e’ il simbolo del turismo in Karnataka.

Shock culturale? Mangiando una pasta alla crema a Hospet...

Hampi (Karnataka), 15 gennaio 2016
Oggi ho attraversato il fiume, il Tungabhadra, e sono andata con il bus a Hospet, il centro abitato a mezzora da Hampi dove si entra nella ‘civilta’’. Ci sono medici, ottici (avevo bisogno di lenti a contatto), bancomat e farmacie. E’ una caotica citta’ purtroppo senza nessun elemento di identita’ come spesso capita. Ho vagato un po’ nel mercato, davanti alla stazione dei bus, mi sono comprata un paio di sandali e prima di tornare ho comprato una pasta alla crema che il negoziante ha avvolto in un foglio.
   Fin qui tutto normale. Ma sentite ora. Salgo sul bus e apro il pacchettino. Era una fotocopia della pagina 491 di un capitolo chiamato “International Human Resource Management”. Incuriosita mi metto a leggere mentre assaporo la pasta. Si parlava di ‘international adjustement” che viene definito come “il grado con cui un immigrato si sente a suo agio a vivere e lavorare nel Paese che lo ospita” (questo era stato sottolineato a matita). E poi andava avanti a spiegare lo “shock culturale”. Faceva degli esempio che potrebbero scioccare gli Indiani citando una certa Nancy Adler. Per esempio che gli studenti Usa portano delle bevande in classe, che gli africani lasciano la classe prima dell’insegnante...
     Nella figura 17 (che non ho perche’ e’ nella pagina accanto) c’e’ una curva a U che spiega i gradi di shock culturale a seconda del tempo passato nel Paese. La prima fase e’ di “luna di miele” quando il nuovo arrivato e’ affascinato dalle novita’ del Paese, viene accolto dalla sua azienda e vede tutto con lenti rosa. Questa fase dura “due o tre mesi”.
    Poi c’e’ “lo skock culturale”, quando il poveretto si accorge dove e’ e non riceve piu’ il supporto dei colleghi o dall’ambiente (che si occupa di altri nuovi arrivati). Qui c’e’ la crisi...”during this stage....” qui finisce il foglio (e la pasta anche).
   So che le altre due fasi sono il “recupero” e poi “l’adattamento” in cui si ritorna su’ nella curva. Io in teoria, dopo oltre 15 anni di India, dovrei essere nella parte altissima della curva a U.
    Ma come dovrei interpretare questo segnale del Caso? Quale e’ il messaggio? Mi ricordo che avevo 18 anni quando ho comprato delle uova avvolte in una pagina di giornale (allora si vendevano sciolte) dove era pubblicato un mio articolo. Ci sono rimasta un po’ male, ma nonostante tutto ho continuato con il giornalismo. Sono convinta, 35 anni dopo, che avrei dovuto seguire il segno del Destino e lasciare perdere. Da allora comunque mi e’ rimasta l’abitudine di sbirciare nei fogli o giornali riciclati che mi ritrovo tra le mani. E ovviamente sono una appassionata dei Baci Perugina.

Karnataka, agli 'asteroidi' del tempio di Yana

Sirsi (Karnataka), 25 gennaio 2016

   Il Karnataka continua a stupirmi per le sue bellezze, molte nascoste nelle foreste come il tempio di Yana. Si tratta di un santuario sulla montagna dove spuntano due giganteschi monoliti di pietra calcarea nera alti un centinaio di metri e con delle 'guglie'. Sembrano degli asteroidi caduti dal cielo o delle eruzioni di lava che si sono cristallizzate appena sono uscite dalla terra. Ho visto cose del genere solo in Grecia, i monasteri delle Meteora, ma quella è una intera area di rocce a strapiombo.
    Al tempio ci si arriva dopo un sentiero di circa tre chilometri (o due se si entra da un altro versante) e si rimane a bocca aperta per lo stupore.

   Fino a pochi decenni fa il posto era isolato e ci voleva un lungo trekking nella foresta per arrivarci. Oggi c’è una strada asfaltata che attraversa un tratto vergine di giungla dove non c’è anima viva.
    Il tempio è situato nella più grande delle due formazioni che si chiamano  Bhairaveshwara Shikhara (120 metri) e Mohini Shikhara (90 metri). Appena entrati c’è una sorta di cortile e poi sul fondo una caverna dove al fondo c'è  uno 'shiva linga' di pietra. Era transennato, non si poteva entrare. Si sentiva il suono di acqua gocciolare dall’alto.
   I brahmini erano dentro la caverna, penso  impegnati nella preparazione di un rituale. Gesti senza tempo, sopra la nuda roccia, in mezzo alla foresta. C’era qualcosa di primordiale, ma nello stesso tempo magico in questo luogo anche se è ormai attrezzato per i grandi pellegrinaggi.
   Mi viene da pensare a coloro che fino a qualche decennio fa arrivava dopo una giornata di cammino e magari l'intera zona era popolata di asceti nelle grotte.