Visualizzazione post con etichetta profughi. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta profughi. Mostra tutti i post

Canarie, il fronte sud della Nato

La Gomera, 4 luglio 2022

   Da paradiso della vacanza a fronte meridionale della Nato. Basta un attimo e ti ritrovi una trincea in spiaggia o un obice sotto l’ombrellone. Le isole Canarie sono a migliaia di chilometri dalla guerra in Ucraina, in teoria più che al sicuro dalle minacce nucleari dello zar Putin e dai suoi ricatti sul gas. Invece no.
   Dopo l’ultimo summit Nato di Madrid, che ha definito la strategia dell’alleanza per il prossimi 10 anni, le Canarie sono diventate strategiche per la difesa europea. L’arcipelago spagnolo, meta invernale dei pensionati, si è ritrovato suo malgrado a essere l’ultimo baluardo meridionale contro ‘i cattivi’ nel continente africano.

   Nello “Strategic Concept” 2022, il documento della Alleanza Atlantica sottoscritto la scorsa settimana, si elencano i “nemici” dai 30 Paesi membri: al primo posto ovviamente la Russia, quindi la Cina, il terrorismo, i pirati informatici e poi anche una serie di minacce che provengono da Medio Oriente, Africa settentrionale e regione del Sahel. Minacce che sono li’ da anni, ma la Nato sembra ricordarsene solo ora.
   Ecco il passaggio al punto 11: “Conflict, fragility and instability in Africa and Middle East directly affect our security and the security of our partners. Nato’s southern neighbourhood, particularly Middle East, North Africa and Sahel regions, face interconnected security, demographic, economic and political challenges. These are aggravated by the impact of climate change, fragile institutions, health emergencies and food insecurity. This situation provides fertile ground for the proliferation of non-state armed groups, including terrorist organizations. It also enables destabilizing and coercive interference by strategic competitors”. Con l’ultima frase penso si intenda la presenza russa e cinese in Africa.
   L’apertura del ‘fronte sud’ pare sia stato un successo diplomatico della Spagna, che ospitava il vertice. Il cruccio di Madrid e' rappresentato dalle due enclaves nello stretto di Gibilterra, Ceuta e Melilla, gli unici due territori europei sul continente africano, che sono rivendicate dal Marocco. Nelle sue ambizioni di "grande Marocco" in teoria sono rivendicate anche le Canarie. Non entro nella contesa, perché come in tutte le rivendicazioni territoriali, ci sono complesse ragioni storiche e soprattutto e conomiche (se ne sta occupando il diplomatico italo svizzero Staffan De Mistura, ex mediatore dei maro' in India e ora inviato Onu per il Sahara occidentale). Pero’ questi due avamposti esistono e possono essere un “casus belli” perché (come sull’altra sponda la colonia di Gibilterra) presidiano una delle vie marittime più’ trafficate e ricche del mondo.
   Il Marocco, guarda caso, non è stato invitato a Madrid. La Nato ha preferito come nuovo amico la Mauritania, oltre alla fedelissima Giordania.
   Da alcuni anni Spagna e Marocco sono ai ferri corti sull’annosa questione del Sahara Occidentale. Si tratta del territorio conteso tra Marocco e Mauritania fin dal 1975 in seguito alla decolonizzazione. Il governo di Rabat ne occupa meta’, c’è un muro lungo 2 mila km, mentre un terzo appartiene ai Saharawi, che in teoria sarebbero i legittimi proprietari se si applica il principio della autodeterminazione dei popoli. La guerra tra il Fronte Polisario (che rappresenta i saharawi) e il Marocco si è conclusa nel 1988 con la mediazione Onu che ci ha mandato i caschi blu (Minurso, Missione dell’Onu per il referendum nel Sahara Occidentale). Come è capitato in altre parti del mondo (Kashmir, conteso tra India e Pakistan) il referendum per stabilire il diritto all’autodeterminazione non è mai stato fatto. Le nazioni occidentali, compresa la Spagna, hanno sempre sostenuto il Marocco legittimando la sua sovranita’ sulla parte occupata di Sahara.
   Nel 2020 pero’ sono scoppiate delle proteste nel sud-ovest al confine con la Mauritania, l’esercito marocchino e' intervenuto e si e' rotta la tregua che durava da 30 anni. E' scoppiata di nuovo la guerra civile, nel disinteresse delle potenze occidentali che erano alle prese con l’emergenza sanitaria.
Da allora migliaia di disperati, in fuga dalle violenze, tentano di raggiungere le Canarie su imbarcazioni di fortuna, gli scafisti si arricchiscono, le autorita’ canarie non sono preparate all’aumento degli sbarchi (vedi lo scandalo del molo di Arguineguin, a Gran Canaria, dove due mila profughi sono rimasti ammassati in condizioni disumane per alcune settimane). Ne ho parlato in un post qui
    La Spagna accusa il Marocco di ‘complicita’” nel non fermare l’ondata migratoria e di usare i profughi come ‘arma’ di ricatto per ottenere il riconoscimento alle sue pretese territoriali. Le tensioni si sono poi acuite nell’aprile 2021 quando il leader del Fronte Polisario viene ricoverato in un ospedale spagnolo per il Covid.
   Negli ultimi tre anni migliaia di africani sono sbarcati alle Canarie, e moltissimi hanno perso la vita nel lungo viaggio attraverso l’oceano. Ancora oggi, ogni giorno, ci sono avvistamenti di barconi pieni di migranti. Per via delle restrizioni del Covid e della sospensione dei rimpatri centinaia di loro sono bloccati nei campi di accoglienza a Tenerife e Gran Canaria. Le associazioni umanitarie accusano la polizia spagnola di feroci repressioni e di arrestare tutti coloro che sono sospettati anche minimamente di traffico di esseri umani.
   L’incandescente situazione, del tutto ignorata dai media a causa della pandemia, ha portato nello scorso aprile a un accordo tra Spagna e Marocco in cui Madrid riconosce il “piano di autonomia” marocchino per il Sahara Occidentale. Quindi si sono riaperte le frontiere sud della “fortezza Europa” a Ceuta e Melilla con la garanzia di Rabat di bloccare i migranti clandestini che vogliono entrare nel territorio della Ue.
   L’accordo “ha funzionato” come dimostra il massacro di migranti di Melilla dello scorso 24 giugno. Circa 2 mila persone hanno dato l’assalto al “muro” tra Africa e Europa e sono state respinte dalle forze marocchine e spagnole. Una tragedia finita con 37 morti e centinaia di feriti calpestati nella ressa o caduti dalla recinzione. Il massacro ha sollevato molta indignazione nella Ue (pura ipocrisia secondo molti osservatori) e anche una denuncia dell’Onu.
    I flussi migratori sono i ‘carrarmati’ che la Nato dovra’ combattere sul suo fronte Sud.

PROFUGHI/Rotta Atlantica, un altro autunno caldo per le Canarie?

Molo di Arguineguin (Gran Canaria), 15 Settembre 2021
 
    Dopo diversi mesi sono tornata nel porto di Arguineguin, un villaggio di pescatori nel sud di Gran Canaria che l'anno scorso e' stato alla ribalta delle cronache mondiali per le migliaia di profughi  africani tenuti in condizioni disumane sul molo del porticciolo. Nei mesi di settembre e ottobre le condizioni metereologiche sono particolarmente propizie per la navigazione nell'arcipelago delle Canarie. Mentre io ne approfitto per 'scorazzare' a vela da un'isola all'altra, migliaia di disperati lasciano le coste della vicina Africa per entrare in Europa. "Vicina' si fa per dire perche' la 'rotta Atlantica' verso le Canarie (di cui ho gia' parlato piu' volte in questo blog, questo il mio ultimo post) e' una delle piu' pericolose. Il viaggio su barche in legno dalle coste del Sahara Occidentale, la zona contesa tra Marocco e il fronte Polisario, dura diversi giorni, sono circa 220 chilometri all'isola di Fuerteventura, la piu' vicina all'Africa.
Un barcone arrivato nel porticciolo di Arguineguin con i resti della lunga e pericolosa traversata dalle coste africane

   Ebbene, mentre stavo per entrare nel porto di Arguineguin per mettermi alla fonda con la mia barca a vela Maneki proveniente da Tenerife, ho visto sfilare sul molo decine di profughi appena sbarcati da una 'patera' soccorsa dal Salvamento Maritimo spagnolo. Tutti in fila davanti alle tende della Cruz Roja probabilmente per i controlli sanitari. Mi sembrava che ognuno tenesse in mano un sacchetto bianco, forse indumenti o generi di prima necessita'. Nella sola giornata di martedi' ne sono arrivati 225 in totale a Lanzarote, Tenerife e appunto a Gran Canaria. Tra loro 24 donne e due bambini. Per tutto il giorno, mentre stavo attraversando lo stretto tra Tenerife e Gran Canaria, ho sentito sul canale 16 della mia radio VHF le allerte (pan pan nel gergo) relative a "barconi di profughi alla deriva provenienti da costa africana" con l'invito ai naviganti di avverire la Guardia costiera nel caso di avvistamento.    
    A differenza dello scorso anno quando sul molo di Arguineguin ci fu una rivolta per il sovraffollamento dei migranti, circa 2 mila ammassati in pochissimo spazio, le autorita' canarie non si sono fatte prendere alla sprovvista. Lo scorso novembre Arguineguin fu paragonato alla famigerata Giungla di Calais del 2015-2016. La crisi degenero' perche' gli sbarchi si erano moltiplicati anche a causa della ripresa del conflitto nella regione subsahariana. Adesso i profughi sono portati in hotel e altre strutture adeguate di accoglienza e poi 'smistati' non si sa ben dove. Escludo che vengano rimpatriati perche' in teoria dovrebbero ottenere lo status di profughi. 
   Attraccati al molo si possono vedere i barconi pieni di giubbotti di salvataggio, taniche vuote di acqua e benzina e tracce del viaggio della speranza. 
    Secondo dati del Ministero degli Interni spagnolo aggiornati al 31 agosto, sono arrivati alle Canarie ben 9.255 migranti a bordo di 243 barconi, il 135% in piu' dello scorso anno. La maggior parte uomini. La rotta atlantica parte da Cabo Bojador, nel Sahara Occidentale e Dakla, sempre Sahara Occidentale sotti il controllo del Marocco. 
    Proprio in questi giorni il diplomatico italo-svedese Staffan De Mistura, che conosco in quanto si occupo' della contesa tra India e Italia sui due maro' arrestati per omicidio di due pescatori, e' stato nominato dal segretario generale dell'Onu Antonio Guterres come inviato speciale per il Sahara Occidentale. Segno che la comunita' internazionale si sta occupando della crisi.
    C'e' pero' un dato di fatto che fara' si' che in futuro ci siano sempre piu' arrivi dal continente africano: nei prossimi 30 anni l'Africa raddoppiera' la sua popolazione passando da 1.2 miliardi a 2.5 miliardi di persone, mentre in Europa caleranno gli abitanti. Allora che vogliamo fare? Continuare a soccorrerli in mare?     

In ¨patera´ alle Canarie, la disperazione dei profughi africani

Arguineguin (Gran Canaria), 19 settembre 2019

   Quella che vedete nella foto e´una ¨patera´, un ´´barcone´´ usato dai pescatori sulle coste marocchine  Questa imbarcazione appartenuta a un certo Mbarka, un cognome magrebino forse comune, e´stata avvistata mercoledi´a pochi chilometri dalla costa meridionale di Gran Canaria con a bordo un gruppo di migranti. E´stata intercettata dalla barca arancione del Salvamento Maritimo che l´ha portata al porto di Arguineguin. Leggo sulla stampa locale che sulla ´patera´ viaggiavano 15 disperati, tra cui una donna. Tutti sono stati accolti dalla Crioce Rossa locale e a quanto sembra erano in buona salute. E´ l'ennesimo barcone di migranti che arriva sulle coste dell'arcipelago spagnolo in questa estate. Soltanto dal Primo di settembre 291 profughi sono arrivati su 12 pateras e 3 caiucchi, da agosto sono 613.
   Come avevo gia´ scritto su queste pagine, la chiusura dei porti nel Mediterraneo ha riaperto la via delle Canarie. L'arcipelago e´a 200 km circa dalle coste africane e gli alisei soffiano costantemente in direzione sud-ovest.
    Ho fotografato questa 'patera' perche´ e' stata ormeggiata a una ventina di metri dalla mia barca ancorata vicino all'ingresso  porto di Arguineguin. A guardarla immagino il lungo viaggio per mare, non penso abbiano avuto un motore, non vedo manco un timone. In pratica e´una tinozza dalle sponde molto alte che e' stata gettata  nell'oceano Atlantico sperando che le correnti e i venti la spingano fino a una delle sette isole dell´arcipelago spagnolo. Se si calcola bene la rotta,  grazie alla corrente oceanica caraibica, quella che porto´Colombo, qualsiasi cosa che galleggi prima o poi arriva alle Canarie. Certo non riesco manco ad immaginare l'odissea delle 15 persone stipate a bordo e neppure la abissale disperazione che li ha spinti ad affrontare un simile viaggio. 

Diario da Chios/2 - Riflessioni prima della partenza

Chios, 21 giugno 2016
     Sono partita con un traghetto delle 11,45 di sera diretto al Pireo dopo aver mangiato un piatto di calamari al ristorante Tzikoudo, che io pronuncio nel greco antico che mi hanno insegnato al liceo, ma che non corrisponde affatto all’attuale pronuncia (ma secondo me neppure a quella dei tempi di Socrate).

    Alla partenza sulla banchina c’erano dei poliziotti schierati in strada e un gruppo di profughi dietro una transenna. Mi guardavano con gli occhi lucidi. Chissa’ che pensavano...se ogni sera venivano a vedere quel ferry che per loro rappresentava l'unica via di  fuga dall’isola. Alcuni ragazzi mi sembravano agitati e se non ci fosse stata la polizia, sarebbero forse saltati su un camion mentre entrava nella stiva della nave.
   Col il mio passaporto comunitario stretto tra le mani sono salita sul traghetto Ariadne della compagna greca Sealine (41,4 euro, economy). Mi sono sentita un po’ in colpa. E’ una fortuna essere nati nella parte ricca del mondo, ma non sempre lo si ricorda.

Diario da Chios/1 - In spiaggia con i profughi

Chios, 21 giugno 2016
    Insieme a Samos e Lesbo, l’isola di Chios e’ uno dei principali avamposti orientali dell’Unione Europea per quanto riguarda il flusso di profughi da Siria e Iraq. Qui l’Europa tocca l’Asia e il Medio Oriente.
    E’ a soli 8 chilometri dalla Turchia ed e’ ovviamente collegata con Atene. Fino a prima di marzo, quando l’Unione Europea ha bloccato l’accesso con la collaborazione della Turchia, era uno dei punti di transito per i rifugiati verso la Germania e le ambite mete del Nord Europa.
    Ma dopo marzo il governo greco non autorizza piu’ il passaggio e in teoria dovrebbe rispedire indietro i profughi alla Turchia.
   Tutto questo l’avevo letto sui giornali, ma come sempre fino a quando non si vede con i propri occhi e’ difficile comprendere la situazione.

    Anche io come i migranti sono sulla stessa rotta per l’Europa, con la differenza pero’ di avere un passaporto della Ue che mi apre automaticamente le porte.
   A Chios, isola nota per la produzione del mastice estratto dalla pianta di lentisco, ci sono circa 2.400 profughi ‘bloccati’ da marzo, di diverse nazionalita’ma con una prevalenza di siriani, iracheni e afghani. In un’isola che ha circa 50 mila abitanti e che e’ lunga una cinquantina di chilometro non li si vede.
   Ma appena arrivata con il traghetto da Cesme ho subito notato i presidio di vedette della Guardia Costiera che pattugliano lo stretto braccio di mare. Questi confini orientali della Ue sono super protetti dalle ‘invasioni’. E’ ovviamente molto piu’ facile qui che nei confini meridionali che sono in mare aperto.