Diario indiano


Sono sei anni che respiro gli odori dell'India, per ricordare il famoso libro-diario di Pasolini. A parte la mia città natale, Chivasso, la città piemontese della Lancia, questa è la mia permanenza più lunga sullo stesso lembo di suolo di questo pianeta.
Con New Delhi condivido un rapporto di odio amore. Adoro il giallo dei suoi laburni nelle strade che fanno pendant con i manghi sulle bancarelle. Ma non sopporto più i continui black out, i commercianti disonesti che tentano di fregarti e gli enormi sputi di pan che ricoprono muri e marciapiedi.
L'India non mi è più tanto misteriosa, ma mi stupisce e mi incuriosisce ancora ogni giorno. E' un mosaico difficile da comprendere, ho collezionato tante tessere, ma non riesco ancora a mettere a fuoco l'immagine. Come il venditore di perline nella foto che ho scattato nel bazar di Chandi Chowk - quello che rimane del giardino creato dalla principessa moghul Jahanara - anch'io ogni giorno raccolgo in un sacco i frammenti di colore di questo Paese. Senza mai riempirlo. All'infinito.

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