Nautica, incontro con Sergio Davi', gommonauta da record

 Pasito Blanco (Sud di Gran Canaria), 10 febbraio 2022

    Premetto che da velista di solito tengo le distanze con coloro che posseggono barche a motore. Sono dall'altra parte della barricata, ci si guarda di cagnesco quando ci si incrocia nei cantieri navali magari con gli stessi problemi di meccanica e quando si e' in acqua si e' sempre pronti a ricordare la "precedenza'" concessa dal Colreg (il regolamento anticollisioni in mare) alle barche a vela su quelle a vela per il semplice principio che hanno meno margini di manovra.

Il varo dell'Aretusa Explorer di Sergio Dali' nel cantiere di Pasito Blanco (Gran Canaria) - Foto di Maria Grazia Coggiola

   Detto cio' pero' non posso che provare ammirazione per Sergio Davi', gommonauta da record siciliano che ho incontrato nel bacino di carenaggio della marina di  Pasito Blanco (sud di Gran Canaria) dove mi trovavo per fare la carena alla mia barca a vela Maneki. Caso volle che proprio nello stesso "varadero", Davi' stava preparando il suo gommone Aretusa Explorer per una nuova tappa della nuova avventura oceanica da Palermo a Los Angeles, (vedi qui i particolari) con un RIB (Rigid Inflatable Boat, ovvero un gommone con scafo semirigido) di 11 metri e mezzo spinto da due fuoribordo Suzuki da 300 cavalli.  

   Una bella avventura, da Guinness dei primati, anche un po' temeraria perche' c'e' da attraversare l'oceano Atlantico e poi passare in Pacifico, in tutto 10 mila miglie nautiche, circa 25 giorni di navigazione. Una grande impresa, anche se poco ecologica, dato il consumo di migliaia di litri di benzina. Proprio il carburante e' il limite maggiore, come si puo' immaginare, soprattutto per le tappe piu' lunghe del viaggio.

Sergio Dali' (foto tratta dal website della sua associazione Ciuri Ciuri Mare)

   Il 21 gennaio scorso ho assistito alla partenza dell'Aretusa Explorer, carico di taniche rosse di benzina, da Gran Canaria per l'arcipelago di Capo Verde. Insieme al capitano Davi' e' partito anche Antonio Aiello, titolare della Nuova Jolly Marine, gioiello italiano dei gommoni di lusso che ha messo a disposizione il maxi RIB  (modello Prince 38).

   Sto seguendo l'impresa attraverso i vari canali social di Sergio Davi' che ha una associazione che si chiama CiuriCiuri Mare e che ha patrocinato anche le altre sue avventure, tra cui una Palermo-Capo Nord. Si puo' seguire il suo viaggio in tempo reale grazie a una app (http://www.sgstracking.com/live/index.html?id=263) . In questo momento in cui scrivo e' quasi arrivato nella Guyana Francese (nella famosa Caienna) dopo aver completato la tappa piu' lunga e impegnativa.

   Da Gran Canaria all'isola di Sao Vicente (Capoverde) ha impiegato appena 44 ore per 840 miglia nautiche, mica male, considerando anche il maltempo che in quei giorni imperversava sull'Atlantico. Il compagno, Antonio Aiello, il costruttore del gommone, mi ha scritto che la piu' grande difficolta' erano i continui rifornimenti ai due potenti motori in mezzo alle onde oceaniche. "Tutti quei travasi, una continua puzza di carburante addosso". Non oso immaginare nella tratta piu' lunga, 1.800 miglia, da Mindalo alla Guyana francese, e 7 mila litri di benzina, stipati ovunque, a tal punto da impedire al gommone di planare, almeno nei primi giorni. 


Gran Canaria, lo smaltimento della balena

Gran Canaria, 6 febbraio 2021

   Il quotidiano La Provincia, uno dei giornali di Gran Canaria, venerdì scorso ha pubblicato una foto di una carcassa di balena di 14 metri trasportata in autostrada con la scorta della polizia. Il cetaceo, in avanzato stato di decomposizione, era stato avvistato da un traghetto vicino al porto di Las Palmas e trainato a riva dalla Guardia Costiera in quanto rappresentava un pericolo per la navigazione. Poi in una non facile operazione dato il suo peso, 22 tonnellate, era stato sollevato da una gru speciale e caricato su un grande camion. Destinazione: la discarica di Juan Grande, nel sud di Gran Canaria, dove la carcassa è stata smaltita dopo la necropsia effettuata dai veterinari dell’Università di Las Palmas. 
Foto tratta da La Provincia del 4 febbraio 2022

   Nel trattare la notizia, il giornale si concentra in particolare sul trasporto eccezionale di un carico speciale, sull’operazione ben riuscita grazie allo sforzo e alla collaborazione di diverse entità, dai sub che hanno imbragato il mammifero alla ditta di grandi trasporti che ha messo a disposizione lo speciale cassone “per non perdere i pezzi per strada”. Informa anche il cetaceo morto ha ritardato il viaggio di prova del nuovo idrovolante che dovrebbe collegare Gran Canaria e Tenerife. 
   Il decesso del ‘rorcual’ (nome spagnolo per la balenottera comune), una specie ‘vulnerabile’, le cui cause sono ancora da accertare (per questo la necroscopia), passa quasi in secondo piano. Eppure lo spiaggiamento o il ritrovamento di un cetaceo morto dovrebbe far scattare un campanello di allarme sulla eccessiva antropizzazione dei mari. 
   Nell’arcipelago delle Canarie si possono avvistare circa 30 specie di cetacei, tra quelli di passaggio e quelli stanziali. È un habitat molto importante grazie alla presenza di fosse marine e canyon sottomarini. Tant’è che nel 2004 il governo spagnolo ha deciso una moratoria sull’uso dei sonar dei sottomarini durante le esercitazioni militari. Alcuni ricercatori ritengono che i segnali sonar (acronimo per Sound Navigation and Ranging) siano devastanti per l’udito e l’orientamento delle balene costringendole a immersioni o emersioni troppo rapide che causano loro danni agli organi interni. Agli inizi del 2000 numerose balene furono trovate morte sulle spiagge delle Canarie. Ben 14 cetacei della specie “zifio” si spiaggiarono a Fuerteventura in coincidenza con delle manovre militari. Lo zifio è un cetaceo con il ‘becco’ che si immerge in grandi profondità per molto tempo, e per questo è ancora poco studiato. La legge anti sonar avrebbe ridotto i decessi di balene, ma non basta. Da tempo si parla di creare una “vera” riserva marina alle Canarie, dove sia esclusa tutta la navigazione e qualsiasi attività umana, per proteggere balene, delfini, testuggini e quello che rimane della fauna marina. La proposta riguarda in particolare l’isola di Hierro, rimasta ancora ‘vergine’ e non toccata dal turismo. 
   Intanto lo smaltimento della balenottera mi fa venire in mente alcune pagine di un recente libro dell’esperta australiana Rebecca Giggs, “LRegine dell’Abisso”. L’autrice commenta lo spiaggiamento e l’agonia di una megattera, e di come il suo grasso sia contaminato a causa dell’inquinamento marino, dei metalli pesanti e composti inorganici, come pesticidi e fertilizzanti. “Il corpo di una balena è un concentratore di queste sostanze chimiche, sia perché i cetacei vivono a lungo, sia perché molte specie accumulano una zavorra tossica dagli organismi che consumano”. Come scrive la Giggs, quindi la balena finisce tra i rifiuti essendo essa stessa un rifiuto. Cosa c’è di più straziante?