Da Delhi a Mumbai con la moto, omaggio alla mia Poderosa

Mumbai, 22 dicembre 2015
   Sono partita  New Delhi con la moto,  un po’ per gioco e un po’ per sfida, e oggi sono arrivata alle porte di Mumbai, dove oggi ho un volo per l’Italia.
   Circa 1.500 km dopo (non li ho contati, vado a spanne) sono arrivata a Thane, periferia nord di Mumbai, dove ho lasciato la moto a casa di un amico. La riprendero’ quando torno.
  Quando sono arrivata, ho pensato di inginocchiarmi davanti come aveva fatto Vettel quando ha vinto il quarto mondiale nell’ottobre 2013 sul circuito di New Delhi. Poi mi sono guardata intorno, c’era un via vai di famiglie e joggers nel parco di fronte e ho pensato che mi avrebbero preso per matta. Quindi mi sono limitata a congiungere le mani a mo' di namaste' e rendere omaggio alla mia gloriosa compagna di viaggio.
    E’ un rapporto speciale quello che si crea con con una motocicletta. Ci sono anche celebri esempi letterare, mi viene in mente La Poderosa del Che Guevara.
   La mia e’ una Bajaj modello Platina comprata di seconda mano a Bhuj, in Gujarat. Di colore blu’. E’ un po’ arrugginita, e secondo me e’ stata assemblata con dei pezzi taroccati. Ma ha un buon motore, che quando accellero sembra di avere una Enfield. Consuma poco, faccio i 50 con un litro. Il tachimetro non ha mai funzionato, e cosi’ non so quanto puo’ fare, penso non piu’ degli 80. La cilindrata e’ poco piu’ di 100 cc e ha un sedile cosi’ lungo che mi posso sdraiare. Una moto cosi’ in Italia e’ impensabile. Ma qui e’ simile a milioni di altre.

LIBRI/ Pasolini, l'India ha ancora lo stesso odore

Mumbai, 20 dicembre 2015

Mi sono portata dietro sulla moto "L'Odore dell'India" di Pier Paolo Pasolini per rileggerlo e vedere che effetto faceva nell''India che io ho davanti agli occhi in questo viaggio.  E' stato scritto nel 1961 durante il suo celebre viaggio con Alberto Moravia e Elsa Morante.  Oggi non si ritrova piu' la tremenda miseria da lui descritta a Calcutta o a Cochin, ma alcune pagine sono ancora oggi le migliori in assoluto per descrivere certi stati d'animo che un occidendale prova di fronte alle mille contraddizione di questo Paese.
Il libro si chiude con la descrizione  delle pire di Benares e con questa frase che voglio ricordare qui:

"Cosi', confortati dal tepore, sogguardiamo piu' da vicino quei poveri morti che bruciano senza dare fastidio a nessuno. Mai, in nessun posto, in tutto il nostro soggiorno indiano, abbiamo provato un cosi' profondo senso di comunione e, quasi, di gioia".   

Daman, nel covo dei "nostalgici" portoghesi

Daman, 19 dicembre 2015

   Sono arrivata a Daman, ex colonia portoghese sulla costa del Gujarat, dopo una lunghissima giornata di guida da Anand. Sono 300 km e la NH 08 fa una deviazione circolare per bypassare la citta’ di Baroda o Vadodara. Pero’ dopo prosegue dritta verso sud e il 'contatore' dei km verso Mumbai scende velocemente. Piu' si va avanti e piu' si sente anche l’aria tropicale. Mi ricordo quando centinaia di km a nord ho visto la prima palma da cocco e ho esultato.
   Sono giunta a Daman che era ormai sera. Odio viaggiare di notte perche’ qui in India usano costantemente gli abbaglianti e non li abbassano quando incrociano altri veicoli. Inutile lampeggiare, non mollano, e allora li tieni anche tu per ripicca.
Daman (Damao in portoghese) e’ insieme a Diu’, a 900 km di distanza, un Territorio dell’Unione. Sono quelle zone amministrate direttamente dal governo di New Delhi, come le isole Andamane.e Nicobare.  Forse perche’ il governo ha paura che si ribellino.


    Le enclave di Daman e Diu’ erano fino al 1961 dei possedimenti portoghesi come Goa (che poi e’ diventata uno Stato autonomo). Per oltre 450 anni i portoghesi hanno controllato questi porti sul Mar d’Arabia dove erano arrivati nel 1500 con Vasco De Gama. Hanno perfino fatto a Goa la loro base asiatica e per lungo tempo hanno monopolizzato il commercio delle spezie. Hanno poi portato il cattolicesimo convertendo gli indu’e combattendo le ‘eresie’ dei cristiani orientali che erano arrivati – si dice – con l’apostolo Tommaso.
    Sono riusciti a sopravvivere all’arrivo degli inglesi e mentre questi se ne sono andati nel 1947 con l’Indipendenza indiana, loro sono rimasti ancora per oltre 20 anni fino a quando non sono stati cacciati dall'esercito inviato da Delhi.

National Expressway 1 (Ahmedabad - Baroda), un'autentica autostrada ma vietata alle moto

Anand, 16 dicembre 2015
   La ‘expressway’ numero 1, nota anche come “Mahatma Gandhi” highway, e’ davvero un’autostrada modello con un asfalto impeccabile, le recinzioni e uno spartitraffico completamente fiorito. E’stata costruita nel 2009 ma soltanto di recente e’ stata raddoppiata.
    E’ lunga 93 km e ci sono soltanto un paio di uscite. E...purtroppo... e’ vietata alle moto....Io non lo sapevo e sono passata lo stesso da un passaggio laterale che pensavo fosse quello riservato alle moto (che di solito sono esentate da pedaggio). I casellanti mi hanno fatto dei segni ma io li ho ignorat e ho tirato dritto. Pensavo non fosse cosi’ rigido il divieto e che l'autostrada  fosse incasinata come le tutte le altre dove alla fine la velocita’ non e’ mai superiore agli 80.... Invece mi sono trovata davanti una sorta di pista di automobilismo, con auto che sfrecciavano e io 'rintanata' nella corsia di emergenza.
    Il limite qui e’ dei 100 km all’ora, ma quasi tutti lo sorpassano anche perche' la carreggiata e' dritta e invitante . Ho letto dopo che ci sono anche molti incidenti e lo immagino perche’ non c’e’ l’abitudine qui ad andare cosi’ veloce.
    Siccome sapevo di essere illegale sono uscita dopo circa 20 km nel primo casello di Anand. La strada taglia un tratto bucolico di campagna. Ci sono diversi cartelli che invitano a tenere pulito il paesaggio e che esalta le virtu’ della Expressway. In effetti sembrava di essere su un autostrada svizzera...Quando all’uscita i poliziotti mi hanno femato un po’aggressivi ho detto loro che ero entrata per sbaglio e per fortuna sono stati comprensivi!

Anand, la latteria dell’India

Anand (Gujarat), 16 dicembre 2015

   A circa 180 km da Udaipur, in un posto che si chiama Himmatnagar, famoso per le ceramiche, sono entrata in Gujarat, lo stato ‘modello’ dell’India. L’ho notato dalla qualita’ dell’asfalto, per quasi tutto il tratto del Rajasthan, tutto collinare, nella carreggiata c’erano dei solchi. Quando fa molto caldo il catrame si scioglie e le ruote dei camion plasmano la strada. E con la moto quando si sorpassa si esce e si entra da un solco all’altro.
   In Gujarat, la patria del premier Narendra Modi e Stato indiano piu’ industrializzato, la mia moto che e’ appunto targata GJ perche’ l’ho comprata qui dua anni fa, si e’ sentita a casa. Ho ripreso a viaggiare sulla National Highway 8, la mitica NH08 che va da Delhi a Mumbai, e che e’ nota come una delle piu’ trafficate ma anche delle piu’ ben tenute,a parte la segnalazione un po’ carente, le mandrie di mucche e perfino un cammello vagabondo che se ne andava al trotto nel mezzo della carreggiata.
   A un certo punto i km per Mumbai sono scesi a sotto 500, e’ li’ che ho pensato di farcela. Avevo letto sul web di un’impresa di un motociclista che era riuscito a fare da Delhi a Mumbai in 24 ore comprese alcune soste. Avevo capito che aveva seguito appunto la NH08 piu’ un fatidico ‘bypass’ di Ahmedabad, la capitale del Gujarat, che aveva risparmiato almeno 3 ore.
  Ma nelle mie vecchie mappe o nella Lonely Planet, che e’ quella ‘vintage’,di 15 anni fa, non c’era nessun ‘bypass’. Manco sul GPS l’ho visto. E poi credevo che il ‘bypass’ fosse alla periferia di Ahmedabad, e non invece a 150 km dove (forse) lo avevo visto, ma avevo tirato dritto lungo la solita NH08. Mi ricordo di una deviazione per ‘Vapi’ che e’ sulla costa dopo Baroda e dopo Surat. So solo che dopo sono spariti i camion e anche i cippi con la distanza da Mumbai.
   Sono quindi piombata nel traffico di Ahmedabad, che ho attraversato proprio nell’ora di punta. Da li’ volevo in realta’ andare a Baroda, la capitale culturale del Gujarat, ma non ce l’ho fatta perche’ ormai era buio (e freddo).
   Mi sono fermata ad Anand, un postaccio, ma famoso per essere la sede di Amul, la piu’ grande cooperativa del mondo che produce latte e prodotti caseari. Una istituzione in India. Il logo, una bambina con un nastro a pois rosso in testa, e’ tra i piu’ popolari e non manca mai di accompagnare notizie nazionali e internazionali. In un ogni quartiere c’e’ una latteria Amul. Il nome e’ entrato nell’immaginario collettivo. Si dice Amul boy, per dire ‘bamboccione’ e la destra aveva cosi’ soprannominato Rahul Gandhi, figlio e delfino politico di Sonia Gandhi. C’e’ un museo da visitare e un giro nella storica sede. Si dice che Amul e il suo fondatore Verghese Kurien, morto tre anni fa, abbia contribuito alla ‘rivoluzione bianca’ che ha fatto dell’India il primo produttore di latte al mondo. A novembre per il 94esimo compleanno Google ci ha dedicato un doodle.
    Anand, che in hindi vuol dire, ‘piacere’ (si dice ‘anand liye’ per dire ‘goditela’), e’ famosa anche per la maternita’ surrogata. Guarda caso, proprio della patria del latte, sono concentrate le fabbriche dei bambini. Le cliniche dove donne bisognose di soldi ‘affittano’ gli uteri per nove mesi a coppie sterili. Adesso il governo intende impedire agli stranieri di usare questo metodo di procreazione, e quindi sono un po’ in crisi. Le coppie di tutto il mondo vengono qui a ‘produrre’ bambini perche’ costa molto di meno.
  Ma la domanda interna e’ in crescita dopo che alcuni famosi attori di Bollywood hanno fatto ricorso alla maternita’ surrogata.

Chittorgarh, la Masada dell’India

Chittorgarh, 18 dicembre 2015
   Sono partita da Jaipur alle 11 quando l’aria ha cominciato a riscaldarsi e sono arrivata al tramonto a Chittorgarh o Chittor dopo oltre 300 km e la solita serie infinita di chai. Un bel pezzo ma tutto di autostrada, tra un paesaggio collinare tutto ondulato e senza citta’. E’ stata dura un po’ per il freddo, sembra che in questi giorni ci sia una ondata di gelo dall’Himalaya. Ogni km mi dicevo...sto andando sempre piu’a sud resisti....


    Mi sono sistemata in un hotel nella citta’ nuova vicino alla stazione. Per arrivarci ho passato una zona industriale allucinante, qui ci sono le miniere di zinco, fin dall’antichita’ e qui c’e’una delle piu’ grandi raffinerie di zinco del mondo, la Hindustan Zinc Limited, del gruppo Vedanta. C’e’ anche un cementificio e una centrale nucleare, che e’una delle piu’ vecchie essendo stata costruita nel Settanta con l'aiuto dei canadesi. La collaborazione termino' poi con il primo test nucleare del 1974 nel deserto di Pokhran. Sul progetto c'e' un documentario "Juggernaut".
   Chittorgarh e’ famosa per il suo antico forte, il piu’ grande del Rajasthan, che sorge sulla collina che domina la citta. La sua storia e’ legata alla casta dei fieri e baffuti Rajput, i guerrieri del Rajasthan, ancora oggi fiore all’occhiello dell’esercito indiano.
     E’ una storia truculenta. In un paio di secoli, dal 1300 in poi, ha subito tre assedi in cui gli abitanti della citta’ si sono suicidati piuttosto per non cadere nelle mani degli invasori. Comprese le donne chesi sono immolate nel fuoco, un rituale chiamato “jahaur”. Insomma come Masada, l’inespugnabile fortezza sul Mar Morto simbolo della resistenza degli ebrei contro le truppe romane. In questo caso gli invasori erano sultani da Delhi e poi i potenti Mughal.

Udaipur, parlando di Amore nella citta' piu' romantica del Rajasthan

Udaipur, 17 dicembre 2015

   Udaipur, la citta’ piu’ romantica del Rajasthan, e’ a soli 117 km da Chittorgarh. Quindi ci sono arrivata con comodo. L'estensione del cemtro urbano e’ enorme, non me ne ero mai accorta. Per arrivare al lago Pichola, dove sorgono i palazzi del maharaja  e della sua corte, ci ho messo un bel po’. C’era una bella luce che avvolgeva i templi e le antiche ‘haveli’ signorili che si specchiano nel lago. 
Udaipur mi ha sempre affascinato.  Ho ritrovato una accogliente guest house, Devi Vilas, dove ero gia’ stata.  Niente di lussuoso, ma ha una bella vista dal terrazzo e  non c’e’ quasi mai nessuno. Da due anni a questa parte il turismo e' calato drasticamente.
    E’ li’ che a colazione ho fatto uno di quegli incontri casuali che per me sono uno dei principali stimoli per viaggiare. Ho conosciuto una canadese quebecoise, un insegnante in pensione, Doris Veillette, che mi ha detto che stava scrivendo un libro. Un romanzo dedicato all’amore, quello con la A maiuscola, con una protagonista che si chiama Maria. 
E con lo sfondo del lago incorniciato dalle colline,  del Taj Lake Palace e il Jag Mandir, ci siamo messe a discorrere in francese sui significati dell’amore terreno e di quello divino. Dell’amore materno, che lei non ha avuto e dell’amore incondizionato per il prossimo come quello di Madre Teresa. ‘Cosa vuol dire amare’? mi ha chiesto con quell’accento che hanno i quebecois. “Voglio tentare di rispondere a questa domanda”.

Rajasthan, la nuova frontiera industriale

Jaipur, 19 dicembre 2015

   Uno e’ abituato a pensare al Rajasthan come la terra dei maharaja, ma le cose stanno cambiando in fretta. Sara’ il contagio del vicino Gujarat o il partito indu nazionalista del Bjp che sta spingendo l’industrializzazione, ma i cambiamenti sono visibili. Come al solito i trattori coesistono con la miseria. Ma mentre prima lungo le strade si vedeva un Paese fermo ai tempi dell’isolamento sovietico, beh oggi si vedono i germogli di un processo che davvero penso sia inesorabile.
   Per la prima volta sulla strada tra Delhi e Jaipur, circa 270 km, ho visto piu’ trattori che cammelli. Anzi cammelli non ne ho proprio visti. E neppure quei camion o trattori caricati all’inverosimile, gonfi come mongolfiere, che occupavano due corsie. L’autostrada e’ stata completata, ci sono i cavalcavia che oltrepassano i villaggi. Si viaggia a una media costante. Io non ho mai fatto riparare il tachimetro della mia moto e quindi vado a spanne. Penso di aver tenuto una velocita’di circa 70 km all’ora.
   Mi ha impressionato il distretto industriale di Neemrana, a circa 120 km da Delhi. Ci sono delle zone economica speciale per l’export , sul modello di quelle in Cina. Una e’ la Export Promotion Industrial Park (EPIP) e l’altra e’ la Japanise Industrial Zone, dove c’e’ una fabbrica Suzuki. In strada ci sono bisarche che vanno e vengono piene di auto immagino.

Inquinamento a Delhi/ Pechino chiude le scuole? I 'delhiti' se ne fregano

New Delhi,  8 dicembre 2015

Nel parco vicino a casa mia, Safdarjung Enckave, hanno messo gli attrezzi ginnici. Fin dal primo giorno sono diventati un'attrazione generale.

Di buon mattino, la gente del quartiere ha iniziato ad allzare pesi, pedalare e fare ogni tipo di evoluzioni. Alla faccia dello smog record che  batte anche Pechino, dove proprio oggi hanno chiuso le scuole per l'alto livello di particolato.   

Inquinamento a Delhi, ecco perche’ le ‘targhe alterne’ non servono

New Delhi, 5 dicembre 2015
     Praticamente costretto dai giudici a fare qualcosa, il ‘chief minister’ di Delhi , Arvind Kejriwal, finalmente si e’ accorto che l’aria era irrespirabile. Da alcune settimane le centraline segnavano allarme ’rosso’ per il particolato, ma nessuno faceva nulla....'

     Ha quindi deciso di tirare fuori il vecchio ed estremo metodo delle ‘targhe alterne’ a partire dal 2016 . ‘Estremo’ perche’ significa che si e’ disperati. E ‘vecchio’ perche’ mi ricordo era stato inventato negli anni Settanta in Italia o forse anche altrove. All’epoca si diceva che non c’era petrolio per tutti (gli arabi ci tenevano per le palle) e bisognava risparmiare benzina. Era il periodo dell’Austerity, che detto in inglese sembrava ancora piu’ paurosa.       Da bravo mattatore qual e’ Kejriwal ha saputo spiazzare tutti quanti con un colpo da maestro. Salvo precisare il giorno dopo che la misura sarebbe stata “testata’’ per soli 15 giorni e che “se non piaceva” si poteva rettificare. Ha poi deciso che durante il periodo di prova le scuole saranno chiuse, il che significa gia’ molto traffico in meno. Inoltre ci sono molte eccezioni, tra cui le donne che sono alla guida da sole perche’ si teme che se prendono il bus o il taxi vengono immediatamente stuprate... Non e’ poi stato deciso se la regola si applica anche agli oltre 5 milioni di motocicli. Io come ‘single’ e motociclista avrei doppio diritto a viaggiare. Peccato che di recente vada in bici perche’ e’ ormai l’unico modo per circolare a Delhi.
    Comunque se tutto fila liscio, si levano dalle strade ogni giorno circa un milione di veicoli. Che non e’ poco. Ma temo che non serva granche’ perche’ l’inquinamento e’ solo in minima parte causato dai gas di scarico. 

    Basta guardare le strade per rendersene conto. Nel mio quartiere, Safdarjung Enclave, c’e’ una tale quantita’ di polvere depositata in terra che basta quella a creare un ambiente estremamente malsano. I cigli delle strade non asfaltate, le montagne di sabbia e ghiaia dei cantieri edili, i detriti delle demolizioni, i perenni lavori in corso e i falo’ di rifiuti...questo e’ il vero problema di Delhi. L’unica soluzione vera e’ dal cielo. Non una divinita’ che forse non ce la farebbe nemmeno...ma la pioggia.
    Perche’, per esempio, Kejriwal non chiede ai suoi di pulire le strade come succede nell’enclave diplomatica? La’ non c’e’ polvere che si solleva da terra, ma solo quella dei tubi di scappamento che non sono poi tanti.
  Altro semplice suggerimento, non solo per l’aria che respiriamo, ma anche per rendere la citta’ piu’ vivibile. Perche’ non fare delle isole pedonali chiudendo al traffico le zone centrali o i mercati? Per esempio Connaught Place? o il famigerato Khan Market? Sarebbe molto piu’ semplice che il colossale compito di imporre il divieto di circolazione ogni giorno a un milione di veicoli.
        Detto questo, penso pero’ che sia tutto sbagliato in partenza. Perche’ l’unico modo e’ disincentivare l’uso dell’auto e creare degli spazi dove la gente possa camminare...o andare in bici. Ma questo purtroppo e’ qualcosa che l’Occidente sta capendo solo ora dopo mezzo secolo di orrori ambientali e urbanistici...