A Delhi non si respira più. Il collega del NYT se ne va sbattendo la porta

New Delhi, 29 maggio

Il collega del New York Times, Gardiner Harris, lascia Delhi sbattendo la porta.
Si lamenta per l'inquinamento atmosferico e per il traffico che secondo lui stanno mettendo a repentaglio la salute dei suoi figli. Ecco il suo pezzo d'addio.
Anche se dice che non ce l'ha con l'India, il suo è un pesante 'j'accuse'. Ma se Delhi è ormai invivibile ed è diventata una camera a gas, la colpa non è solo di chi sta nei palazzi del potere. E' anche di chi ci vive in queste condizioni, Non si fa altro che chiudere gli occhi davanti alla povera Yamuna ridotta a una fogna, alle strade perennemente intasate, ai rifiuti in strada e agli infiniti  lavori in corso che sollevano tonnellate di polvere.
In questi 12 anni che vivo qui, l'unica soluzione da tutti auspicata è stata quella coprire i canali puzzolenti,  allargare le strade per facilitare la circolazione (dei ricchi) e aumentare di un piano le case (anche quello per i ricchi). E di fare dei centri commerciali dove uno potesse immaginare di essere a Londra.
Nessuno pensa invece a ridurre il numero di auto e camion, come da tempo vado scrivendo su questo blog. A disincentivare il traffico privato. Oppure a piantare alberi. A fare isole pedonali. O anche solo a parlarne. Invece si continua a  comprare macchine sempre più grandi e purificatori d'aria. Come se tutto quello che c'è fuori dalla nostra auto o casa non ci interessa.
Io arrivo dal Piemonte, che quando io ero bambina, era una delle regioni più inquinate d'Italia o forse anche d'Europa. Se ben ricordo si circolava a targhe alterne. C'era l'atrazina nell'acqua. Gli incidenti stradali erano la prima causa di morte. A 300 metri da casa mia, a Chivasso, l'impianto di verniciatura della Lancia scaricava veleni giorno e notte.
Insomma io, come anche penso Gardiner, non arrivo da un eden incontaminato, ma da posti che hanno visto la rivoluzione industriale, e che forse erano più zozzi che Delhi.
Io qui ci ho allevato mia figlia. Non so come sono i suoi polmoni e non so nemmeno come sono i miei che vado in moto, in bici e talvolta anche ostinatamente a piedi.  Perché voglio dare l'esempio che si possono cambiare le cose, se lo si vuole tutti insieme.  Anche noi stranieri. Anche se non è casa nostra. E' il nostro pianeta.

Uttarakhand - in moto alla scoperta della 'Terra degli Dei"

New Delhi, 26 giugno 2015
   Sono appena tornata da un viaggio in Uttarakhand, la terra degli Dei (Dev Bhoomi), un Himalaya che non ha nulla di speciale se la paragono con le Alpi. Ma a fare la differenza è la grande religiosità di questo posto e dei suoi legami con la mitologia induista. Qui ci sono le sorgenti del Gange, la montagna sacra di Nanda Devi e più in su in Tibet il Kailash, l’Olimpo induista.
     Ci sono andata con la mia moto, tra frotte di pellegrini e vacanzieri indiani. Queste non sono piste battute da turisti stranieri. Li ho trovato solo a Rishikesh e a Kasar Devi, due mete dei fricchettoni. Viaggiare con la moto è a volte difficile, quando piove o sei incolonnata nel traffico, ma offre la possibilità di ‘respirare’ gli odori della terra. Nelle infinite soste per un chai ho incontrato decine di persone, del posto, pellegrini da mezza india, devoti sikh con i turbanti arancioni diretti al santuario di Hemkund, studenti in vacanza o in fuga dalla calura delle città.
    E poi i sadhu, a piedi, con il ‘trishul’ o il bastone, una coperta sulle spalle e la gavetta di metallo in mano. Uno di loro, avvolto in una stoffa con una stampa di pelle di leopardo l’ho incontrato nella Valle dei Fiori e poi il giorno dopo a Hemkund, a oltre 4 mila metri sulla neve. Tremava dal freddo, ma rifiutava di prendere le coperte di lana che i volontari sikh offrivano ai pellegrini. Prima mentre camminava invocava Shiva con dei ampi gesti. Mi sembrava un po’ invasato.
   Un altro yogi, con un ottimo inglese e un buffo cappellino in testa, l’ho incontrato al tempio di Kasar Devi, dove si gode un’incredibile vista. Qui c’è anche il posto dove Swami Vivekananda è stato a meditare. Vivek Anand, se ho capito bene come si chiama, vive in una casupola sul cucuzzolo dove ora sono spuntate diverse antenne per il segnale telefonico.
   Questo è un posto molto frequentato da stranieri, israeliani in particolare, ma anche francesi e tedeschi, che ci stanno per mesi, per il fatto che costa pochissimo, si può avere una bella camera con balcone per 300 rupie. Il cibo costa poco e il posto è super accogliente. In più ho visto cespugli di marihuana che crescono spontanei. Non mi stupisco che sia stato fin dagli Anni Settanta una meta di ‘alternativi’ insieme alle altre mete storiche come Goa o Rishikesh.
   

Economist censurato, chissà cosa c'è sotto?

New Delhi, 24 maggio 2015

    Onestamente, nell'era di internet, la vecchia censura fa un po' ridere.  Ma l'India si sa è un Paese di contraddizioni e questa è una delle mille. L'ultimo numero dell'Economist, che dedica uno speciale al primo anno del governo Modi, ha letteralmente 'oscurato' una cartina perchè - penso - raffigura correttamente i confini del Kashmir.

   Nella quarta pagina dell'inchiesta un adesivo nero copre circa mezza pagina dove c'era una mappa dell'India a illustrazione di statistiche economiche. Lo deduco dal testo in cui si parla di reddito procapite e anche dal website in cui c'è la pagina 'in chiaro'.
   Se si cerca di levare il riquadro viene via tutta la carta, quindi è impossibile vedere cosa c'è sotto.  Immagino i funzionari della censura indiana che appiccicano l'adesivo su migliaia di copie.  Un lavorone. Chissà dove lo fanno...al ministero dell'Informazione?
 Non è la prima volta che viene oscurata una mappa scorretta. Era successo nel 2001 sempre con l'Economist e poi in molte occasioni con altre pubblicazioni importate. Stranamente non la LOnely Planet. La maggior parte delle cartine in circolazione, fuori dall'India, non comprendono il Kashmir diviso con il Pakistan e con la Cina ormai da decenni.
L'Economist, che con Modi non ha molto 'feeling' a tal punto che un anno fa ha apertamente rivolto un appello a non votarlo, non ha reagito. Non ho trovato traccia nei media indiani su questo oscuramento, forse non fa più notizia.

Modi e la diplomazia dello yoga, del buddismo e...dei selfie

New Delhi , 17  maggio 2015

Anche i più convinti detrattori di Narendra Modi, riconosceranno che il leader della destra è un mago della soft diplomacy.
Nel suo primo viaggio in Cina è riuscito a promuovere l’India come nessun altro. Ha rispolverato i vecchi legami con il buddismo, nato in India e da qui diffusosi in tutta l’Asia. Poi  ha tirato fuori il suo vecchio cavallo di battaglia, lo yoga. Lui e il premier Li Keqiang  hanno assistito a una esibizione di Yoga e Tai-chi congiunta al tempio del Cielo a Pechino.  Ora la Cina vorrebbe perfino chiedere all’Onu una giornata internazionale del Tai-chi, come quella del 21 giugno proclamato Yoga Day  grazie alle pressioni di New Delhi!
Poi, grande colpo da maestro della comunicazione moderna, Modi la preso un selfie con Li e ha lo ha twittato. “It is selfie time” ha scritto su Twitter dove è il secondo leader al mondo più seguito dopo Obama. Twitter in Cina manco esiste, c'è il suo avatar Weibo, dove Modi si è iscritto prima di partire. 
In patria, qualcuno si è cominciato a lamentare di questo clima ‘vacanziero’ e spensierato del premier che è continuato anche oggi in Mongolia con altri selfie twittati e foto della visita, la prima di un leader indiano. Capisco, irrita un po' soprattutto in questi tempi quando l’economia non va come dovrebbe andare e i contadini stanno soffrendo per gli scarsi raccolti dovuti al maltempo di marzo. Ma fatto sta che la ‘diplomazia dei selfie’ di Modi funziona e New Delhi ha incassato un bel po’ di investimenti e soldoni dei cinesi. Anche se – va sottolineato – a beneficiarne sono stati soprattutto i grandi gruppi che l’hanno sponsorizzato come gli Adani, del Gujarat.

     

Modi un anno dopo, i mercati hanno perso la pazienza?

New Delhi, 15 maggio 2015

   Il governo di Narendra Modi festeggia un anno il 26 maggio, ma comincia già a mostrare un po’ di fatica. Gli investitori, entusiasti per il leader della destra, stanno perdendo la pazienza. Lo stesso Modi aveva creato enormi aspettative. “Acce din ane wale hain”, stanno per arrivare i bei giorni, aveva twittato appena eletto. Adesso la sbronza è finita, e rimane solo un gran mal di testa.  

   La Borsa di Mumbai, che la scorsa settimana, ha subito un pesante scivolone, è la peggiore tra quelle dei mercati emergenti. Se in negativo dall’inizio dell’anno. Gli Fii, gli investitori istituzionali, ovvero i fondi pensione, preferiscono puntare sulla Cina, nonostante sia in recessione o sul Brasile.
Nonostante lo sfrenato attivismi, 40 Paesi in 12 mesi di governo, Modi non riesce a convincere.
   Il ministro delle Finanze Arun Jaitley, un navigato politico del Bjp, ci ha messo di suo dando segnali contraddittori su una tassa sui Fii.
   Ci sono stati anche dei fattori esterni, come un rincaro del petrolio e il maltempo che ha danneggiato i raccolti in marzo. Ma si sa come sono i mercati, è il ‘sentiment’ che conta. E in questo momento il ‘sentiment’ sull’India è in calo, per la prima volta dopo un anno. 

Nepal, fotoracconto del terremoto/2

VALLE DI LANGTANG, DONNE DELL'ETNIA TAMANG SFOLLATE




































VALLE DI LANGTANG



KATHMANDU,  SULLE MACERIE DI UNA STUPA

















KATHMANDU, QUARTIERE DI  GONGABU, TEAM STRANIERI AL LAVORO





PRIMO MINISTRO SUSHIL KOIRALA PARLA ALLA NAZIONE


Nepal, fotoracconto del terremoto/1

New Delhi, 6 maggio 2015

Sono tornata oggi a New Delhi dopo una decina di giorni nell'orrore del Nepal. Questa e' una selezione di scatti che raccontano molto di piu' delle parole la tragedia che ha colpito il Nepal e soprattutto Kathmandu. Alcune foto non sono stata in grado di inviarle perche' nei primi giorni mancava la corrente elettrica e anche una buona connessione,  I miei colleghi avevano dei telefoni satellitari, ma io non ero molto attrezzata per garantire una copertura durante l'emergenza.

KATHMANDU, DURBAR SQUARE IL GIORNO DOPO


L'ORRORE SOTTO LE MACERIE

IN POSA DAVANTI ALLA TORRE DHARAHARA
















BIR HOSPITAL, CAMERA MORTUARIA

















GLAMOUR TRA LE ROVINE

And the winner is...ho vinto il premio settimanale Igor Man de La Stampa

New Delhi, 5 maggio 2015

Sono molto contenta del premio che mi ha assegnato La Stampa, primo perché è dedicato Igor Man, un grande giornalista e poi perché giunge dal quotidiano della mia regione. Ho sempre criticato il Piemonte perché quando ho iniziato la mia carriera mi ha offerto scarse possibilità, forse devo ricredermi ora dopo oltre 25 anni di mestiere?