Schumacher Tower, ultima follia edilizia di Gurgaon

Michael Schumacher vive dalle parti di Losanna e quando abitavo in Svizzera l'avevo anche conosciuto. Una volta si era infortunato giocando una partitella alla domenica e lo avevano portato all'ospedale di Ginevra. Mi avevano chiesto di fare un servizio sull'incidente che aveva gettato nel panico la Ferrari.A me sembrava una brava persona, semplice e molto schiva. Vedo ora da una pubblicita' a tutta pagina di un quotidiano che ha prestato il suo nome per una ''torre Schumacher'', ultima follia edilizia in ordine di tempo a Gurgaon, la Millennium City alla periferia di Delhi. Il progetto mostra un grattacielo che si avvita come se fosse un'autopista. (vedi qui).
Chissa' se in ascensore si sentira' il rombo delle monoposto e se schizzera' ai 300 all'ora come un razzo della Nasa. E se al posto della camera da letto ci sara' un box per il pit stop.  A me sembra una assurdita' come i palazzi della Sport City di Greater Noida, il secondo polo hi-tech, con vista circuito di Buddh. De gustibus, certo. Pero' mi dispiace che il campione tedesco, che non ha ancora agganciato il casco al chiodo, si presti per promuovere modelli e valori che come la stessa Formula Uno sono ormai perdenti e che molto presto non incanteranno piu' nessuno.  

Ferrari con tricolore, un boomerang per i maro'

Alcune volte occorre dire le cose come stanno. La decisione di mettere il tricolore sul telaio delle Ferrari al Gran Premio dell'India e' stata a dir poco funesta.  Capisco le pressioni in Italia per il rilascio dei maro', l'amor di patria e l'omaggio alla Marina Militare, ma e' stato un boomerang diplomatico.  E non sono solo io a dirlo qui in India. Ci sono almeno tre motivi che avrebbero suggerito una maggiore prudenza da parte della scuderia di Maranello:
1 Il neo giudice capo Altamas Kabir della Corte Suprema sta scrivendo la difficile sentenza sulla giurisdizione proprio in questi giorni e come e' noto il destino di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone e' appeso a questo verdetto.
2 La vicenda era sparita dalla stampa indiana e dai riflettori dell'opinione pubblica che - come e noto - e' schierata tutta sulla tesi colpevolista.
3 Il marchio Ferrari gode di un ottimo prestigio in India. L'associazione con i maro' potrebbe nuocere la sua immagine. Gli sforzi dei rappresentanti del cavallino rampante, all'autodromo di Buddh a Greater Noida, di levarsi dall'imbarazzo precisando che lo stemma non e' ''in solidarieta''' con i maro', ma soltanto un ''omaggio a una delle eccellenze italiane'', sono risultati patetici. E' come arrampicarsi sugli specchi.
Il risultato e' che tra India e Italia e' di nuovo salita la tensione e anche i toni, come si puo' vedere da questo editoriale del quotidiano The Pioneer.   

La Milano da Bere e' arrivata in India


New Delhi, 22 ottobre 
 Visto che non tira piu' aria in patria, la ''Milano da bere'' si sposta in India dove invece continua a crescere l'interesse per i beni di lusso. Non e' chiaro se per ora si tratta soltanto di potenziali consumatori che ''sognano'' oppure che comprano, ma di fatto c'e' un terreno fertile per questo settore.
   L'ultimo esempio di mondanita' in stile milanese si e' tenuto sabato sera nel giardino dell'ambasciata italiana di New Delhi dove il famoso e storico produttore di orologi Officine Panerai ha presentato il suo prestigioso marchio con una sfarzosa festa per selezionatissimi invitati. 
    L'agenzia di PR ha organizzato l'evento in maniera impeccabile come fosse all'ombra della Madonnina e non in una metropoli di 15 milioni di abitanti che presenta uno dei piu' alti tassi di inquinamento del mondo e con un terzo che vive sui marciapiedi.
    La preziosa collezione di ''orologi da palombaro'' del 2012 -  chiusi in spesse teche di cristallo - era contorniata da splendide ragazze dalla pelle chiara che sorridevano ogni volta qualcuno passava davanti. Per arricchire la serata sono stati ingaggiati dei ''tableau vivant'', degli autentici pittori indiani  che hanno realizzato un paio di opere ispirate a Milano e Roma mentre gli ospiti sorseggiavano champagne totalmente indifferenti alla loro arte. Ad allietare anche un orchestra con una cantante famosa come ho scoperto qui (http://articles.timesofindia.indiatimes.com/2012-10-21/delhi/34607453_1_officine-panerai-jazz-performance-luxury).
 

Palazzo di Deeg, fontane colorate e tigri in gabbia


     A una quarantina di chilometri da Bharatpur, c'e' un centro agricolo che si chiama Deeg e che faceva parte del regno dei maharaj di etnia Jat. C'e' una fortezza ancora piu' imponente di quella di Bharatpur con ancora i cannoni sulle torri. Ma la vera sorpresa e' il palazzo del 1700 che testimonia la megalomania di questo maharaj, Suraj Mahl, un potente guerriero che ha saccheggiato tutto quello che si poteva, ma anche un eccentrico viveur come tutti i nobili del 1700.
    Il palazzo, usato come residenza estiva e uno dei piu' grandi del Rajasthan, e' costruito sull'acqua e ha centinaia di fontane nel giardino (tagliato in quatto in stile mughal) e anche dentro le stanze per resistere alla calura del deserto. Mi hanno spiegato che durante alcune festivita', a febbraio, fanno funzionare il complicato sistema di giochi d'acqua a cui aggiungono anche polvere colorata per un effetto arcobaleno degli spruzzi. L'impianto e' alimentato da una gigantesca cisterna messa sul punto piu' alto della. Come a Tivoli, ma al posto del fiume Aniene, una vasca riempita in continuazione con l'uso di animali o dei servi.


    Il palazzo e' stato abitato fino agli anni Settanta dai discendenti dei maharaja. Per fortuna dopo non e' finito a una catena alberghiera, ma allo Stato che riesce a conservare giardino, fontane e arredi in maniera piu' che soddisfacente. E' come se gli occupanti se ne fossero appena andati. La grande sala, i salotti privati, la camera da letto, lo studiolo del maharaja sono ancora intatti. E' stato rifatto soltanto il rivestimento di poltrone e sofa'. Tra le bizzarrie ci sono due zampe di elefante mummificati che servono come vassoio per i liquori. Impressionante e' il sistema di ventilazione garantito da lungi ventagli sul soffitto azionati dai domestici con delle funi che escono fuori dalle pareti. Un sistema in uso all'epoca. C'e' anche un rarissimo esempio ''cooler'' (condizionatore indiano) azionato a mano da una manovella.




    Nel giardino troneggia un'altalena di marmo bianco frutto del bottino di quando il maharaja' e' riuscito a entrare nel Forte Rosso di New Delhi dove viveva l'ormai debole mughal. Si dice che l'altalena apparteneva niente meno che alla regina Noor Jahan, la zia di Muntaz Mahal, quella sepolta al Taj Mahal. In un lato, c'e' invece un intero complesso, con stanze e verande, di marmo e pietre preziose incastonate, che e' stato smontato a pezzi e rimontato qui dopo un saccheggio ad Agra, altra capitale dei mughal.
Insomma un bel tipetto questo Suraj Mahl, che anticipando di secoli cosa avviene oggi a Las Vegas, teneva anche una tigre in gabbia  nella veranda del palazzo, cosi' da mostrare agli amici tra le fontane colorate.    

Bharatpur, tra fortezze inespugnabili e fenicotteri rosa

Bharatpur, 13 ottobre.
Sono arrivata a Bharatpur, a circa una cinquantina di chilometri da Agra, ma gia' in Rajasthan, per visitare il famoso parco ornitologico di Keoladeo. Ma ho scoperto, che oltre a gru e fenicotteri rosa, questo posto e' stato uno dei piu' potenti e sofisticati regni del Rajasthan! Bharatpur e' stata fondata da un fiero maharaja della etnia dei ''Jat" che si chiama Suraj Mal. Un omone baffutissimo, con una quindicina di mogli e oltre il doppio di concubine, che doveva essere un tipo davvero tosto. Ha resistito ai Rajput, i bellicosi vicini rajasthani, ai potenti Mughal e anche agli inglesi! 

   Basta guardare il forte di Bharatpur per capire perche'. Una fortezza, che si chiama Lohaganar, circondata da un fossato, sembra quelle che si disegnano a scuola, con doppia cinta di mura. Gli inglesi sono riusciti a espugnare Bharatpur soltanto nel 1826.
A guardare il palazzo reale, che sorge dentro la fortezza, si capisce anche la ricchezza dei maharaja' locali. Mi ha colpito l'enorme scalone che porta sul ''roof top''. Ideale per una scenografia di una sfilata di moda. Nel museo, in via di rinnovamento, le solite cose un po' kistch e gli animali impagliati, tra cui anche un coccodrillo. Intorno ci sono altri palazzi completamente abbandonati, con erba che cresce dalle finestre. Il fossato oggi e' un aquitrino putrid. Ma nel caos del bazar si vede ancora quello che rimaneva di una raffinata citta'. Il contrasto con il presente e' cosi' stridente che veramente mi chiedo cosa abbiamo fatto di male gli indiani per meritare tanta disgrazia.
Oltre all'architettura e armi (ci sono ancora cannoni ovunque), i maharaja' locali erano anche cacciatori. Il parco protetto di  Keoladeo, oggi patrimonio Unesco, era in realta' fino al 1965 una riserva di caccia. La palude e' stata infatti creata apposta per attirare le anatre che poi impallinavano in grande quantita' in occasione di feste e di visite di ospiti stranieri. E' stato inaugurato per l'esattezza nel 1901 dall'allora vicere lord Curzon.
   Nella riserva, dove si puo' andare in riscio' a pedali o bicicletta, ci sono dei pannelli in muratura con l'elenco dei visitatori, armi e prede. Tra i reali passati di qui anche quelli afghani, iraniani e olandesi, oltre agli inglesi che erano di casa.
   C'e' anche una bella notizia: per la prima volta dopo una decina di anni e' tornata sufficiente acqua nella palude, grazie alla riapertura di alcuni canali. Quindi gli uccelli migratori, tra cui diversi tipi di gru, fenicotteri, cormorani e aironi, sono tornati. Sono indaffaratissimi a costruire nidi su alberi che occupano in ''condominio'', tutti insieme, allegramente,

 

Taj Mahal, la leggenda dei quattro sufi di Bukhara

Agra, 12 ottobre
    Sono andata all'alba in un parco vicino al Taj Mahal, che si chiama pomposamente ''Nature walk'', e che si trova al lato sud est del mausoleo. Da alcune alture lo si puo' vedere a meno di un chilometro di distanza. Volevo fotografare ''la lacrima di marmo ferma sulla guancia del tempo''' (cosi' lo chiamo' il poeta Tagore) da una prospettiva diversa. Oggi e' venerdi, il mausoleo e' chiuso al pubblico per permettere la preghiera dei mussulmani nella moschea. E anche per ricordare a chi appartiene il Taj Mahal...
   Ero seduta, ancora mezza addormentata, sotto un gazebo, fantasticando su Shah Jahan e sugli architetti venuti da tutto il mondo, quando come in una fiaba compare un uomo barbuto, sulla quarantina, con una bella tunica e le babbucce ai piedi. Mi dice, in un inglese impeccabile, di essere il fratello del guardiano di una tomba sufi che vedo in mezzo alla foresta che costeggia il Taj Mahal. Il parco dove mi trovo vi e' separato da una recinzione. Mi mostra che ci sono quattro basse costruzioni verdi simili nel fitto della vegetazione esattamente ai quattro lati del complesso.
   ''Quasi nessuno sa che il Taj Mahal e' rimasto intatto finora grazie a quattro fratello sufi che sono arrivati qui prima della costruzione - mi dice - perche' sono stati chiamati apposta da Shah Jahan''. Mi racconta poi una leggenda secondo la quale il luogo dove l'imperatore, devastato per la morte della sua 14esima moglie detta ''Muntaz Mahal'', aveva una sorta di maleficio. Pare che i ''jins'', gli ''spiriti'' secondo i mussulmani, fossero contrari. Un grosso problema per chi doveva fare un investimento del genere.
   ''Allora Shah Jahan si e' consultato con le sue guide spirituali che gli hanno detto di mandare un emissario a Bukhara, sulla via della Seta, vicino a Samarcanda (oggi Uzbekistan) e chiedere aiuto a quattro fratelli'' continua l'uomo che poi ha detto di chiamarsi Zaed.  I quattro sono venuti, si sono installlati ai quattro lati del terreno da edificare, sono stati li' per tutta la vita e poi sono stati sepolti nello stesso luogo. La loro protezione dura ancora oggi. Zaed mi racconta che durante il periodo britannico, il Taj Mahal aveva rischiato di essere venduto da un governatore e smontato per vendere il marmo. Cosi' almeno si narra. Sembra anche che i soldati britannici ci avessero fatto le cucine nella tomba.  Insomma, a differenza della  maggior parte dei monumenti del nord dell'India, devastati e saccheggiati, il Taj Mahal e' rimasto miracolosamente incolume. Adesso poi che e' stato ripulito con una pasta speciale (fango e limone, vedi qui) sembra appena costruito.
Dopo avermi raccontato la storia, Zaed sparisce nella foresta e rimango di nuovo sola, tra pavoni e scoiattoli, mentre il profilo della cupola del Taj Mahal comincia a brillare sotto la luce forte del mattino.  

Senzaterra accettano accordo ministro e fermano la marcia su Delhi

   La marcia dei senzaterra si e' fermata oggi ad Agra, all'ombra del Taj Mahal. Dopo due giorni di negoziati il ministro dello Sviluppo Rurale Jairam Ramesh, il paladino degli ecologisti e dei tribali indiani, ha firmato un memorandum in cui promette che entro 4-6 mesi il governo mette a punto una bozza di riforma agraria  in cui dovrebbe avvenire la redistribuzione di terre.
   In una conferenza stampa il fondatore del movimento Ekta Parishad, V.P. Rajagopal, ha detto che se il governo non terra' fede alla promesse '' la marcia ripartira' da Agra'' per andare a Delhi. Il ministro si e' impegnato con una ''task force'' di 11 esperti che dal 17 ottobre sara' al lavoro ''tutti i giorni'' per scrivere la nuova legge.
   Per me - che ho seguito la vicenda in questi ultimi due giorni di negoziati - mi sembra un accordo molto vago, ma per gli organizzatori e' una ''vittoria del popolo''. E' la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto.
   A New Delhi intanto tirano un respiro di sollievo. Anche stavolta hanno evitato che 35 mila contadini (e chissa quanti altri che si univano lungo la strada) prendessero d'assalto India Gate o il Lodi Garden.  Pericolo scampato come nel 2007.
Certo che, come si chiedevano i giornalisti indiani oggi, bisogna vedere se il gioco valeva la candela. Nove giorni di marcia a 110 mila euro al giorno (e' la cifra dichiarata qui dall'attivista canadese Jill Carr-Harris,  moglie di Rajagopal) per un pezzo di carta che non vincola il governo, ma contiene solo vaghe proposte?
Potevano forse ottenere di piu' andando avanti a marciare sulla capitale? I contadini, da stasera,  sono gia' di ritorno nei luoghi di origine, ma non so con quante speranze in piu'... 
 

Senzaterra in marcia su Delhi, ma ci arriveranno?

Le marce qui in India, sono sempre un po' speciali. La marcia e il digiuno sono delle potente armi di protesta ''inventate'' dal Mahatma Gandhi. Ho incrociato il Jan Satyagraha 2012, la ''marcia della giustizia'', poco dopo Dholpur, in Rajasthan. Vogliono marciare sul Parlamento di New Delhi.
Mi hanno detto che sono 35 mila ''senzaterra'', la maggior parte tribali, e ci posso credere.  Occupano oltre 10 chilometri di strada su tre file indiane. Una fiumana di bandiere. Per fare foto e' una cuccagna. Arrivano da tutta l'India, ci sono anche indigeni con arco e frecce di bambu' dell'Assam. Un ''social forum'' in cammino, ma fatto di poveracci, quasi tutti pelle e ossa alcuni perfino scalzi. E' un miracolo come riescano a marciare per piu' di dieci chilometri...
La marcia e' organizzata da un movimento gandhiano che si chiama Ekta Parishad e che raggruppa migliaia di ong indiane. La loro arma di protesta e' la marcia appunto.  Come mi dice il fondatore, V.P. Rajagopal, ex insegnante sposato con una canadese (che mi dicono e' la mente dell'organizzazione nonche' quella che fa fund rasing all'estero), la marcia (come anche il digiuno) e' un modo mostrare la ''sofferenza'' di chi gia' soffre in quanto povero, emarginato o privato della propria terra.
Dalle condizioni dubito che possano arrivare sulla capitale, ammesso che non li fermino prima. Mancano anche i viveri e i soldi...
 

Ecco la prima autostrada indiana, senza traffico (per ora)

Niente piu' carretti trainati da bufali e camion sovraccarichi in contromano. Andare al Taj Mahal in auto da New Delhi non riserva piu' alcuna emozione. E se si ha una buona macchina sotto il sedere si arriva anche molto prima. Meglio cosi' ovviamente, pero' e' un altro pezzo di India che se ne va.
   La ''Yamuna Express way'' che ho fatto oggi in scooter (nella corsia di emergenza per timore che mi prendessero sotto visto che nessuno indiano qui non e' mai andato a piu' dei 100 all'ora) e' stata inaugurata qualche mese fa ed e' per ora la prima vera autostrada dell'India. Ha sei corsie (con spazio per otto) e una carreggiata sopraelevata, 165 chilometri di asfalto perfetto, chiusa con filo spinato che sembra Mathausen, moderni caselli e perfino un ''abbozzo'' di autogrill, anche se c'e' ancora molto da fare su questo. E poi una segnaletica da vera autostrada, telecamere, le colonnine per l'emergenza e anche siepi e fiori nello spartitraffico centrale.
   Guarda caso non e' stata fatta dal governo, che dieci anni fa aveva fallito un primo progetto per una ''Taj Highway'', ma dal colosso delle costruzioni Jaypee, che - vista la generosita' del governo dell'Uttar Pradesh che ha confiscato i terreni agricoli per cederglieli - sta letteralmente coprendo di cemento entrambi lati del primo tratto di 50-60 km, ovvero quello che chiamano ''Greater Noida''. Ci ha gia' costruito la pista di Formula Uno, un campo da golf con resort e diversi quartieri dormitorio. Uno gigantesco, che sta venendo su', si chiama pomposamente Jaypee Green Wish Town. Di desideri forse ce ne sono molti, di verde ne ho visto poco.
   Quando ho imboccato l'autostrada sono rimasta scioccata. Mi sembrava di essere su un'autopista, avrei voluto avere un aereo e decollare. Non c'era quasi traffico, un'auto ogni 10 minuti, nessuno camion e nessuna moto. Il motivo l'ho capito dopo al casello: costa troppo. Per le due ruote il tratto fino ad Agra e' 150 rupie, per le auto 350 e per i bus o camion addirittura 1.050 rupie! Nessuno la prende quindi, tanto piu' che la statale numero 2, a pochi km, e' gratis, anche se con le vacche e camion contromano....
   E' una strada per ricchi insomma, ovvero quei pochi che si possono permettere grosse auto, la maggior parte dei veicoli che ho visto erano Suv. Ma i palazzinari di Jaypee forse vedono lungo e immaginano che prima o poi la Yamuna Expressway sara' intasata di auto come l'autostrada del Sole a Ferragosto. A proposito, secondo me anche l'autostrada del Sole, quando e' stata inaugurata nel 1964 tagliava in due prati con le mucche al pascolo e campi con contadini che aravano con i buoi. Sono sempre piu' convinta che l'India - ovviamente con altre dimensioni - si trovi dove era l'Italia nel Dopoguerra. C'e' da sperare che non ripeta gli stessi errori e orrori.

Maro', la matassa si ingarbuglia tra silenzio dell'India e mediatori segreti

   La faccenda dei maro' in liberta' vigilata nell'isola di Fort Kochi, una delle piu' popolari mete turistiche del Kerala, si sta ingarbugliando. Difficile azzardare previsioni su quando la Corte Suprema decidera' la competenza territoriale. Potrebbe essere domani o potrebbe essere molto piu' avanti.
    Le previsioni delle ultime settimane, si sono rivelate completamente sbagliate. Sembrava che ''la madre di tutti i verdetti'' dovesse arrivare prima del 29 settembre, quando il giudice che si occupa delle causa e' stato nominato alla massima carica di ''chief justice of India'' . In teoria doveva smaltire tutti gli arretrati prima del nuovi incarico. Invece no. Nessuno e' in grado ora di capire che succede ora. Il neo chief justice Altamas Kabir passera' il fascicolo a un suo collega? Se ne occupa lui, ma quando? Boh. Ieri qui era festa, per il Mahatma Gandhi, quindi c'e' stato un lungo ponte. Da oggi si riparte.   

     Nel frattempo il caso e' completamente sparito dall'attenzione in India. Non c'e' neppure piu' una riga sui giornali. Nemmeno sul processo in Kerala, che e' gia' iniziato e che continua a essere rinviato in attesa della pronuncia della Corte Suprema. In questi giorni l'India ha sollevato il problema della pirateria marittima all'assemblea generale dell'Onu. Secondo gli italiani e' un'ipocrisia, che New Delhi predichi bene in tema di lotta ai pirati dell'Oceano Indiano e poi razzoli male con i due maro' italiani che stavano facendo proprio quello quando sono stati arrestati il 15 febbraio dopo aver ucciso due pescatori. A Roma e su qualche media italiano e' stata fatta notare la contraddizione, ma qui in India e' stato ''business as usual'' come si dice. Forse sara' che - come si e' detto molte volte - sulla questione si vuole tenere un basso profilo per permettere alle diplomazie di lavorare ed evitare il clamore controproducente dei primi tempi.

   Esiste infatti un canale ''segreto'' parallelo ed e' stato confermato anche dalla stampa indiana con tanto di foto (LEGGI QUI). Si tratta di un mediatore indiano che vive da 40 anni in Italia, Vinod Sahai, ex manager Fiat, che si sta muovendo parecchio. Ha incontrato dei ministri a New Delhi e forse anche in Kerala. Ha fatto un po' di navetta tra India e Italia, ovviamente con la benedizione della Farnesina. Il personaggio e' un po' misterioso in realta', ma potente, sembra che abbia fatto da padrino all'accordo Tata-Fiat. Certo qui si tratta di altro tipo di business...e di mezzo c'e' la giustizia che in India e' davvero indipendente dal potere politico, cosa che e' un po' difficile da comprendere in Italia.