Slow Travelling, il kebab di Parma

Parma, 30 luglio 2019

    Nel mio lento viaggio lungo la via Emilia mi sono fermata a Parma per la notte. Non c'ero mai stata. Nel mio immaginario da emigrata, Parma avrebbe dovuto essere una 'top destination" per il palato.  Il prosciutto di Parma, il parmigiano...la genuinita' piu' assoluta. E' pure la sede dell'Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa). Mi aspettavo salumerie traboccanti di prosciutti e formaggi.  Un profumo di 'crudo' appena tagliato che pervadeva le strade. Insomma appena ho visto il cartello stradale "Parma" mi e' venuta subito l'acquolina in bocca.
    Ho parcheggiato la moto nelle vicinanze della stazione, che e' a due passi dal centro storico pedonale.  E li' ho cominciato ad accorgermi della grande fregatura. Di prosciutto manco l'ombra, neppure in foto. Ho visto solo fast food di kebab e pizza al taglio. Quelli che si trovano in ogni citta' del mondo.  Almeno a Genova vendevano la focaccia genovese. Invece qui solo kebab e al massimo pollo. Nessun ristorante tipico e assolutamente nessuna salumeria.
    Per carita' non ho nulla contro le kebaberie. Mi sono fermata a mangiare un panino e ho avuto una piacevole conversazione con il gestore tunisino sul caldo africano. "Manco in Africa c'e' questo caldo" mi ha detto ridendo. Poi sono entrati altri clienti, africani e asiatici, un gruppo di turisti russi che voleva a tutti i costi delle birre, mettendo in imbarazzo il gestore, probabilmente un pio mussulmano oppure semplicemente senza licenza per le bevande alcoliche. Ero a mio agio in questo ambiente internazionale fino a quando non mi sono ricordata che ero a Parma...la Parma delle mie fantasie gastronomiche.
    Che e' successo? ho chiesto a chi ci abita. "Parma e' da tempo in degrado" e' stata la laconica risposta.  Anche nel centro storico, dove c'e' l'iconico battistero di Domenico Antelami (ingresso a pagamento), non ho visto nulla che richiamasse le ghiottonerie per cui la citta' e' famosa nel mondo. Ma era domenica e per di piu' pioveva. In un bar sotto i portici ho preso un cappuccino e una brioche. Su un muro c'era un cartello che avvisava i clienti di non tenere l'unico giornale (La Stampa)  per piu' di 15 minuti. E manco un salatino con il famoso prosciutto.

Maro', si avvicina l'ora della verita'. Corte arbitrale si riunisce l'8 luglio all'Aja

Puerto de Mogan (Gran Canaria), 26 giugno 2019

E' arrivata l'ora della verita' per i due maro' coinvolti sette anni fa in una complessa vicenda giudiziaria in India scaturita dall'uccisione di due pescatori scambiati per pirati al largo delle coste del Kerala e sfociata in una gravissima crisi diplomatica tra Roma e New Delhi.
   La Corte arbitrale italo-indiana, creata nel 2015 all'Aja per dirimere la disputa, si riunira' a partire dall'8 luglio per decidere sulla giurisdizione del caso avvenuto al di fuori delle acque territoriali indiane. I giudici dovranno stabilire a chi tocchera' celebrare il processo a carico dei due Fucilieri italiani accusati di omicidio. Se ho ben capito la Corte avra' fino a sei mesi di tempo per emettere la sentenza una volta che si e' chiuso il dibattimento. I lavori della prima giornata in cui le due parti esporanmo le proprie ragioni sono in diretta streaming (vedi qui il comunicato pubblicato ieri in francese e inglese sul sito della  Pca) a partire dalle 9 del mattino ora locale. Poi le udienze si terranno a porte chiuse.
   La Corte arbitrale era stata formata nel settembre 2015 in seguito alla strategia di "internazionalizzazione" del caso decisa dall'allora governo Renzi con il ricorso alla convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Unclos), che da' la possibilita' agli Stati membri di ricorrere alla Corte Permanente dell'Aja per risolvere le dispute relative agli incidenti che avvengono in acque internazionali.
   E' composta da un giudice nominato da Italia (il professore Francesco Francioni), un giudice indiano (Pemmaraju Sreenivasa Rao), dall'attuale presidente del Tribunale Internazionale del Mare (Ilos), il sudcoreano Paik Jin-Hyun, e due arbitri, il giamaicano Patrick Robinson, ex presidente del Tribunale per i Crimini nella ex Jugoslavia e il russo Vladimir Golitsyn, ex presidente Itlos.
L'udienza era attesa nell'autunno del 2018, ma la morte del giudice nominato da New Delhi ne ha causato lo slittamento.
   Nel caso in cui la Corte decidesse che tocca all'India giudicare i due militari italiani, in teoria Latorre e Girone dovrebbero tornare in India. Ora sono entrambi in una sorta di 'liberta' provvisoria' in Italia, Hanno l'obbligo di firmare regolarmente la loro presenza ai Carabinieri, non possono vedersi e non possono viaggiare. Latorre lavora a Roma e di recente si e' risposato, mentre Girone e' a Bari.
Se invece l'arbitrato stabilisce che la competenza e' italiana, entrambi dovreanno essere processati in Italia da un tribunale militare e da uno civile.
   Comunque vada sarebbe la fine di una sfiancante attesa per i due Fucilieri e finalmente una normalizzazione delle relazioni tra i due Paesi.