Salviamo Khan Chacha!

Uno dei miei posti preferiti al Khan Market è stato costretto a chiudere i battenti per una disputa immobiliare. La “kebaberia” Khan Chacha, un bugigattolo gestito da una famiglia musulmana, molto popolare tra i giovani e meno-giovani-ma-squattrinati come me, era uno dei pochi sopravissuti all’avanzata dei negozi di lusso e ristoranti superfighi del mercato più costoso di Delhi. D'altronde come possibile vendere panini di kebab a 35 rupie in un posto dove gli affitti sono come sulla Fifth Avenue? Però Khan Chacha faceva tendenza, un po’ come Luini, i panzerotti più buoni di Milano, dietro piazza Duomo. Era un posto diciamo, non proprio per i poveri, ma per alternativi, compresi giovani politici come Sachin Pilot o i kashmiri Abdullah, padre e figlio, o l’ecologista Nafisa Ali. Il proprietario dello stabile ha detto che non c’era nessun contratto e ha cacciato su due piedi Banda Hasan e i suoi due figli come è spiegato in questo articolo. Chissà se apriranno altrove? Intanto su Facebook sono già oltre 12 mila i fan di Khan Chacha…salviamolo!

Delhi, the “city of flyovers”

Stamattina ho letto sul giornale che Sheila Dikshit, la popolare governatrice di New Delhi, vuole fare della capitale una “city of flyovers”. Ero un po’ addormentata e pensavo di aver letto “flowers”, invece no. Ha detto proprio: “flyovers”, in inglese “sovrappasso”, un termine che ora mi è familiare, ma che secondo me usano solo qui. Si augura insomma che i visitatori che torneranno dai Giochi del Commonwealth in programma nell’ottobre 2010 portino a casa il ricordo di New Delhi come “città dei cavalcavia”. Ho già scritto di come questa città diventerà presto invivibile, soprattutto quando arriveranno le Tata Nano, non ancora in produzione, per fortuna. In questi giorni, vigilia di Diwali, anche i tanto lodati “flyovers” sono intasati dal serpentone di acciaio e di smog. Non mi aspettavo che una signora d’animo gentile, e per questo molto amata dai suoi concittadini, potesse essere orgogliosa di una città deturpata da cavalcavia, svincoli e sopraelevate di cemento armato. Seppur ripuliti da mendicanti e vacche, si tratta di obbrobri urbanistici e soprattutto delle barriere insormontabili per i pedoni. I sottopassi o passerelle pedonali sono stati praticamente dimenticati. O ci si arriva in macchina o non ci si arriva. Saranno pure necessari alla viabilità, ma cosi si trasforma una città a misura di auto e non più a misura d’uomo con buona pace delle industrie automobilistiche. “I flyovers eviteranno le code e faranno risparmiare benzina” ha detto Sheila annunciando trionfante che a novembre si potrà andare da Nehru Place fino all’aeroporto senza fermarsi a un semaforo. E anche senza vedere un fiore.

Yoga tantrico, ma che sarà mai?


Che l’India fosse un paese bacchettone, un po’ come da noi prima del 68, lo avevo capito. Ma non fino a questo punto. E’ successo che nel fine settimana mi trovavo a Rishikesh. Come al solito incuriosita dalla quantità di corsi di yoga, per cui Rishikesh è famosa nel mondo, sono finita in una lezione introduttiva di “Trika Yoga”, sottotitolo “esoteric yoga”. Intrigante, eh? L’orario, alle 9,30 del mattino mi andava bene, e poi come prima lezione era pure gratis. Mi aspettavo le solite contorsioni impossibili accompagnate da incomprensibili definizioni. Invece no, mi sono ritrovata davanti a una predica domenicale sulla corruzione della nostra società, sulla ricerca del materialismo, dell’esteriorità a discapito della conoscenza del nostro io. Parole che oggi neppure i preti di campagna più bigotti osano più pronunciare. Lo yogi, un giovane indiano, con British accent, era davvero un ottimo oratore. “Perché dedichiamo tanta attenzione al nostro corpo che è solo un involucro? E come se avessimo un mulo e invece di usarlo per trasporto, ce lo carichiamo sulle spalle tutto il tempo”. "Già ma lo yoga che c’entra?" mi sono chiesta abbastanza spazientita. Dopo la premessa Kushru Mistry è arrivato al punto. Yoga non è quello che si fa oggi “nelle palestre al ritmo dei Rolling Stones”, ma è una scienza esoterica, chiusa, accessibile solo a pochi adepti, “come la cabala per gli ebrei, il sufismo per i mussulmani e lo gnosticismo per i cristiani”. Lo yoga oggi sarebbe in via di estinzione, nonostante il proliferare di scuole e di maestri “che chiamano “yoga” una pratica che non è tale”. Chissà perché mi è venuta in mente la pizza, allo stesso modo ci vorrebbe una tutela della denominazione, ma l’esempio sarebbe stato irriverente. Secondo gli antichi maestri, “che avevano la pancia come vedete dalle foto appese qui ai muri” ogni "asana" (posizione) dovrebbe essere mantenuta per tre ore e 45 minuti in modo da mettere in contatto il nostro corpo con il resto dell’universo. Attraverso una certa posizione fisica e la concentrazione mentale attacchiamo la spina al sole o agli astri per ricevere l’energia di cui abbiamo bisogno”. Da ignorante come sono in materia, mi sono illuminata. Finalmente ho capito cosa è lo yoga, almeno credo. Ma il bello doveva venire. Dopo aver pubblicizzato il corso (ho visto dopo sul website che è una scuola internazionale ed è stata fondata da un ingegnere romeno che astutamente si è battezzato Swami Vivekananda, come il filosofo ottocentesco), Kushru ha detto che terrà anche un workshop di yoga tantrico, non incluso nel prezzo, di una settimana, dedicato a coloro (meglio coppie "così possono mettere a frutto subito quanto imparato") che vogliono potenziare la propria energia sessuale. “Qui non è come in Thailandia – ha detto con un certo imbarazzo – non posso insegnare certe cose senza che la gente mormori… non posso neppure mettere il corso sulle locandine…le voci corrono veloci qui a Rishikesh. Sappiatelo, inizia il 19 ottobre, costo 9 mila rupie, sono previsti anche dei filmati, ovviamente a casa mia…”. Di fronte al mio sguardo allibito poi ha aggiunto: “non sono porno, non preoccupatevi, è solo yoga!”.