Quelle dolci nebbie autunnali che avvolgono Delhi


Da ormai settimane New Delhi è avvolta da una coltre di foschia che i raggi solari non riescono a penetrare nemmeno nelle ore più calde del giorno. Alcuni dicono che sia un fenomeno stagionale, le famose nebbie autunnali di Delhi appunto…altri invece lo chiamano con il suo nome “smog”, che se ben ricordo è un neologismo londinese derivante da smoke e fog. Io sarei più propensa a pensare a questa ultima spiegazione visto il traffico folle di questi giorni, causato da migliaia di matrimoni, celebrazioni di vari santi e divinità e l’abnorme arrivo di diverse personalità da Henry Kissinger fino a Hosni Mubarak, passando per Bill Gates, l’ex compagno maoista Prachanda e il premier pachistano Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto. Tutti attirati dalla romantica bruma di Delhi.
L’odore dell’India sta decisamente cambiando. Le mie narici ne sanno qualcosa quando con lo scooter attraverso il famigerato tratto della tangenziale a South Extension, aggravato dai lavori della metropolitana, l’unica ancora di salvezza per chi riuscirà a sopravvivere in questi anni.
Dopo giorni di “nebbia” (senza rugiada perché siamo nella stagione secca) il Times of India è stato il primo a rompere il silenzio una settimana fa con un articolo in cui diceva che “le condizioni dell’aria erano ritornate a quelle dell’era pre metano”, ovvero a prima del 2002 quando a suon di sentenze giudiziarie il governo locale ha obbligato i taxi, autorisciò e mezzi pubblici a convertirsi al gas naturale. L’inquinamento è calato da allora, soprattutto quello del CO2. Ma con un ritmo di mille immatricolazioni di veicoli al giorno, l’emergere di nuovi yuppies con il culo sulle Mercedes, il moltiplicarsi dei cantieri e anche degli aerei che volano sopra la mia testa, beh, il cielo non ce la fa più di nuovo. Il problema sono ora le particelle inquinanti, ovvero polvere e pulviscoli vari mischiati con altri non precisati veleni per i polmoni. Il problema è che non esistono dei sistemi di misurazione, le famose centraline incubo di Milano, e quindi ognuno può dire quello che vuole. L’Unep (United Nations Environmental Programme), in uno dei tanti rapporti che avranno richiesto la distruzione di chissà quanti ettari di foresta, dice che la colpa è della “nube marrone” che vaga sopra sopra l’Asia. Non siamo solo noi a Delhi a soffrire della coltre fumosa, che tra l’altro toglie anche luminosità e caldo - quindi “compensando” il riscaldamento terrestre - ma anche altre metropoli come Mumbai, Karachi, Teheran e Pechino, dove secondo me ci sono ancora degli atleti delle Olimpiadi persi nella “nebbia”…

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