Adesso e' l'India a fare outsourcing negli Usa

A dieci anni dall'inizio del miracolo informatico indiano, che deve la sua fortuna al famoso Millennium Bug, il cerchio si chiude. Un po' come quando Ratan Tata si e' comprato la Jaguar, simbolo degli ex colonizzatori britannici.
I colossi dell'outsourcing, tipo Infosys e Wipro, hanno cominciato a 'delocalizzare'' negli Stati Uniti pescando mano dopera diventata ora a basso costo per via delle recessione.

In un'interessante inchiesta (vedi qui) dei giornalisti indiani rivelano i numeri dei nuovo fenomeno. Aegis (gruppo Essar) impiega gia' una decina di laboratori negli Usa con circa 5 mila informatici americani a libro paga e pensa di assumerne 10 mila in tre anni. Infosys, azienda simbolo del boom dell'high tech indiano intende impiegarne 1.500 entro il prossimo anno. Idem per TCS (gruppo Tata) e Wipro, gli altri due colossi dell'outsorcing che hanno i loro principali clienti proprio negli Usa.

Il verbo ''bangaloored'', coniato per gli ingegneri Usa licenziati dai loro manager che avevano scoperto i ''cyber coolies'' indiani, e' gia' fuori moda.
Gli indiani non usano il termine outsourcing ma ''assunzione locale di personale'' , una manna per i disoccupati americani disposti a lavorare a salari ''indiani''. Il fenomeno non e' solo ristretto agli Stati Uniti. Infosys ha annunciato qualche giorno fa un maxi investimento per aprire un campus a Shangai per 8 mila informatici, cinesi ovviamente.

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