SHEKHAWATI 5/ Mandawa, un hotel da favola e le invenzioni del secolo

   In un momento di follia, mi sono regalata un paio di giorni in un hotel ''heritage'', un gioiello di haveli trasformato in albergo, molto semplice e spartano. L'Hotel Mandawa Haveli, vicino alla ''porta di Sonathia'' e' un biju' che raccomando veramente. Con un minimo di 1.000-1500 rupie (20-25 euro) si entra in una favola da mille e una notte. Non quel lusso artificiale dei cinque stelle o quello pacattaro dei vari palazzi rajasthani con l'aria condizionata e la jacuzzi. Ma una esperienza emozionante di vivere in un autentica haveli.
    Ho voluto incontrare il proprietario Dinesh Dhabai, uno che cura personalmente ogni particolare, compresa l'accensione delle candele alla sera. Ha comprato l'haveli una ventina di anni fa e l'ha restaurata, facendo anche delle aggiunte piu' moderne. L'arredo e' semplicemente fantastico.
   La mia cameretta era al primo piano, divisa in due spazi, uno con il letto a una piazza e mezzo e un piccolo salottino con le tipiche finestre di legno con le borchie. E un'altra zona rialzata dove e' stato ricavato il bagno, diviso solo da una tenda. Le finestrelle colorate creano un caleidoscopio di colori.  Le camere si affacciano su un cortile completamente affrescato che di sera si illumina grazie a lampade e lumi.
   Gli affreschi piu' belli, sono purtroppo su un muri esterno che viene usato come retro della cucina. Ci sono delle scene di kamasutra, tra cui anche quelle tra una coppia di cammelli e una di elefante. Peccato sono molto sbiadite. Tra le altre scene c'e' quella di una donna che partiorisce e del primo treni a vapore.
   Sui muri di Mandawa sono dipinte anche le invenzioni dell'epoca. Gli esempi piu' belli sono sulla Bhinsidar Newatia Hevali, una fatiscente haveli posseduta da una banca che non sembra molto interessata a preservare il patrimonio che occupa). C'e' il telefono, la bicicletta e perfino il primo volo dei fratelli Wright! Curioso, davvero...erano le notizie che arrivavano dall'Occidente...

SHEKHAWATI 3/ I vitelloni e ''150 la gallina canta''

   Mandawa, il piu' frequentato dei posti nello Shekhawati, e' piena zeppa di turisti in questa stagione. Siccome il posto e' piccolo, e' praticamente impossibile fare un passo senza che qualcuno ti chieda se vuoi visitare le haveli, se hai bisogno di un hotel o semplicemente di una guida. E' un po' asfissiante questa finta cortesia. Il Rajasthan non e' di fatti tra i miei posti preferiti in India proprio per questo ''assalto al turista''.
   Con una donna da sola e' ancora peggio. A volte rifiuto con gentilezza, altre volte mi scappa la pazienza e rispondo male, soprattutto quando sono concentrata sulle foto e mi bombardano con domande tipo dove sto, con quale mezzo sono arrivata, quando parto, quanti anni ho, dove sono i miei amici, eccetera. Insomma una schedatura che purtroppo non e' quasi mai disinteressata. Ma serve per capire le ''esigenze'' del cliente e offrire quindi servizi su misura.
   A Fatehpur (a 30 chilometri da Mandawa), stavo comprando una semplice crema perche mi sono scottata in moto, e sono arrivata al punto da allungare dei soldi a un ragazzo che aveva deciso seguirmi, pur di levarmelo di torno. A volte si offendono perche' in Rajasthan c'e' una mentalita' molto conservatrice e le donne sole vanno protette secondo loro, come per i mussulmani. Ma non avevo altra soluzione. Essere maleducati e' l'unico modo: dopo un po' la voce circola che sono ostile e si limitano a salutarmi da lontano.
   La mia irritazione verso questi ''vitelloni'' rajasthani aumenta poi quando ti approcciano parlando in Italiano. Chissa'... quasi sicuramente facevano cosi' anche i vitelloni nostrani con le tedesche a Rimini negli anni Sessanta. Sono estramente scaltri, quasi sempre azzeccano subito la tua nazionalita' appena metti piedi in paese, anche nel caso mio, che non ho autisti, prenotazioni o comitati di accoglienza.
    Vorrei poi capire, anzi non-so-cosa-pagherei per sapere chi diavolo e' che ha disseminato qui in India la filastrocca ''Centocinquanta la gallina canta''. Quando viaggio nei posti piu' turistici mi capita con abbastanza frequenza di trovare in giro dei ragazzi giovani che appena ti vedono ripetono la strofa come dei robot, senza peraltro saperne il significato. Penso che in Italia pochissimi bambini conoscano questa vecchia filastrocca...io stessa non me la ricordavo piu' e sono andata a recuperare il testo (eccolo qui) per capire se c'era qualche recondito legame con l'India. Lancio qui un concorso per scoprire le origini della diffusione di ''150 la gallina canta'' nel subcontinente indiano....

Yamuna gemellata con Elba, bravi i tedeschi!

Chi poteva avere il coraggio civico di fare una mostra d'arte e dei concerti sulle rive della Yamuna a New Delhi? Soltanto i tedeschi con la loro profonda coscienza ecologica. Il fiume che attraversa la capitale, un affluente del Gange, e' una cloaca dove non c'e' piu' vita da decenni ormai. Sono soltanto liquami in pratica. Le sponde ci sono, per fortuna, ma sono abbandonate. Come e' abbandonato anche un progetto dell'amministrazione locale di fare un parco, chiamato Golden Jubilee Park, vicino a un ponte di ferro costruito dagli inglesi cent'ani fa, che e' anche il' piu' vecchio ponte sulla Yamuna. Una meraviglia dell'ingegneria civile e simbolo della prima industrializzazione che ancora oggi serve sia per auto che per i treni (e' su doppio piano). Ebbene in questo spiazzo, per fortuna non cementificato, il ministro della Cultura tedesco e il Goethe Institute hanno montato una mostra ''Project Y. A Yamuna-Elbe Public Art and Outreach Project'' (vedi qui), che in realta' e' un gemellaggio con il fiume Elba che attravera Amburgo.

Ho passato una piacevole domenica pomeriggio a guardare le installazioni, tra cui una ''terrazza'' panoramica sul fiume, proiezioni sulla vita dei pescatori e altre sculture simboleggianti l'inquinamento e la sofferenza del fiume. Tra gli artisti indiani anche il keralese Gigi Scaria che ha partecipato alla Biennale di Venezia nel padiglione dedicato per la prima volta all'India con un ''Elevator from the Subcontinent''.

Alla sera poi le installazioni si sono illuminate e cosi' anche il ponte di ferro. Se non fosse per i liquami sottostanti e l'odore di fogna...sembrava quasi romantico, come stare al Valentino, sul Po a Torino o sulla Senna a Parigi.

SHEKHAWATI 2/Una francese a Fatehpur, l'haveli di Nadine

A circa 30 chilometri da Mandawa, che e’ la piu’ frequentata dello Shekawati, c’e un'altra citta’ ricca di haveli, e’ Fatehpur. Piu’ grande, con un centro storico che sembra un labirinto e decisamente piu’ caotica e sporca, e’ un altro dei crenti decaduti della via della Seta. La maggiore attrazione qui e’ una haveli acquistata oltre dieci anni fa da un artista francese, Nadine Le Prince, (vedi qui) una raffinata signora ora di 65 anni che fa la spola tra Parigi e lo Shekawati, che ha un antenato associato con Diderot e - chissa’ come - si e’ innamorata di questo angolo remoto del Rajasthan a tal punto da comprare e restaurare uno di questi palazzi abbandonati.
   Onestamente mi fa sempre un po’ impressione qualndo il patromonio storico di un paese finisca nelle mani di stranieri, anche se per una buona causa. Ma – come mi hanno spiegato qui – meglio cosi’ che abbandonare all’oblio questi tesori.
   L'haveli e' un po' fuori dal centro e la visita costa un po' delle altre, 200 rupie a testa. Nel tour mi ha accompagnato una giovane laureanda francese di arte e comunicazione che sta facendo un internship di tre mesi. Abita nell'haveli insieme ad altre ragazze giovani e meno giovani che intravedo. Nadine non c'e', mi dice, arrivera' a fine gennaio.
   Sara' forse perche' e' alla fine del suo periodo, ma non mi sembra molto entusiasta nel raccontarmi la storia dell'edificio. E' stato comprato nel 1999 da discendenti di una famiglia di commercianti che ora vivono a Calcutta, cosa abbastanza insolita perche' non e' facile per stranieri acquistare proprienta immobiliari qui in India. ''Siccome c'erano solo 4 eredi e' stato abbastanza facile'' mi spiega. La maggior parte degli affreschi sono stati restaurati, ma rimane ancora qualche originali sui muri alti e sotto le tettoie. La costruzione risale al 1802 e ha una pianta tipica delle haveli: un primo cortile circondato da una veranda per ricevere i visitatori e da una saletta dove gli ospiti si riposavano. E un secondo cortile, privato, dove vivevano mogli e figli. Gli affreschi nel cortile pubblico erano piu' giocosi e allegri, con molte danzatrici e ''intrattenitrici'' del padrone, ritratto anche lui. Mentre nel secondo cortile i soggetti sono relativi a imprese di guerra e scene mitologiche, perche' mi spiega la mia giovane guida ''servivano all'istruzione delle donne che erano recluse per tutto il tempo tra quelle quattro mura''.
   Oltre a essere una meraviglia per lo stato degli affreschi, l'haveli e' interessante perche' e' completa'', ovvero ci sono anche le stalle e gli spazi dove alloggiavano le carovane, oltre al ''garage'' per le carrozze. In un edificio, Nadine ci ha fatto un esibizione di opere d'arte sue e di altri artisti indiani. Qua e la' ci sono oggetti d'epoca, tra cui un antico palanchino, un arcolaio e una magnifica carrozza ancora intatta. Insomma e' un tentativo di fare un museo della cultura delle haveli..che tanto manca.
   L'unico vero e proprio museo esistente nello Shekhawati e' quello di Ranmath A. Podar, nella citta' di Nawalgarh, dove ho passato una notte. La famiglia Podar, (vedi qui) associata con il Mahatma Gandhi, fanno parte di quegli industriali ''illuminati'' in India. Ha aperto molte scuole e ospedali e i discendenti ancora si occupano nella casa di famiglia, anche se non ci abitano piu'. C'e' una giovane ragazzo, Rahul, come guida, molto in gamba che ha una venerazione per i proprietari dell'haveli. Il museo e' interessante, perche' e' storico-etnico, con molti particolari sulla ricca cultura del Rajastham, tra cui i turbanti, le feste, i matrimoni e i gioielli.

SHEKHAWATI 1 / Sic transit gloria mundi

Sono nella regione dello Shekhawati, nel Rajasthan nord orientale, una parte un po' fuori dal classico percorso turistico, ma che nel ''Rinascimento indiano'' era sulla via della Seta, quindi un punto di passaggio per i carovanieri provenienti dai porti del Mar Arabico e diretti nelle citta' della pianura del Gange. Di sicuro qui giravano i soldi, non si potrebbe spiegare la ricchezza delle ''haveli'', le case signorili completamente affrescate, che sono la principale attrazione. A Mandawa, dove il patrimonio e' stato per fortuna piu' preservato, mi trovo in una haveli convertita in un hotel e ovviamente di grande fascino per i tipici affreschi di questa regione. I ricchi uomini di affari dello Shekhawati avevano senza dubbio un amore per l'arte a tal punto che e' nata una scuola di pittura locale. Per fortuna, molto e' stato preservato alle razzie dei vari invasori, specie dai mughal che qui non sono mai arrivati. Forse sono state le scarse comunicazioni a salvare questo angolo di Rajasthan. Ancora oggi arrivare qui e' un'impresa, una specie di rally nel deserto, per lo stato delle strade. Ma meglio cosi'... Mi immagino con curiosita' quale bellezza doveva essere stata la citta' nel 1700 e 1800, come vivevano i residenti di queste case e poi il declino con l'arrivo degli inglesi che hanno preso in mano il commercio e aperto altre rotte. E i commercianti dello Shekhawati se ne sono andati a Mumbai e Calcutta lasciando indietro le loro belle e ricche magioni. ''Sic transit gloria mundi'', come dice il detto latino rispolverato di recente dall'ex premier italiano a proposito della caduta di Gheddafi e diventato valido anche per lui. E' andata cosi'. Il dramma e' pero' che la caduta dalla gloria dei tempi d'oro dello Shekhawati purtroppo non si e' ancora arrestata e che il patrimonio locale e' a rischio di finire nelle mani rapaci dell'industria turistica. Il castello di Mandawa ne e' un esempio. Meta' e' stato trasformato in hotel di lusso, dedicato soprattutto ai viaggi organizzati (adesso e' pieno, e' alta stagione, soprattutto turitisi da UK), l'altra meta' giace abbandonata. Mi hanno detto che la proprieta' era stata divisa un secolo fa tra due litigiosi fratelli discendenti del potente del loco. Mentre uno ne ha fatto un albergo, l'altro l'ha ceduta a una famosa catena alberghiera indiana, che non ne ha fatto nulla. Cosi' meta' del castello e' stato ridipinto di bianco e l'altro e' rimasto come era in origine, molto meglio direi, ma nella completa incuria. Questo e' quanto ho visto dal cancello aperto, perche' una guardia mi ha chiesto 250 rupie per la visita all'albergo, comprensiva di un ''drink'', come mi e' stato detto. E' il primo caso di biglietto di ingresso in un hotel, ma capisco che in effetti mantenere questi gioielli di architettura ha un costo altissimo.