Gwalior, le tigri impagliate e i talibani di Aurangzeb


Ogni tanto ho veramente l’impressione che viaggiare in India sia come entrare in un libro di avventure, come il Kim di Kipling, pieno di luci abbaglianti, di profumi di incensi e di manghi, delle urla della folla e di personaggi dai costumi incredibili come a teatro. Da piccola fantasticavo sull’Oriente misterioso, ma mai avrei creduto di finirci dentro nell’anno 2008.
Ho preso un treno per Gwalior, una delle città nobiliari, nello stato del Madhya Pradesh, ma nei secoli facile preda dei guerrieri islamici venuti dal nord e dei potenti maharaja venuti dal sud. Il suo massiccio forte, 10 chilometri di mura, che sorge su un altipiano, è stato conquistato e riconquistato decine di volte. Il marahaja Man Singh ci ha costruito nel 1500 un bel palazzo 1500 dai colori blu, giallo e verde sgargianti ancora in parte visibili. Sembra uno di quei castelli delle fate di Disneyland. La pietra arenaria, marrone chiaro di qui ben si adatta a essere lavorata. Dentro ci sono due cortili molto graziosi con pavoni, leoni e elefanti scolpiti. Il secondo piano, di sotto, dove c’è un pozzo, è stato trasformato in una prigione dai moghul. La leggenda dice che ci è morto Murad il fratello dell’imperatore Aurangzeb. Adesso è una stanza piena di pipistrelli. Ci sono poi molte rovine suggestive e un paio di templi dedicati a Visnù e Shiva, ma con le teste sfigurate dai “talebani” della “Santa Inquisizione” di Auranzeb che, a quanto pare andavano in giro per il Nord dell’India a demolire templi indù o a coprire con il cemento facce e nudità. Su un costone del forte ci sono delle mega statue di profeti Jain scolpite nella montagna, tipo Bamyam afghano, sfigurati anche quelli. Ad uno hanno ricostruito la faccia, ma con un naso schiacciato da negroide.
Il pezzo forte di Gwalior è il palazzo degli Scindia i signori venuti dal Maharshtra che per ultimi hanno conquistato la città resistendo ai britannici, il che non è poco. Ora sono una dinastia politica del Congresso. Il giovane Scindia è da poco entrato come ministro nel governo e quindi sta a Delhi.
Non ho capito di quali traffici vivevano, ma il palazzo riflette una certa opulenza. A parte i giganteschi candelabri, vetri di Murano, cineserie e una collezione di fucili mascherati da bastoni da passeggio, mi ha fatto un certo effetto la vetrina dei trofei di guerra, con gigantesche tigri imbalsamante e addirittura una testa di rinoceronte. E poi il trenino elettrico con sette vagoni, uno per ogni lettere di “scindia” per portare i brandy e i sigari sul tavolo da pranzo da cento posti.
Ma la chicca di questo primo giorno di viaggio è stato Suresh, un artista che abita a Delhi incontrato sul treno. Era diretto a Goa con la sua compagnia per fare uno spettacolo ad un matrimonio di gente ricca ovviamente. Per inciso Delhi -Goa sono quasi 35 ore di treno, se va bene, e lui si lamentava che non gli avevano pagato il viaggio in Ac, aria condizionata. Comunque la sua performance consiste nel ballare il kathak con nove vasi di terracotta sulla testa. Mi ha fatto vedere le foto di lui truccato come una donna con la pila di anfore, l’ultima con una candela accesa. In un curioso baule cilindrico alto un metro e mezzo, che è rimasto davanti alla mie ginocchia per le 4 ore del viaggio a Gwalior, trasportava gli attrezzi del mestiere. Se non è una favola questa….

Nessun commento: