Diario da Istanbul/1- Dieci giorni dopo il golpe, la citta' è tappezzata di bandiere

Istanbul, 25 luglio 2016
   Dalla terrazza del mio ostello a Sultanahmet si vede il ponte sul Bosforo dove dieci giorni fa si e’ scritto un nuovo capitolo nella storia della Turchia. Questa citta’ sorge su una delle faglie del pianeta dove le grandi civilta’ religiose si scontrano di tanto in tanto come le zolle tettoniche.
   Sono arrivata all’alba quando Istanbul si stava risvegliando in una luce che sembrava filtrare dalle tende rosa di un’alcova. Quanto e’ seducente e sensuale questa citta’ con i suoi minareti e i grattacieli che spuntano dalle morbide curvature delle colline! E’ una citta’ che mi da emozioni come Gerusalemme, anche quella sulla stessa spaccatura dell’umanita’.
   Il fallito golpe, con la sua scia di sangue, ha scatenato un’ondata di patriottismo. La citta’ e’ tappezzata da bandiere rosse con la mezzaluna. Il vento che soffia forte oggi le fa sventolare dai monumenti, ponti, negozi, balconi, taxi e perfino sui mezzi della raccolta rifiuti. Alcuni indossano T-shirt con la bandiera nazionale.
   Sembra che la Turchia abbia vinto gli Europei non che abbia sventato un golpe. Eppure, leggendo i giornali, c’e’uno stato di emergenza e le epurazioni continuano. Ho fatto un giro al Grand Bazar e poi nello spiazzo tra la Moschea Blu e Hagia Sophia.La presenza della polizia e’ la stessa di quella di giugno, quando ero qui prima dell’attentato all’aeroporto.
   Non ci sono turisti occidentali, ma ci sono indiani e asiatici. Il Grand Bazar era vuoto, quello si’, ma magari non e’ stagione di shopping, e poi non so se e’ un posto dove va la gente di Istanbul, e’ molto caro. C’era invece molta gente nelle strade intorno e nelle lokantasi, nelle locande dove cucinano i kebab. Dopo il golpe, i mezzi di trasporto, tram e ferry, sono gratuiti. Un marocchino che e’ nel mio stesso ostello ne ha approfittato per vedere le periferie. Istanbul e’ una megalopoli da 18 milioni di abitanti, grande come New Delhi. Quella visitata dei turisti e’ una minuscola parte.
   E’ soprendente come tutto sia normale, almeno qui a Sultanahmet, e come la gente ne parli apertamente e anche con un po’di rassegnazione. Ovviamente la maggiore preoccupazione qui e’ il crollo del turismo, ma non si avverte un senso di disperazione. C’e’ una abitudine, lo si sa che e’ cosi’ quando si nasce e si vive in una citta’ sulla faglia piu’ pericolosa del mondo.

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