Sri lanka, quando di giornalismo si muore

Ho ritrovato questa poesia nell'editoriale postumo del direttore di "The Sunday Leader", Lasatha Wickramatunga, che è stato assassinato a Colombo il 9 gennaio.

Prima vennero per i comunisti, e non alzai la voce, perché non ero un comunista.
Quindi vennero per gli Ebrei, e non alzai la voce, perché non ero un Ebreo.
Quindi vennero per i sindacalisti, e non alzai la voce, perché non ero un sindacalista
Quindi vennero per me, e a quel punto non vi era rimasto più nessuno che potesse alzare la voce per me.

Martin Niemoller (1892-1984)



La mummia di Jaipur


Approfittando del lungo ponte del Republic Day sono andata a fare un giro a Jaipur, la città rosa del Rajasthan che sta lentamente emergendo dallo choc delle bombe dello scorso maggio. Sono stata sorpresa dal pienone di turisti indiani venuti qui per il finesettimana. Sono solo 250 km circa dalla fredda e nebbiosa Delhi, ma sembrava di essere ai tropici. Non avevo una meta precisa, sono andata un po’ in giro approfittando della compagnia di Calogero, orafo siciliano cresciuto a Valenza che ha fatto di Jaipur la sua seconda casa e fonte di ispirazione per la sua arte. Ho assistito a un paio di serate al Festival della Letteratura, salotto intellettuale anglo-indiano, e poi anche ad una finale di polo sponsorizzata dall’onnipresente Vodafone e presenziata dal vecchio maharaja di Jaipur. Poi sono andata a zonzo per musei e palazzi. Mi sono ritrovata quasi per caso all’Albert Hall Museum, un palazzo in stile saraceno con le cupole mughal che è stato restaurato e riaperto lo scorso anno. E’ stato creato come museo privato dall’allora maharaja Ram Singh nel 1876 che, per ingraziarsi i nuovi padroni, lo dedicò al marito della regina Vittoria e padre del futuro Edoardo VII, a cui è toccato posare la prima pietra. So queste cose perché all’ingresso ho affittato una guida audio con auricolari.
Un po’ dappertutto, da Calcutta fino a Mysore mi è capitato di vedere le collezioni private di maharaja e nawab, spesso un trionfo del kitsch e di improbabili bizzarrie come il trenino elettrico da tavola per servire i digestivi che ho visto nel palazzo di Gwalior.
Questa volta però sono rimasta a bocca aperta. Nella sala “dedicata” all’Egitto c’era una mummia! Era dentro un sarcofago protetto da una bacheca abbastanza ordinaria per un contenuto così prezioso. Pare risalga a 2300 anni fa e secondo alcuni è una delle più vecchie mummie esistenti. Sul sarcofago sono dipinti geroglifici e un‘immagine di Anubis, dio dei morti. Era stata comprata dal maharaja nel 1887 direttamente al Cairo dove il “commercio di mummie era cosa abbastanza normale” come ha precisato la voce dell’audio guida mentre osservavo incredula il corpo fasciato, pare di una donna, affiancato da due enormi statue, anche quelle, penso, importate dall’Egitto. Immagino il lungo viaggio del sarcofago via mare e poi l’arrivo nel museo a Jaipur chissà come….Penso ai bambini indiani che vedono per la prima volta una mummia in carne e ossa…dopo avere visto l’interminabile serie dei film The Mummy. Ma penso soprattutto agli indiani e al loro rapporto con la morte, la cremazione, la dispersione delle ceneri e la reincarnazione. Chissà cosa pensano di quel cadavere rimasto intatto per 2300 anni…

PUBBLICITA’: Baba Gosh, il guaritore di Palolem


Ammetto che ho sempre considerato Baba Gosh, il santone guaritore di Palolem, un fenomeno da baraccone. Dopo tanti anni in India e dopo aver ascoltato pazientemente decine di sadhu, yogini, sanyasi, la mia fede nella scienza occidentale non si è scalfita nemmeno di un millimetro. Ora però comincia a scricchiolare. Ero a Palolem per la fine dell’anno. E’ la spiaggia più bella di Goa. Si trova all’estremità meridionale dell’ex colonia portoghese. E’ una spiaggia tropicale da cartolina, una mezzaluna lunga un paio di chilometri, piena di palme e sabbia dorata, con a lato un isolotto che la ripara dalle turbolente onde del Mar Arabico. A nord dell’insenatura, alla foce di un fiume, in uno spiazzo sopra alcune rocce vive il mio amico Gosh, un olandese di Suriname, che da circa 30 anni esercita la professione di guaritore su questo angolo di spiaggia. In realtà è un ex monaco buddista che ha sviluppato una propria tecnica di Reiki, così ho capito. E' poi specializzato in erbe medicinali e gemmologia. da circa due anni utilizza come suo strumento di guarigione una sorta di pistone di acciaio che contiene all’interno diversi elementi “magici” tra cui anche dell’acqua di Lourdes. Si chiama the “key of life” e ha come sua proprietà principale quella di rendere potabile l’acqua. Nelle trattorie di Palolem, popolate da italiani che svernano qui, si narra che una volta Gosh mise il suo amuleto in un bicchiere di vino acido che diventò buono come del barolo delle Langhe. Purtroppo non ho fonti di prima mano su questo miracolo del vino. Una replica in miniatura del “pistone”, da mettere al collo sottoforma di ciondolo, è anche in vendita. Inoltre Gosh organizza dei corsi collettivi di Vipassana (dieci giorni senza parlare) nella giungla sopra la sua abitazione e vari ritiri spirituali in cui bisogna muoversi lentamente, come al rallentatore. Lo so che detto così è irriverente, ma sono completamente ignorante in materia e purtroppo non ho ancora avuto il coraggio di provare. Anche se sono molto curiosa.
Comunque io lo ammiro. Una volta mi ha detto che a lui “basta leggere i giornali tre volte all’anno per essere informato”. Purtroppo temo abbia ragione.
Quando sono arrivata a Palolem il 29 dicembre avevo un forte mal di stomaco. Non mandavo giù nulla di solido da quattro giorni. Probabilmente avevo mangiato del formaggio avariato dal frigo della mia amica Giorgia che ho aiutato a traslocare. Febbricitante mi sono trascinata all’estremità della spiaggia. Ho trovato Gosh con la sua nuova fidanzata, una splendida tedesca ventenne (“sono innamorati” mi hanno detto tutti) che stava praticamente “celebrando” un matrimonio di un’anziana coppia. La scena era tenerissima, lui in perizoma che benediceva i due nonnetti, probabilmente dei “figli dei fiori” una quarantina di anni fa a Goa. Appena mi ha visto è venuto subito a salutarmi. Ha imposto le mani sull’imboccatura del mio stomaco e poi ha chiuso gli occhi mormorando qualcosa. Poi mi ha somministrato una scodella di acqua e limone dove ha immerso il “pistone” per alcuni secondi. Beh, il giorno dopo il mio apparato digerente ha iniziato a funzionare…Purtroppo non sono ritornata a ringraziarlo. Ricambio con questa pubblicità. Se vi capita, andate da Baba Gosh!