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Sonia Gandhi abdica, ma Rahul e` davvero pronto a guidare il Congress?

New Delhi, 18 dicembre 2017

   Finalmente Rahul Gandhi, il principe riluttante come lo ha chiamato la stampa indiana, ha assunto il comando del partito del Congress. Sua madre Sonia Gandhi, la bella italiana sposata da Rajiv Gandhi nel 1968, ha abdicato lasciando l`eredita` dello storico partito nelle mani del primogenito. Ma Rahul e` davvero pronto dopo 14 anni di apprendistato?
   Era scontato che il rappresentante della quarta generazione di statisti prendesse il potere del partito di famiglia che fu anche del Mahatma Gandhi, per caso stesso cognome ma niente parentela. Non si sapeva pero` quando ci sarebbe stato il passaggio generazionale di potere. Da anni lo si prevedeva. Il `giovane` Rahul, che continua a essere chiamato tale anche se ha 47 anni, e` stato l`artefice della campagna elettorale contro il premier Narendra Modi nel 2014, finita in una debacle senza precedenti per il Congress.
Tentativo di intervistare Rahul Gandhi durante la campagna elettorale ad Amethi - Maggio 2014  (Foto scattata da un collega della stampa locale)  

   Di passo con l`indebolimento fisico di Sonia, afflitta da una malattia che la costringe a frequenti cure negli Usa, `RaGa` era già di fatto da alcuni anni il vero boss al numero 10 di Janpath. Le strategie elettorali e le alleanze erano di sua competenza.
   Il perché non abbia deciso di fare il `grande passo` prima rimane un mistero, uno dei tanti che avvolge la famiglia Gandhi. Si dice appunto che non fosse sicuro di dedicarsi alla politica, che fosse stato costretto dalla madre, lei stessa recalcitrante di fronte al potere, che avesse bisogno di imparare il mestiere. Dal suo ingresso in politica nel 2004 quando fu eletto nello stesso collegio elettorale di Amethi, che fu del padre Rajiv assassinato nel 1991, e` passato molto tempo. Si e` fatto le ossa sul campo viaggiando in lungo e in largo, incontrando la `gente` delle campagne e riorganizzando la base del partito.
   L`ascesa politica e` stata lentissima. Dapprima si e` occupato dell`ala giovanile, poi della riorganizzazione della base del partito. Nel 2013 e` diventato vicepresidente e ha lavorato a fianco della madre, sostituendola quando lei non poteva per motivi di salute.
   Ma e’ proprio da quell`anno che Rahul infilza una serie clamorose di sconfitte politiche culminate con la debacle del 2014, quando il Congress raggiunge il suo minimo storico non riuscendo neppure ad avere quel 10% in Parlamento che gli permette di essere il partito dell`Opposizione, il governo ombra. Di fronte a una batosta del genere, in un`altra parte del mondo, i Gandhi si sarebbero fatti da parte, o per lo meno Rahul avrebbe dato le dimissioni. Ma il partito del Congress, uno dei più` longevi al mondo essendo stato fondato nel 1885, e i Gandhi sono una cosa sola.
   Pochi giorni dopo essere incoronato, Rahul ha perso anche in Gujarat e in Himachal Pradesh, dove ieri si e` tenuto lo spoglio delle elezioni regionali. Il primo e` lo Stato di Modi (ma anche del Mahatma Gandhi), il secondo era guidato dal Congress, e quindi si e` trattato dell`ennesima perdita. In un tweet Rahul ha detto di aver combattuto con `con dignità` e decenza`. La stampa indiana lo ha visto piu` `maturo` nella campagna elettorale, e lo proietta ora come serio contendente di Modi nel 2019. Ma in politica ci sono solo vincitori e sconfitti, non c`e` molto posto per chi crede come il barone de Coubertin che "l`importante e` partecipare".
   Un`altra pecca che Rahul si trascina dietro da tempo e` la comunicazione mediatica. Dopo la disastrosa intervista televisiva con Arnab Goswani (Times Now) evita di esporsi troppo a domande indiscrete, per esempio sulla sua vita privata. Questa e` l’intervista esclusiva che ha dato al National Herald (giornale fondato dal bisnonno Jawaharlal Nehru) dopo la sua elezione in cui parla di democratizzare il partito e di portare `volti nuovi` in politica. Il suo intento e` lodevole ma sembra bizzarra sulla bocca del nipote di Indira Gandhi e pronipote di Nehru.

Rahul è tornato a casa dopo due mesi, ma il mistero continua

New Delhi, 17 aprile 2015

E' tornato Rahul Gandhi dopo 56 giorni di 'sabbatico' come lo chiamano.  Dove è stato? Che ha fatto? Niente, non si sa!  Nonostante i media indiani gli abbiano dato la caccia per tutta la mattina, non hanno neppure una foto. Stamane i giornali pubblicano delle immagini sfocatissime di lui dietro i finestrini dell'auto. Si vede un pezzo di viso, con la barba da radere, sorridente, dietro i riflessi del vetro. La foto su Indian Express mostra anche i suoi due cani che, evidentemente, lo hanno accolto all'aeroporto dove - sembra - sia arrivato (si dice da Bangkok).
La madre Sonia e la sorella Priyanka la hanno aspettato a casa sua per un'oretta per dargli il benvenuto, una scenetta ben orchestrata...il ritorno del figliol prodigo.
Con tutta questa segretezza, da regime nordcoreano, è ovvio che i media e i social si sono scatenati in una gamma incredibile di speculazioni e anche di sarcasmo. Con tutto il rispetto per la privacy del numero due del Congress, è inevitabile che una così misteriosa assenza alimenti una ridda di gossip.
Se è vero che è andato a fare un corso di vipassana o meditazione, non sarebbe stato meglio dirlo?
Comunque, per tutta la giornata di ieri, il ritorno di Rahul  ( ) è andato forte su Twitter.
La palma va a Omar Abdullah, ex chief minister del Kashmir e alleato del Congresso: BREAKING : Sonia Gandhi recharges the subscription of Pogo Channel.

Ma dove è finito Rahul Gandhi?

New Delhi, 7 aprile 2015
   Ormai da settimane il passatempo preferito  negli ambienti della politica (e non solo) e’ di fare battute sulla ‘scomparsa’ di Rahul Gandhi.  Il figlio 44enne di Sonia Gandhi, rimasto ancora scapolo, cosa molto sospetta per la bacchettona societa’ indiana, ha detto a fine febbraio di “volere prendere un periodo di riflessione” dopo l’ennesima sconfitta elettorale a New Delhi dove il Congresso e’ stato letteralmente azzerato.
   Nessuno sa dove sia andato, molto probabilmente all’estero. Si dice che sia in Thailandia in vacanza, o che stia facendo un corso di vipassana sull’HImalaya.  Le barzellette su di lui si moltiplicano. Il suo partito e’ sotto shock e non sa che dire di fronte alle facili provocazioni lanciate ogni giorno dal partito di governo. Un politico del Bjp ha detto che e’ piu’ facile prevedere le eclissi che sapere dove  e’ Rahul. Perfino un'agenzia di stampa internazionale come Reuters si sta occupando del mistero. (leggi qui)
   Ad Amethi, nel suo  collegio elettorale e feudo di famiglia, il Bjp ha attaccato dei manifesti  con la scritta “missing”.
  Il dramma e’ che il  vicepresidente del Congresso se ne e’ andato quando iniziava una seduta del parlamento sulla legge Finanziaria e in un momento di grande attivita’ politica.  Hanno detto che ritornera’ il 19 aprile per una protesta dei contadini e alcuni dicono persino che prendera’ la guida del partito.

  Intanto la madre Sonia  ha dovuto in questo periodo limitare i danni cercando di calmare le irritazioni interne di alcuni leader che gia’ prima non avevano un buon rapporto con il numero due.  Anzi secondo questa interessante analisi di  India Today  (leggi qui), c’erano stati degli screzi tra madre e figlio. 

Elezioni 2014/ Amethi, la diroccata roccaforte di Rahul Gandhi

Amethi, 7 maggio 2014
Per una sorta di par condicio, dopo aver visto il regno di Modi, sono venuta in uno dei feudi elettorali dei Gandhi, il collegio di Amethi, dove e’ candidato il giovane Rahul, il figlio di Rajiv, nipote di Indira e pronipote di Jawaharlal Nehru. Se ci metti che da qui e’ passato anche lo zio Sanjay, morto in un incidente di aereo proprio quando stava per ereditare lo storico partito e anche sua moglie Maneka (per il Bjp), si capisce l’importanza di questo posto sperduto nelle campagna tra Lucknow e Varanasi.
Amethi e’ un paesone agricolo con una miriade di ‘frazioni’, ha una unica grande industria, la Hindustan Aeronautics Limited (Hal) e un policlinico ‘modello’, il Sanjay Gandhi Hospital in Mushiganj, costruito dalla famiglia Gandhi con annesso una ‘guest house’ dove gli stessi Gandhi pernottano quando vengono in visita qui.
Ci sono soli due posti dove dormire, entrambi di scarsa qualita’. Io sono stata al Sai Dham Hotel, che e’ quello meno caro e che e’gestito da un fan di Rajiv Gandhi. Ci sono delle foto di lui e di una Sonia giovanissima dietro il banco della reception.
Onestamente mi aspettavo di trovare un po’ di differenza...che ne so, un po’ piu’ di pulizia in strada, una pittata ai muri e qualche buca in meno. Un po’ piu’ di illuminazione in strada. Almeno prima delle elezioni. Invece no, e allora capisco quelli che mi hanno detto che stavolta Rahul non lo votano.
Il “principino”, come lo chiama ironicamente Narendra Modi, ha passato la giornata del voto saltando di seggio in seggio come un grillo. Una pratica che ha sollevato anche qualche perplessita’ dal puntodi vista del codice di condotta che vieta la campagna elettorale nelle 48 ore precedenti la chiusura delle urne. 
 In una di queste visite, in mezzo alla campagna, l’ho inseguito e sono riuscita anche a parlargli, come si vede da questa curiosa foto che ha scattato un collega.
Come si vede qui di fianco, lo avevo appena salutato con un “ciao, come va?”, che lo ha probabilmente sorpreso e sicuramente divertito. L'ultima cosa che si aspettava in quel posto e' una voce italiana. “Quite busy today...” mi ha riposto con ironia. E poi e’ salito in auto, tra un codazzo di guardie del corpo ed elettori che cercavano favori dell’ultimo momento.     

L'ascensione di Sonia


Alcuni colleghi mi avevano preso in giro per la mia ossessione su Rahul Gandhi, il figlio di Sonia emerso come la star di queste elezioni che hanno visto il Congresso di sua madre, suo padre, sua nonna e suo bisnonno, ritornare in grande spolvero a governare l’India del boom economico. La maggior parte dei pezzi che ho fatto, compresa un’intervista, erano in effetti su di lui. Non ho mai creduto nel fenomeno Mayawati, la cosiddetta regina degli intoccabili, “inventato dalla stampa occidentale” come mi disse un politico e che di fatto si è sciolto negli oltre 40 gradi della calura di Delhi. Panorama scriveva in un articolo firmato Giovanni Porzio che “mentre la dinastia dei Gandhi imbocca il viale del tramonto, nella democrazia più grande del mondo scendono in campo gli intoccabili e i tecnocrati”. Certo, siamo stati tutti ingannati dai sondaggi che davano in declino Congresso e il rivale Bjp, però è stata una bella cantonata. Altro che viale del tramonto. Sonia Gandhi è ormai avviata verso la santità politica dopo la beatificazione del 2004 quando rinunció al potere. E’ la sua apoteosi. Ha perfino ricevuto come “regalo”, si fa per dire ovviamente, la testa di Velupillai Prabhakaran, il leader delle Tigri Tamil che nel 1991 dalla giungla di Jaffna aveva inviato uno squadrone della morte in Tamil Nadu per uccidere il marito Rajiv e punirlo per il suo sostegno al governo cingalese.
Si può dire quello che si vuole, ma è innegabile che gli oltre 250 comizi in un mese di Rahul nelle roventi campagne dell’India, sono serviti a qualcosa. I giovani, ricchi e poveri, l’hanno premiato. Ieri un collega indiano, mi ha detto che è stata decisiva anche la sua conferenza stampa a New Delhi, la prima seria difronte a centinaia di giornalisti. Era ora, dopo gli incontri “off the record” tra pochi intimi a prendere un tè nel giardino della sua villa di Tuglak Lane. Il ragazzo sarà poco carismatico, ma ce l’ha messa tutta. Peccato che sia un Gandhi, mi verrebbe da dire. Onestamente avrei preferito l’alternanza. Quelli del Bjp, dipinti come i “cattivi” della situazione, non è che sono andati poi così male. Il problema è che hanno pochi amici per via delle loro devianze nazionaliste. Ma non dimentichiamo che sono loro ad avere tirato l’India fuori dal pantano agli inizi del Millennio.
Quello che non mi piace è che giornali e televisioni stanno glorificando i Gandhi in maniera del tutto acritica. Sono piegati a novanta gradi. E’ un delirio con sottofondo di Jai Ho, la musica di Slumdog Millionaire, che ha vinto l’Oscar e ora anche le elezioni. La borsa è andata addirittura in tilt per eccesso di rialzo. Il direttore di Newsweek, Fareed Zakaria, che ho sentito ieri sera TV, dopo elencato i vantaggi di un secondo mandato al Congresso, ha proclamato che Manmohan Singh è il migliore premier che l’India ha avuto dopo Nehru! Insomma da adesso in avanti c’è solo il soglio pontificio. Non a caso, dopo la vittoria, sulla “soglia” di casa a Janpath, Sonia aveva sentenziato con tono evangelico: “La gente ha scelto quello che era giusto”. E così sia.

Rahul Gandhi e il caffè off the record


Quando l’altro pomeriggio il portaborse di Rahul Gandhi mi ha invitata ad un caffè con il suo capo insieme ad una decina di altri giornalisti ha subito precisato che era “off-the-record”. Non penso che il blog rientri nella censura. Non mi è mai piaciuta la pratica della chiacchierata informale esclusiva per pochi eletti. La potevo concepire forse quando facevo cronaca nera e c’erano informazioni che non si potevano diffondere senza pregiudicare le indagini. Nel caso di RG, come lo chiamano, non capisco cosa ci sia di tanto riservato e perché non possa tenere una bella conferenza stampa come fanno tutti i politici in campagna elettorale.
Comunque era la prima volta in tanti anni e dopo innumerevoli richieste di interviste cadute nel nulla che riuscivo ad avvicinare un Gandhi anche se off-the-record (sono davvero curiosa di sapere se i miei colleghi hanno rispettato le consegne). Anche se temo che ci fosse poco da scrivere. RG non ha detto nulla di quanto non si sapesse già. Che lui il premier non lo vuole fare, ma che sarà costretto prima o poi. Che il suo lavoro ora è quello di riformare il Congresso eliminando nepotismo e corruzione. “Come si entra oggi nel partito secondo voi?” ci ha chiesto in tono provocatorio. Pare che per fare il politico bisogna avere qualche parente o dei soldi. In pratica il Congresso non è democratico e lo ha ripetuto più volte. Quello che sta cercando di fare è di tenere elezioni per rinnovare i direttivi delle sedi locali dello Youth Congress, cosa che non è mai stata fatta. Secondo me è un lavoro davvero ostico e, come ha ammesso, solo lui “che porta quel cognome ha l’autorità per farlo”. “Datemi due anni di tempo e creerò il più grande movimento giovanile del mondo” ha promesso RG. Dopo i due anni non è escluso forse che assuma un ministero.
Non so quanto può interessare a dei lettori stranieri la democratizzazione della base del Congresso. Molto poco, immagino. Ma quando gli ho chiesto se si sposava mi ha risposto che “non lo sapeva”.
La chiacchierata si è tenuta nel giardino di casa, seduti in cerchio, mentre i camerieri ci offrivano il caffè e dolcetti. Si è presentato con la divisa di ordinanza, casacca e pantaloni bianchi e sandali di cuoio. Visto da vicino, ho notato che la sua carnagione è decisamente chiara, non è quella di un indiano (e neppure degli italiani che sono tutti abbronzati). Prima di congedarsi mi ha parlato in italiano. Mi ha chiesto se ero italiana, forse l’avrà capito dal mio accento. Per un istante mi è venuta voglia di rispondergli in inglese...poi mi sono ricordata che eravamo off–the-record.

Rahul, la fatica di chiamarsi Gandhi


Oggi sono andata a vedere un comizio di Rahul “baba”, come chiamano qui il figlio di Sonia Gandhi, segretario generale del Congresso ed erede designato della storica dinastia che ha dominato la storia dell’India. Mi piace questo nomignolo, “baba”, che è quello che le mamme usano affettuosamente con i figli maschi. Rahul, che ha 37 anni, scapolone d’oro, è cresciuto a Janpath 10 con una nonna, Indira, prima e poi il padre Rajiv, entrambi assassinati. La politica, ma anche il terrore, ce l’ha nel sangue. Almeno così dovrebbe essere. Invece, secondo me, Rahul fa una fatica bestiale a ricoprire il suo ruolo. E si vede anche. Oggi l’ho osservato mentre con ore di ritardo alle 17 è arrivato al suo primo comizio elettorale a Delhi, in un prato in mezzo alle bidonville a Tahilpur Village, gli immensi rioni popolari nati al di la del fiume Jamuna. La gente che vive qui è stata “spostata”, per usare un eufemismo, dal centro della capitale per far posto ai palazzi del governo. Pur essendo una roccaforte del Congresso non c’era tanta ressa. Al massimo 2 mila persone che sono state strategicamente ammassate davanti alle telecamere per dare un effetto di “folla assiepata”. Una vecchia tattica usata dai politici e dittatori di tutto il mondo. Mi aspettavo decisamente più gente. Ho saputo poi che molti erano stati pagati. “Ma certo che ricevono denaro!” ha detto una collega di CNN-IBN che stremata dall’attesa di 4 ore si è addirittura addormentata per qualche minuto durante il comizio. Rahul è arrivato su un fuoristrada coperto di fiori. Appena sceso è stato omaggiato e ossequiato da una una fila di venti politici locali, tra cui la chief minister Shila Dikshit, che governa lo stato di New Delhi da dieci anni. Con un passo deciso è andato in un tendone seguito da un nugolo di guardie del corpo in giacca nera e occhiali da sole in stile James Bond, non le solite casacche cachi che circondano i vip indiani. Poi è montato sul palco e si è levato gli occhiali da vista, forse per pulirli o forse perché c’era qualche problema. Ho visto la signora Dikshit, che con la premura di una mamma, lo ha aiutato. Il suo discorso, di una quindicina di minuti, era su un paio di pagine, ma lui è andato a braccio, facendo delle pause ad effetto. Di sicuro ha preso qualche lezione. I miei colleghi indiani hanno detto che è stato un “bel discorso”, ma che ha ripetuto quello già detto ieri a Bhopal dove ha attaccato il Bjp sull’agenda antipovertà. Anche a me non è sembrato nulla di originale, ma forse è quello che la gente ci si aspetta. E comunque raramente i miei colleghi indiani criticano i loro leader…mentre parlava Rahul aveva alle spalle una gigantografia della madre da una parte, mentre sullo sfondo campeggiava la siluette di un enorme ospedale pubblico dedicato a Rajiv Gandhi, praticamente l’unico edificio moderno della zona. Segno tangibile dello “sviluppo” promesso dal Congresso. Davanti a lui aveva delle gigantografie di Indira, del padre Rajiv, ancora della madre e poi più lontano di Manmohan Singh, il premier scelto da Sonia. Prima di andare via Rahul ha stretto un po’ di mani dietro le transenne tra le urla dei sostenitori. Nessuno dei giornalisti ha osato lanciare delle domande. Quando ho chiesto se non erano interessati a incontrarlo per una chiacchierata, mi hanno lanciato uno sguardo compassionevole, tipo ti-perdoniamo-la-cazzata-perchè-sei-straniera-e-non-capisci-nulla-dell'India. "Non lo si può incontrare - mi ha detto pazientemente il collega al mio fianco - ma puoi citare il suo discorso...".