Visualizzazione post con etichetta elezioni. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta elezioni. Mostra tutti i post

India, quando una scimmia fa piu’ notizia delle elezioni

Gran Canaria, 26 maggio 2019

   Qualcuno dei media italiani si e’ accorto delle elezioni in India che si sono concluse il 23 maggio con la riconferma di Narendra Modi, il leader della destra indu’? Nel fracasso della campagna elettorale per il voto europeo era forse difficile prestare attenzione alle notizie provenienti da New Delhi. Certo l’India e’ distante dalle nostre beghe quotidiane, gli interessi economici sono marginali rispetto alla Cina e per di piu’ la maratona elettorale dura cinque settimane.

   Ma non si puo’ semplicemente ignorare un Paese che e’ il secondo piu’ popoloso al mondo e che e’ anche la piu’ grande democrazia (pur con tutti i limiti, ma di fatto lo e’), senza contare il crescente ruolo dei manager e informatici indiani nella Silicon Valley.
   Mentre l’India eleggeva un nuovo governo nell’ultima tornata di voto, sui social circolava la notizia di una scimmia che aveva ucciso un uomo e ferito altre persone in villaggio nelle foreste del Madhya Pradesh, nel centro del Paese. “Scimmia semina terrore in India” questo il titolo della notizia che informava altresi’ che a Badnawar, dove e’ successo il fattaccio, “non sarebbe disponibile il trattamento anti rabbia”.
   Un macaco inferocito fa piu’ notizia del secondo mandato elettorale di Namo (Narendra Modi) e dell’ennesima sconfitta del suo rivale, Rahul Gandhi, figlio dell’italo indiana Sonia.
   Purtroppo la nostra conoscenza dell’India si ferma alle scimmie, vacche, miseria e santoni coperti di cenere. Piu’ in la’ non si va, non si fa neppure uno sforzo. Non metto in dubbio che l’invasione delle scimmie rappresenta una vera piaga in molti centri urbani, compresa la capitale New Delhi. Mi e’ capitato spesso di essere aggredita nei parchi o negli uffici dei ministeri, o addirittura davanti a casa. Non e’ una forzatura giornalistica. Ma e’ come se invece di dare i risultati delle Europee, si parlasse dei piccioni che imbrattano Venezia.
   Non so come e’ stata trattata la vittoria di Modi sulla carta stampata, ho soltanto fatto una rapida ricerca su Google. L’agenzia Ansa, che l’anno scorso ha chiuso il suo ufficio a New Delhi e che non quindi, a quanto mi risulta, non ha piu’ nessun giornalista nell’area, riportava una notizia in breve, tra l’altro con un vistoso refuso facendo dire a Modi che “ringrazia un miliardo e 300 mila persone”.
    E poi metteva in relazione il successo del leader nazionalista con la paura dei 170 milioni di musulmani, proiettando il clima antislamico prevalente in Italia e in Europa, in una realta’ completamente diversa. I musulmani dell’India del nord sono arrivati mille anni fa e sono parte integrante della societa’ indiana, non sono arrivati con i gommoni dal Pakistan…

Elezioni Europee, riflessioni sulla cabina elettorale

Puerto de Mogan (Gran Canaria) , 27 Maggio 2019

    Erano anni che non votavo più in una ‘cabina’ elettorale e l’emozione, se devo essere sincera, è stata forte. Per gli italiani che, come me, risiedevano in un Paese extra europeo come l’India non c’era la possibilità di votare per il Parlamento di Bruxelles. E’ una distorsione assurda che deriva da una vecchia legge secondo la quale si può votare per il Parlamento europeo solo dall’Italia o se si è residenti nella Unione Europea.
    Per quanto riguarda invece le elezioni politiche e i referendum (ma non le amministrative e regionali) esiste invece la possibilità del voto per corrispondenza (la famosa legge Tremaglia del 2001). Quindi quando stavo in India, ho sempre votato seduta comodamente nel mio salotto o in cucina dopo aver ricevuto con giorni di anticipo dal consolato di New Delhi una busta con le schede e le istruzioni.
   La prima volta che ho ricevuto le schede è stato un po’ uno shock, avere tra le mani un oggetto che in Italia è quasi sacro. Guai se una scheda esce dal seggio elettorale, ci sono le forze dell’ordine a vigilare sulle urne e su tutto il materiale elettorale. Per non parlare della celeberrima matita copiativa. Per noi all’estero invece bastava una semplice biro e voilà, poi si imbucava il plico con la busta già affrancata e lo si affidava alle poste locali, quelle indiane nel mio caso, Ammetto che in un paio di occasioni sono andata personalmente a recapitare al consolato la busta con la mia scheda. Non si sa mai…pensavo.
    Invece domenica sono andata a Las Palmas (capitale della Gran Canaria) dove esiste un consolato onorario, un paio di stanzette nel centro storico di La Vegueta, con tanto di bandiera tricolore che sventolava dal balcone. Avevano allestito un seggio (addirittura due sezioni), con una sfilza di scrutatori seduti ai tavoli ingombri di registri elettorali, i manifestoni con i candidati alle pareti, l’urna in bella mostra e ovviamente la mitica cabina elettorale.
    La comunità italiana alle Canarie è la più grande da un anno a questa parte, si sa che qui è il paradiso di molti pensionati vuoi per il clima, vuoi perché la vita è un po’ meno cara. Quindi c’era la fila di connazionali, pur essendo già quasi alla chiusura del seggio. Per di più ho dovuto chiedere il duplicato del certificato elettorale che non mi è arrivato, o meglio è arrivato un indirizzo sbagliato e io non ho fatto in tempo a recuperarlo alla posta. Ma tutto è filato liscio.
    Quando è toccato il mio turno ho avuto un ‘flashback’, sono tornata forse a 20 o 30 anni fa, quando votavo nella mia scuola elementare alla periferia di Chivasso. Stesso rituale burocratico, la tipica gestualità nel dare la scheda e la matita copiativa, il momento in cui si ha la scheda tra le mani, l’ingresso nella cabina chiusa da tendine nere ma solo a mezzo busto, quel momento unico di solitudine totale in cui si mette la fatidica croce sul partito e pensi, che bello, mi chiedono la mia opinione. Oppure è venuto il momento in cui posso dire la mia, posso mandare a casa qualcuno o posso far arrivare qualcun altro. Insomma ‘ci sono’, come cittadino o come cittadina.
    E’ un emozione diversa dal voto per corrispondenza, forse perché il seggio ha una sua sacralità. Un po’ come pregare a casa e pregare in chiesa, nel secondo caso c’è un’altra atmosfera, a parte l’eventuale presenza del Divino. Ecco nel seggio si sente la presenza della Democrazia, se mi permettete il paragone un po’ azzardato.
   Quando ho raccontato la mia esperienza elettorale, un mio amico mi ha ricordato una canzone di Giorgio Gaber, Le Elezioni (1967): “Mi danno in mano un paio di schede/e una bellissima matita/lunga sottile marroncina/perfettamente temperata/E vado verso la cabina/volutamente disinvolto/per non tradire le emozioni/E faccio un segno/sul mio segno/come son giuste le elezioni/ E’ proprio vero che fa bene/un po' di partecipazione/con cura piego le due schede/e guardo ancora la matita/così perfetta e temperata/io quasi quasi me la porto via/democrazia".

Sonia Gandhi abdica, ma Rahul e` davvero pronto a guidare il Congress?

New Delhi, 18 dicembre 2017

   Finalmente Rahul Gandhi, il principe riluttante come lo ha chiamato la stampa indiana, ha assunto il comando del partito del Congress. Sua madre Sonia Gandhi, la bella italiana sposata da Rajiv Gandhi nel 1968, ha abdicato lasciando l`eredita` dello storico partito nelle mani del primogenito. Ma Rahul e` davvero pronto dopo 14 anni di apprendistato?
   Era scontato che il rappresentante della quarta generazione di statisti prendesse il potere del partito di famiglia che fu anche del Mahatma Gandhi, per caso stesso cognome ma niente parentela. Non si sapeva pero` quando ci sarebbe stato il passaggio generazionale di potere. Da anni lo si prevedeva. Il `giovane` Rahul, che continua a essere chiamato tale anche se ha 47 anni, e` stato l`artefice della campagna elettorale contro il premier Narendra Modi nel 2014, finita in una debacle senza precedenti per il Congress.
Tentativo di intervistare Rahul Gandhi durante la campagna elettorale ad Amethi - Maggio 2014  (Foto scattata da un collega della stampa locale)  

   Di passo con l`indebolimento fisico di Sonia, afflitta da una malattia che la costringe a frequenti cure negli Usa, `RaGa` era già di fatto da alcuni anni il vero boss al numero 10 di Janpath. Le strategie elettorali e le alleanze erano di sua competenza.
   Il perché non abbia deciso di fare il `grande passo` prima rimane un mistero, uno dei tanti che avvolge la famiglia Gandhi. Si dice appunto che non fosse sicuro di dedicarsi alla politica, che fosse stato costretto dalla madre, lei stessa recalcitrante di fronte al potere, che avesse bisogno di imparare il mestiere. Dal suo ingresso in politica nel 2004 quando fu eletto nello stesso collegio elettorale di Amethi, che fu del padre Rajiv assassinato nel 1991, e` passato molto tempo. Si e` fatto le ossa sul campo viaggiando in lungo e in largo, incontrando la `gente` delle campagne e riorganizzando la base del partito.
   L`ascesa politica e` stata lentissima. Dapprima si e` occupato dell`ala giovanile, poi della riorganizzazione della base del partito. Nel 2013 e` diventato vicepresidente e ha lavorato a fianco della madre, sostituendola quando lei non poteva per motivi di salute.
   Ma e’ proprio da quell`anno che Rahul infilza una serie clamorose di sconfitte politiche culminate con la debacle del 2014, quando il Congress raggiunge il suo minimo storico non riuscendo neppure ad avere quel 10% in Parlamento che gli permette di essere il partito dell`Opposizione, il governo ombra. Di fronte a una batosta del genere, in un`altra parte del mondo, i Gandhi si sarebbero fatti da parte, o per lo meno Rahul avrebbe dato le dimissioni. Ma il partito del Congress, uno dei più` longevi al mondo essendo stato fondato nel 1885, e i Gandhi sono una cosa sola.
   Pochi giorni dopo essere incoronato, Rahul ha perso anche in Gujarat e in Himachal Pradesh, dove ieri si e` tenuto lo spoglio delle elezioni regionali. Il primo e` lo Stato di Modi (ma anche del Mahatma Gandhi), il secondo era guidato dal Congress, e quindi si e` trattato dell`ennesima perdita. In un tweet Rahul ha detto di aver combattuto con `con dignità` e decenza`. La stampa indiana lo ha visto piu` `maturo` nella campagna elettorale, e lo proietta ora come serio contendente di Modi nel 2019. Ma in politica ci sono solo vincitori e sconfitti, non c`e` molto posto per chi crede come il barone de Coubertin che "l`importante e` partecipare".
   Un`altra pecca che Rahul si trascina dietro da tempo e` la comunicazione mediatica. Dopo la disastrosa intervista televisiva con Arnab Goswani (Times Now) evita di esporsi troppo a domande indiscrete, per esempio sulla sua vita privata. Questa e` l’intervista esclusiva che ha dato al National Herald (giornale fondato dal bisnonno Jawaharlal Nehru) dopo la sua elezione in cui parla di democratizzare il partito e di portare `volti nuovi` in politica. Il suo intento e` lodevole ma sembra bizzarra sulla bocca del nipote di Indira Gandhi e pronipote di Nehru.

ELEZIONI REGIONALI 2017 - Modi trionfa in Uttar Pradesh, ma il Congresso vince in Punjab (e Goa)

New Delhi, 13 marzo 2017

   Come al solito ogni previsione elettorale in India viene regolarmente smentita. Il trionfo di Narendra Modi nello stato chiave dell'Uttar Pradesh ha colto tutti di sorpresa, me compresa. Il suo partito di destra, il Bjp, ha incassato una maggioranza di 325 seggi (su un totale di 403) polverizzando ogni record e soprattutto mandando in soffitta i cosidetti 'partiti casta' che per decenni avevano dominato il più popoloso Stato indiano (200 milioni di abitanti).
    Ho sempre creduto che l'Uttar Pradesh fosse dominato da logiche 'regionali' e che quindi le elezioni locali non potevano essere influenzate da outsider. Tant'è che nè il Bjp e nè il Congresso di Sonia Gandhi avevano mai messo radici. La politica in Up (e in altri Stati) era monopolizzata da potenti satrapi locali legati alle caste o alle minoranze. Modi, un 'outsider' che arriva dal Gujarat, ha sfatato questo mito riuscendo a conquistare mussulmani, dalit e le caste basse promettendo sviluppo e equità sociale. In pratica si è appropriato dell'elettorato della sinistra con un programma 'di sinistra'.
   La vittoria di Modi ha smentito anche coloro che pensavano che la 'demonetization', l'abolizione delle banconote da 500 e 1000 decisa a novembre, avesse colpito le classi più deboli. Sapevo che a novembre a causa della crisi di liquidità molti manovali e braccianti dell'Uttar Pradesh erano rimasti senza paga ed erano stati costretti a tornare nei villaggi. Molti, come me, ritenevano che questo avrebbe influenzato il voto. Invece è stato esattamente il contrario. Modi è stato premiato per la sua misura anti corruzione. E' l'ennesima conferma che da New Delhi difficilmente si capisce cosa succede nell'India profonda. 
    Detto ciò bisogna però allargare lo sguardo anche sugli altri Stati che sono andati al voto a febbraio e marzo. Solo due (Uttar Pradesh e il suo gemello himalayano, l'Uttarakhand) su un totale di cinque sono andati al Bjp. Il Congresso ha vinto in Punjab, mentre a Goa e Manipur ha riportato la maggioranza relativa. Quindi se si guarda il bicchiere mezzo vuoto, c'è stato un chiaro contraccolpo a livello nazionale per il partito di Modi. A Goa si avvertiva chiaramente l'insoddisfazione contro il governo del Bjp. La 'demonatisation' ha avuto un duro impatto sul turismo.
    La stampa indiana, che prima si era scagliata contro le code davanti ai bancomat, ora è tutta presa ad celebrare lo 'tsuNaMo' in Uttar Pradesh. Molti sull'onda dell'entusiasmo prevedono una facile vittoria del Bjp alle politiche del 2019. Ma come sempre sarà la pancia dell'India a decidere.

Elezioni 2014/ Amethi, la diroccata roccaforte di Rahul Gandhi

Amethi, 7 maggio 2014
Per una sorta di par condicio, dopo aver visto il regno di Modi, sono venuta in uno dei feudi elettorali dei Gandhi, il collegio di Amethi, dove e’ candidato il giovane Rahul, il figlio di Rajiv, nipote di Indira e pronipote di Jawaharlal Nehru. Se ci metti che da qui e’ passato anche lo zio Sanjay, morto in un incidente di aereo proprio quando stava per ereditare lo storico partito e anche sua moglie Maneka (per il Bjp), si capisce l’importanza di questo posto sperduto nelle campagna tra Lucknow e Varanasi.
Amethi e’ un paesone agricolo con una miriade di ‘frazioni’, ha una unica grande industria, la Hindustan Aeronautics Limited (Hal) e un policlinico ‘modello’, il Sanjay Gandhi Hospital in Mushiganj, costruito dalla famiglia Gandhi con annesso una ‘guest house’ dove gli stessi Gandhi pernottano quando vengono in visita qui.
Ci sono soli due posti dove dormire, entrambi di scarsa qualita’. Io sono stata al Sai Dham Hotel, che e’ quello meno caro e che e’gestito da un fan di Rajiv Gandhi. Ci sono delle foto di lui e di una Sonia giovanissima dietro il banco della reception.
Onestamente mi aspettavo di trovare un po’ di differenza...che ne so, un po’ piu’ di pulizia in strada, una pittata ai muri e qualche buca in meno. Un po’ piu’ di illuminazione in strada. Almeno prima delle elezioni. Invece no, e allora capisco quelli che mi hanno detto che stavolta Rahul non lo votano.
Il “principino”, come lo chiama ironicamente Narendra Modi, ha passato la giornata del voto saltando di seggio in seggio come un grillo. Una pratica che ha sollevato anche qualche perplessita’ dal puntodi vista del codice di condotta che vieta la campagna elettorale nelle 48 ore precedenti la chiusura delle urne. 
 In una di queste visite, in mezzo alla campagna, l’ho inseguito e sono riuscita anche a parlargli, come si vede da questa curiosa foto che ha scattato un collega.
Come si vede qui di fianco, lo avevo appena salutato con un “ciao, come va?”, che lo ha probabilmente sorpreso e sicuramente divertito. L'ultima cosa che si aspettava in quel posto e' una voce italiana. “Quite busy today...” mi ha riposto con ironia. E poi e’ salito in auto, tra un codazzo di guardie del corpo ed elettori che cercavano favori dell’ultimo momento.     

Elezioni 2014/ Gujarat, lo "stato modello" di Narendra Modi. Ma dov'e?

Ahmedabad, 27 aprile 2014
   Sono arrivata stamane ad Ahmedabad, la principale citta’ del Gujarat, lo stato ‘modello’ di Narendra Modi, il leader della destra che tutti danno per favorito, ma che molti paragonano addirittura a Hitler. Il politico del Bjp guida lo stato dal 2001 e secondo lui ne ha fatto un miracolo per lo sviluppo economico e per efficienza.
  Sara’, ma basta sbarcare alla stazione per accorgersi che il Gujarat non e’ ne piu’ ne meno che come gli altri posti del nord dell’India, dove e’ un miracolo che i palazzi stiano su’, che non scoppino epidemie di colera e che nessuno muoia di fame o di stenti.

  Gia’ sono state altre volte nella tana di NaMo e onestamente non vedo che cosa possa replicare nel resto dell’India. Il centro storico (patrimonio Unesco), bellissimo e suggestivo, con i suoi rioni (“pol”), i minareti, i templi giainisti, le torrette per i piccioni. Le haveli di legno intarsiato sono decadenti,  i negozi hanno coperto le colonne e capitelli. Perfino lo storico edificio della Borsa, in Manek Chowk, che in teoria dovrebbe essere un simbolo degli industriali che sostengono apertamemte i Modi, ormai cade a pezzi.
   Ironia vuole che a un certo punto nel traffico impazzito, con decibel da paura, e’ comparso anche un elefante che trasportava un fascio di rami e foglie.
    Tutto regolare insomma. Ahmedabad e’ esattamente come qualsiasi altra metropoli del nord dell’India.
In Gujarat si vota mercoledi’ 30 aprile. Le elezioni si tengono in una sola giornata in tutti i 26 collegi. Ma non si sente molto il clima elettorale, Davanti al mio hotel, Balwas’, a Lal Darwaza (Porta Rossa), nel centro storico, c’e’ un ufficio dell’Aam Ami Party (Aap), il partito dell’Uomo della Strada, che ha avuto uno straordinario successo a New Delhi a dicembre e che raccoglie i voti di coloro che non hanno piu’ fiducia nei partiti. I giovani sono per lui, ma non solo. Nel bazar, che e' mussulmano, ho trovato un anziano venditore di cipolle con la bustina bianca in testa con il disegno di una ramazza e l'immagine di Arvind Kejriwal.

   “Per la prima volta la gente ha una alternativa” dice un il candidato dell'AAP, un ex poliziotto. Il centro storico e’ mussulmano, e’ ancora la citta’ del fondatore Ahmed Shah, di sei secoli fa. Qui sono tutti per il Congresso, di Modi non si fidano.
   “Nelle sue parole non c’e’ nulla contro i mussulmani – dice Nazir, un impiegato comunale incontrato per caso a Jama Majdid, la grande moschea con le sue decine di colonne scolpite – ma il suo cuore non e’ sincero”. Nazir e’ uno dei mussulmani che nel 2002 e’ sopravvissuto al pogrom degli indu’ furiosi dopo il rogo di un treno che tornava dalla citta’ sacra di Ayodhya. La sua casa e’ stata data alle fiamme, ha perso tutto, ma ha salvato la pelle. Ora nel suo quartiere vivono degli indu’ e lui e gli altri mussulmani sono stati sistemati da un’altra parte. Ha ricevuto un indennizzo,ma che e’ molto inferiore al valore della proprieta’.
   Mi accompagna a visitare la moschea e mi racconta dei fasti della citta’ ai tempi di Ahmad Shah. Quando l’ho incontrato, non era l’ora della preghiera. Era seduto nel porticato, al riparo dalla calura, a godersi la domenica e forse a sognare con nostalgia i tempi antichi.

   Nel tardo pomeriggio,invece, mi trasferisco nella “nuova” Ahmedabad, oltre il fiume Sabarmati, dove al posto degli slum c’e’ ora un lungo fiume per passeggiare. Almeno qualcosa e’ cambiato .
 Ho saputo che baba Ramdev, lo yogi affiliato con il Bjp, diventato famoso per la sua battaglia contro i conti dei politici in Svizzera e i suoi commenti anti gay. Per via di alcune dichiarazioni offensive sui “dalit” (gli "intoccabili"), il guru e’sulle prime pagine in questi giorni.

PS Il Gujarat va al voto mercoledi' 30aprile nell'ottava giornata delle legislative.

Monti vince in Bangladesh, voto di protesta sugli atolli delle Maldive

New Delhi, 3 marzo 2013
Monti vince in Bangladesh, mentre Grillo conquista le Maldive dove c'e' stato anche un record di schede nulle. L'analisi del voto degli emigrati italiani nel Sud dell'Asia e' davvero sorprendente. In generale si puo' dire che abbia prevalso il centro sinistra , quindi in linea con il risultato della circoscrizione Africa, Asia, Oceania, Antartide che ha eletto un deputato e un senatore del Pd.
Pero' guardando nel dettaglio dello scrutinio per la Camera emergono alcune curiosita'. Per esempio, gli italiani che stanno negli atolli delle Maldive sono particolarmente arrabbiati con la madrepatria visto che 14 votanti su 21 hanno annullato la scheda (con insulti?). Mi chiedo davvero come si fa a essere incazzato sotto le palme e circondati dalla barriera corallina. Curiosamente, le nulle e le bianche sono altissime anche in Sri Lanka, altro paradiso tropicale.
In India (e Nepal) invece Grillo, solo per un soffio, non ha raggiunto il PD. Mentre Monti e' finito terzo. Se si ritiene che gli imprenditori votino l'ez premier, beh allora si puo' concludere che il Made in Italy non vada troppo bene in Asia meridionale, con l'eccezione del Bangladesh, dove penso ci siano soprattutto imprenditori della moda. Invece i berlusconiani sono sopravissuti, anche se in pochini. Soltanto in Pakistan non c'e' nessun ammiratore del Cavaliere.

Ecco i risultati (Camera):

India (partecipazione 44,22%): PD 112 voti (33,43%), M5S 109 voti (32,53%), Monti 82 voti (24,47 %), PD 32 voti (9,55%), bianche 1 (0,28&), nulle 20 (5,81%)

Pakistan (30,63%): PD 16 voti (55,17%), Monti voti 7 (24,13%), M5S 6 voti (20,68%), PD 0, nulle 5 (14,70%)

Bangladesh (69,86): Monti 45 voti (51%), PD 22 voti (25%), M5S 11 voti (12%), PD 9 voti (10%), bianche 2 ( 1,69%), nulle 13 (12,74)

Afghanistan (64,28%): PD 12 voti (44%), Monti 8 (29%), M5S 6 voti (22%), PD 1 (3,70%), nessuna nulla, messuna bianca.

Maldive (55,26%): M5S 4 voti (57%), PD 2 voti (28%), PD 1 voto (14%), Monti 0, nulle 14 (66,6%).

Sri Lanka (57,14%): PD 16 voti (80%), M5S 2 voti (10%), PD 1 voto (5%), Monti 0, bianche 9 (20%), nulle 15 (34%)

Elezioni 2013 - Ho votato in cucina, ma ho qualche dubbio

Stamattina ho votato mentre facevo colazione. Non e' la prima volta, ma mi fa sempre un certo effetto vedere e toccare le schede a mio piacimento e poi metterci la croce con una biro e non con la matita copiativa che ti danno ai seggi in Italia. Tenere le schede sul tavolo della cucina, tra i giornali e la tazza del caffe', mi sembra quasi un gesto dissacrante.
La circoscrizione a cui appartengo e' quella di ''Africa, Asia, Oceania e Antartide'' che mi fa un po' ridere. Come al solito quasi tutti i candidati sono in Australia. Che ne sanno loro dei nostri problemi di emigranti in India? Assolutamente nulla. Mentre cercavo sul web i profili dei candidati mi chiedevo come sono stati selezionati. Ci sono state delle primarie? Forse si'. Pero' io vengo a sapere di questi aspiranti deputati e senatori solo all'ultimo quando leggo il loro nome sulla scheda elettorale. E ci sono solo due candidati per un posto. Non male una percentuale di successo del 50%. 
Con una tempistica perfetta, il giorno prima che mi arrivassero le schede, e' giunto via posta un volantino di Bersani intitolato ''l'Italia Giusta''. Dice che la destra ha tagliato i contributi destinati agli italiani nel mondo a 16,2 milioni di euro (2012-2013). Non sapevo manco che esistessero!  Della famigerata I-card, la ''carta dell'Immigrato'', sono venuta a sapere dopo tre o quattro anni. E comunque adesso non offre piu' sconti sui treni che e' la cosa che interessa di piu' gli emigranti che tornano al paesello.
Non capisco inoltre - ma onestamente sono all'oscuro dei misteriosi meccanismi elettorali - perche' ci sono soltanto quattro partiti per la Camera e per Senato, ovvero Grillo, Monti, Pd e Pdl.  Perche' noi emigrati non possiamo votare per tutti i partiti?

L'ascensione di Sonia


Alcuni colleghi mi avevano preso in giro per la mia ossessione su Rahul Gandhi, il figlio di Sonia emerso come la star di queste elezioni che hanno visto il Congresso di sua madre, suo padre, sua nonna e suo bisnonno, ritornare in grande spolvero a governare l’India del boom economico. La maggior parte dei pezzi che ho fatto, compresa un’intervista, erano in effetti su di lui. Non ho mai creduto nel fenomeno Mayawati, la cosiddetta regina degli intoccabili, “inventato dalla stampa occidentale” come mi disse un politico e che di fatto si è sciolto negli oltre 40 gradi della calura di Delhi. Panorama scriveva in un articolo firmato Giovanni Porzio che “mentre la dinastia dei Gandhi imbocca il viale del tramonto, nella democrazia più grande del mondo scendono in campo gli intoccabili e i tecnocrati”. Certo, siamo stati tutti ingannati dai sondaggi che davano in declino Congresso e il rivale Bjp, però è stata una bella cantonata. Altro che viale del tramonto. Sonia Gandhi è ormai avviata verso la santità politica dopo la beatificazione del 2004 quando rinunció al potere. E’ la sua apoteosi. Ha perfino ricevuto come “regalo”, si fa per dire ovviamente, la testa di Velupillai Prabhakaran, il leader delle Tigri Tamil che nel 1991 dalla giungla di Jaffna aveva inviato uno squadrone della morte in Tamil Nadu per uccidere il marito Rajiv e punirlo per il suo sostegno al governo cingalese.
Si può dire quello che si vuole, ma è innegabile che gli oltre 250 comizi in un mese di Rahul nelle roventi campagne dell’India, sono serviti a qualcosa. I giovani, ricchi e poveri, l’hanno premiato. Ieri un collega indiano, mi ha detto che è stata decisiva anche la sua conferenza stampa a New Delhi, la prima seria difronte a centinaia di giornalisti. Era ora, dopo gli incontri “off the record” tra pochi intimi a prendere un tè nel giardino della sua villa di Tuglak Lane. Il ragazzo sarà poco carismatico, ma ce l’ha messa tutta. Peccato che sia un Gandhi, mi verrebbe da dire. Onestamente avrei preferito l’alternanza. Quelli del Bjp, dipinti come i “cattivi” della situazione, non è che sono andati poi così male. Il problema è che hanno pochi amici per via delle loro devianze nazionaliste. Ma non dimentichiamo che sono loro ad avere tirato l’India fuori dal pantano agli inizi del Millennio.
Quello che non mi piace è che giornali e televisioni stanno glorificando i Gandhi in maniera del tutto acritica. Sono piegati a novanta gradi. E’ un delirio con sottofondo di Jai Ho, la musica di Slumdog Millionaire, che ha vinto l’Oscar e ora anche le elezioni. La borsa è andata addirittura in tilt per eccesso di rialzo. Il direttore di Newsweek, Fareed Zakaria, che ho sentito ieri sera TV, dopo elencato i vantaggi di un secondo mandato al Congresso, ha proclamato che Manmohan Singh è il migliore premier che l’India ha avuto dopo Nehru! Insomma da adesso in avanti c’è solo il soglio pontificio. Non a caso, dopo la vittoria, sulla “soglia” di casa a Janpath, Sonia aveva sentenziato con tono evangelico: “La gente ha scelto quello che era giusto”. E così sia.

India al voto, ma è davvero democrazia?

L’altro ieri quando sono iniziate le elezioni mi trovavo davanti alla stazione nuova, quella vicino a Connaught Place. Erano le due del pomeriggio, sotto il sole a picco ci saranno stati 40 gradi. E c’era il solito ingorgo di bus, risciò, biciclette, coolies e motociclisti che come me cercavano qualsiasi varco disponibile pur di uscire dalla camera a gas dei tubi di scappamento. C’era un uomo magrissimo, scalzo, con il dhoti intorno ai fianchi che stava tirando piegato in due un carretto pieno di sacchi di yuta. Dietro c’erano due bambini, sui 6 o 7 anni, sudatissimi, che spingevano con il capo chino e lo sguardo assente. Molto probabilmente erano i suoi figli e lui era arrivato dai villaggi a vendere chissà quale mercanzia nella città. Ho pensato alle cose che avevo appena scritto sulle elezioni. “La più grande democrazia del mondo va al voto, 714 milioni alle urne per eleggere il parlamento, il più vasto esercizio democratico al mondo, la democrazia indiana si rimette in marcia, ecc,ecc”. Se è così quell’uomo chissà cosa voterà. Di sicuro qualcuno che gli promette un po’ più di soldi per comprarsi un paio di scarpe e mandare i figli a scuola. E non voterà quelli di 5 anni prima che non hanno mantenuto le promesse. Nutro forti dubbi che i 300-400 milioni di indiani (dipende dall’affluenza) vadano a votare secondo questo criterio. Forse lo fa l’1 per cento. Quelli che leggono i quotidiani inglesi come il Times of India, che da settimana martella con la campagna “Lead India” per sensibilizzare gli elettori sull’importanza del loro voto per cambiare il Paese…
Il mio amico Arjun, maestro di tennis, che considera la Tata Nano ancora “troppo cara”, arriva da un villaggio dell’Uttar Pradesh. Appartiene alla super casta dei Yadav (pare siano l’11% della popolazione indiana concentrati in UP e Bihar). Quando gli ho chiesto chi votava mi ha risposto senza esitazione Mulayam Singh Yadav, potente leader dell’Uttar Pradesh. “Of course, I am a Yadav” ha aggiunto. Lo so. Ho scoperto l’acqua calda. La politica indiana è dominata dagli equilibri di casta. Ma allora io smetto di chiamarla democrazia.