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Uttarakhand - Santuario di Hemkund, in pellegrinaggio con l'elicottero

Govind Ghat (Uttarakhand), 18 giugno 2015
   Il mio hotel, Bhagat, e’ vicino all’eliporto di Ghovind Ghat e dal mattino fino a tardo pomeriggio partono gli elicotteri per Ghangaria, a cinque o sei ore di  cammino, punto di partenza per uno dei piu’ famosi pellegrinaggi dei sikh, Hemkund Sahib, un tempio sulle rive di un lago alpino a 4.329 metri di altitudine. Il confine con il Tibet non e’ molto lontano da qui, mentre nell’altra vallata sorge il tempio di Badrinath, sul fiume Alaknanda, una delle sorgenti del Gange.
   Ricche famiglie del Punjab e di New Delhi prendono l’elicottero, 9 mila rupie andata e ritorno, per accorciare la cammnata e - anche - perche’ e’ il simbolo della 'gente che conta'. In attesa del volo, qualcuno entra nel ristorante dell’hotel per mangiare o bere. E cosi’ mi e’ capitato di osservare questi nuovi  ‘yatri’ (pellegrini)  che seguono antiche tradizioni ma con i confort moderni,
   Hemkund Sabib, ad altre sei ore di trekking da Ghangaria, e’ il posto dove ha meditato il decimo guru Gobind Singh, in una sua precedente vita. Leggo che qui e’ nato Khalsa, la religione sikh, quindi e’ di estrema importanza per la setta. L'eliporto, l'Hally Pad (sic!) come e' scritto, e' a 5 minuti dal villaggio.
   Ma anche gli hindu benestanti, se vogliono, hanno lo stesso servizio quando vanno ad adorare lo ‘Shiva di ghiaccio’ in Kashmir. Possono raggiungere la grotta di Amarnath in un’ora di elicottero guardando dall’alto i pellegrini che ci mettono due o tre giorni di cammino attraverso un tortuoso e pericoloso sentiero.
  Gli indiani della nuova borghesia sono riconoscibili dagli abiti occidentali, accessori di lusso (o finto lusso) e un perenne sguardo tipo ‘lei non sa chi sono io”. Ordini secchi quanto trattano con la gente del posto e sempre con un senso di urgenza. Non sorridono quasi mai. Hanno lo stesso atteggiamento di superiorita'  anche con gli stranieri, con cui si confrontano, ma senza la  subordinazione verso il ‘bianco’ che e' retaggio dell'epoca colonialista. Il concetto e’ insomma quello milanese, del “pago pretendo” e “spicciati perche’ ho l’elicottero che parte”.

Amritsar, alla mensa del Golden Temple



Sono in viaggio verso la frontiera con il Pakistan. L'unico valico aperto per gli stranieri é quello di Wagah, in Punjab, a pochi chilometri da Amritsar, la cittá sacra dei sikh. Siccome non l'ho mai visitata, ho deciso di fermarmi una mezza giornata prima di attraversare il confine. Ho preso un treno notturno, di quelli lentissimi e con questo caldo decisamente puzzolente, soprattutto perché come al solito mancava l'acqua nei cessi della mia carrozza. All'alba ero in stazione, un po' stordita, ma pronta a visitare il Tempio d'Oro, famoso monumento icona, una sorta di San Pietro per i barbuti e possenti punjabi. Non sono andata a vedere all'interno, c'éra troppa coda. Ho fatto un paio di giri intorno al laghetto sacro, pieno di giganteschi pesci rossi. Ho fatto anche il bagno, rinfrescante piú che prurificatore, nella sezione chiusa per le donne. Peccato perché avrei fatto volentieri una nuotata, ma temo che non me l'avrebbero permesso i guardiani armati di lancia che fanno la ronda sui bordi della vasca.
Ho visto il museo pieno di scene orride sui massacri di sikh da parte dei mughal. Capisco perché i fedeli sikh portano un pugnale alla cintola.
Ma la vera chicca del Golden Temple é la mensa funzionante 24 ore su 24 che sfama qualcosa come 30 mila persone al giorno! Sono rimasta stupefatta dalla logistica. Incredibile. Una macchina della ristorazione perfetta, una catena di montaggio dell'ospitalitá che si fonda solo sul volontariato. Ci sono quelli che lavano e asciugano i piatti di metallo, quelli che imburrano i ciapati che escono da una macchina che impasta, taglia e cuoce, i cuochi che cucinano il dal, la zuppa di lenticchie, poi quelli che servono le vivande. Ci si siede per terra su tappettini in file di 70-80 persone in uno stanzone. Dopo mezzora le gente esce e lascia al posto a quelli in fila fuori. Una macchina elettrica pulisce il pavimento. Giorno e notte, sette giorni su sette. Mai visto una cosa del genere.