SH08, di nuovo in scooter nella Valle assediata


Spedizione Himalaya 2008, giorno quarantaquattro, Srinagar-Ramban

Da oggi finalmente sono di nuovo in scooter. Uscendo da Srinagar, tra due ali di soldati schierati, ridevo come una bambina felice di avere di nuovo la sua bambola preferita. Mi preoccupa un po’ il suono ‘inscatolato’ del motore. Mi sarò fermata una ventina di volte perché mi sembrava si scaldasse troppo. Ho una paura folle che mi lasci di nuovo a piedi. Ascolto i ‘battiti’ del motore con apprensione e ogni tanto mi sembra che abbia qualche scarto. E` successo a fine giornata, dopo aver attraversato il Pir Panjal, quando si è messo a singhiozzare, credevo si fosse grippato, poi per fortuna è ritornato a funzionare, ma lo strano rumore è aumentato. Non so cosa sia successo, meno male che ero in discesa. Forse oggi ho esagerato, ho fatto un centinaio di chilometri, sono a metà strada tra Srinagar e Jammu in fondo a una larga vallata. Il posto di chiama Ramban e forse una volta era un villaggio turistico, mentre ora è praticamente una postazione militare. Ci sono soldati ovunque a protezione dei pellegrini di Amarnath e anche dei camionisti kashmiri che nei giorni scorsi sono stati aggrediti dai dimostranti indù.
Ero curiosa di vedere il blocco stradale che ‘stritola’ Srinagar, ma che in realtà non l’ho trovato. Ma forse sono stata solo fortunata oppure è davvero una strumentalizzazione dei kashmiri come accusa il partito di destra del Bjp. Avevo anche paura di prendermi delle sassate dai mussulmani che mi potevano scambiare per una pellegrina di Shiva o dai nazionalisti indù a caccia di kashmiri da linciare. Dopo il famigerato tunnel Jawahar (questa volta mi sono infilata dietro ad un’autobotte che mi ha fatto luce, pero è sempre stato uno choc), quando mi sono fermata per la registrazione stranieri in uscita, i soldati mi avevano detto che la strada era bloccata a Ramsu dopo la galleria. In effetti, arrivata lì, ho visto chilometri di camion in sosta, saranno stati centinaia. Ecco perchè la strada era insolitamente deserta. Un poliziotto –che mi ha anche offerto un chai e che era di turno da ben 16 ore mi ha detto che era per via di una ‘landslide’, una frana, e che tutto era risolto. Una balla spaziale? Io non ho visto nessuno segno di una frana. Il dramma è che hanno fatto muovere la gigantesca colonna proprio quando sono arrivata. Ho zigzagando tra i camion, tra nuvole di polvere e di gas di scarico, con la paura a volte di essere schiacciata contro la roccia quando la strada sera troppo stretta anche per permettere il passaggio di una moto. Da alcuni camion diretti a Jammu, usciva un odore di frutta marcia, mentre in altri, diretti a Srinagar, ho visto le gabbie con i polli semicadaverici. In India non esistono camion con celle frigorifere, si può quindi immaginare cosa vuole significa un blocco stradale come questo che dura da alcune settimane. Giustamente i kashmiri si lamentano che non possono trasportare la loro frutta (tra cui le rinomate mele) e intendono organizzare una marcia verso Muzaffarabd, nel Kashmir pachistano o Azad Kashmir (libero Kashmir) che si trova ad appena una sessantina di chilometri ed è la strada di accesso più naturale alla Valle, anche se ben ricordo da Muzaffarabad alla pianura di Islamabaad c’e ancora un bel pezzo e la strada non è larga come quella in territorio indiano.
Un ragazzo friulano, Simone, da tre mesi a Srinagar, che si occupa di antropologia culturale e che dice di sentirsi ‘coinvolto’ nella causa kashmira, mi aveva quasi convinto a rimanere per la marcia Muzaffarabad Chalo (‘Andiamo a Muzaffarabad’). Secondo lui la protesta è diversa questa volta perchè e più spontanea e coinvolge tutti, dai commercianti ai proprietari delle house boat. Ma io avevo troppa voglia di rimettermi in sella, annusare di nuovo gli odori della strada e di tanto in tanto fermarmi a caso per sbirciare nella vita della gente, ma senza fare rumore, come sempre in punta di piedi.

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