Alle sorgenti del Gange/Tempio di Kedarnath, un pellegrinaggio che ti fara` credere in Dio

Gauri Kund, 21 maggio 2017
   Ho finalmente completato il `Char Dham Yatra`, il pellegrinaggio hindu alle quattro sorgenti del Gange nello stato himalayano dell`Uttarakhand. Per essere precisi e` il `chota` (piccolo) Char Dham perche` quello integrale e` alle quattro estremita` dell`India. Nel 2011 ero stata a Gangotri e Yamunotri mentre due anni fa a Badrinath. Mi mancava quindi Kedarnath per completare il pellegrinaggio.


   Secondo le credenze induiste, coloro che si bagnano nelle quattro principali sorgenti del Gange, partendo da Est (Yamunotri) a Ovest (Badrinath) raggiunge la `salvezza`, moksha o il nirvana, che e` un elemento fondamentale per chi crede nella reincarnazione. Tradotto nella dottrina cattolica potrebbe essere come una indulgenza plenaria che si ottiene andando in pellegrinaggio a Roma nell`Anno Santo. Ma il paragone e` un po` azzardato.
   Per quanto mi riguarda non so se ho diritto al `nirvana` dopo che sonno stata a Kedarnath perche` non ho rispettato la rotazione Occidente a Oriente, che e` poi il verso orario in cui si cammina intorno ai templio o si fanno le offerte agli dei con l`incenso o il fuoco.
   L`origine del Chota Char Dham e` mitologica perche` e` legata alle vicende dei fratelli Pandava e di Shiva, il dio che vive in Himalaya e che ha creato Ganga, e che sono raccontate nel libro del Mahabharata. Non vado oltre perche` non sono una indologa e non voglio dire cavolate. So che questo circuito e` stato tracciato dal santo e filosofo Adi Shankarachaya che nell`VII secolo ha unificato le varie dottrine induiste e ha fatto costruire molti templi nei luoghi sacri. Tra l`altro, secondo la tradizione, Shankarachaya e` morto proprio a Kedarnath e li` si trovava il suo `samadhi` prima delle devastanti alluvioni del 2013 che hanno devastato la vallata e causato la morte di decine di migliaia di pellegrini. Il mausoleo era dietro al tempio e non e` ancora stato ricostruito.

  Prima degli Anni 50-60, il pellegrinaggio del Char Dham si faceva a piedi in tre o quattro mesi perche` non c`erano le strade, oggi lo si puo` fare in una settimana con l`auto o addirittura in pochi giorni con l`elicottero. Nel suo libro `Sacred Water` pubblicato nel 2001, lo scrittore americano Stephen Alter, cresciuto in India in una famiglia di missionnari, denunciava la `commercializzazione` del pellegrinaggio e di come i vecchi sentieri e le dharamsale dei pellegrini siano abbandonati o distrutti dalle strade motorizzarate. Se gia` 15 anni fa, si lamentava del traffico, della sporcizia, e del caos nei luoghi sacri, figuriamoi ora. Stephen Alter ha voluto rifare a piedi lo `yatra` originale e a malapena ci e` riuscito a causa delle interruzioni. Figuriamoci adesso, con le nuove dighe sugli affluenti dei Gange e con un numero sempre crescente di pellegrini, sempre piu` esigenti e pronti a pagare per arrivare comodi e in fretta.
   Ho usato il libro di Alter come guida per il miei viaggi alle sorgenti, ed ed e` stato utile per conoscere le storie, ma molti dei posti idiallici che descrive non ci sono piu` o sono difficili da trovare a causa delle costruzioni e dell`allargamento delle strade. Gli rubo una frase che condivido in pieno su come questo pellegrinaggio sia oggi completamente privo di spiritualita`: `The ultimate destinations remain the same but the spirit and the objectives of this pilgrimage have changed. Whereas the Char Dham Yatra used to involve a demanding commitment of time and energy, it is now costs little more than the price of a bus ticket. What has been lost is the slow progress of a spiritual journey, the physical challenge of the walking trail, and the many opportunities for reflection a pilgrim encounters in the forest and mountains of Uttarakhand`. E` la filosofia dello `slow travelling` che non c`e` piu` e che purtroppo e` anche difficile da praticare quando sopra la tua testa passano decine di elicotteri.

IL TEMPIO DI KEDARNATH
   Il pellegrinaggio a Kedarnath non e` difficile, e` un trekking graduale di 14 km su un sentiero che e` nuovo di zecca dopo che quello vecchio e` stato distrutto nello `tsunami` del 16 giugno 2013. Ma e` il sovraffollamento di pellegrini, muli e portantine che e` letteralmente infernale. In pratica si e` sempre in coda, da quando si arriva a Sonprayag, dove c`e` la stazione dei bus fino all`ingresso del tempio di pietra di Kedarnath a 3,500 metri di altitudine. In due giorni di cammino, uno per salire e l`altro per scendere, mi e` sembrato di avere intorno a me tutto il miliardo e passa di indiani. Ho incontrato gente del Tamil Nadu, Gujarat, Madhya Pradesh,
Maharashtra...praticamente da tutta la nazione, che con ogni mezzo, a piedi nudi, con gli elicotteri, nelle ceste dei portatori nepalesi o seduti sui muli, voleva portare un`offerta a Shiva, che e` il dio venerato nel tempio di Kedarnath.
   Il luogo sacro e` stato riaperto il 3 maggio alla presenza del premier Narendra Modi dopo la pausa invernale. A meta` mese sono iniziate le ferie indiane e con la calura nelle citta` e` anche iniziato l`esodo verso le montagne. Ma non mi aspettavo una folla del genere. Ad aggravare la situazione e` stata poi la pioggia che ha trasformato il sentiero in una pista di pattinaggio su fango, escrementi di animali e ghiaccio. In certi tratti, i muli che scendevano e salivano formavano due lunghe code, costringendo chi andava a piedi a scansarsi per non essere schiacciato. Quando poi si incrociavano le portantine, caricate sulle spalle da quattro uomini, era il panico perche` questi non si fermavano praticamente mai anche se i loro volti erano sfigurati dalla fatica. Anche i nepalesi che portavano le ceste, con una cinghia tenuta sulla fronte, non si scansavano mai ne` in salita o in discesa, come degli automi. Il loro `carico` erano di solito anziani, con i visi stravolti dalla mancanza di ossigeno, coperti da teli di plastica per la pioggia o il freddo.
   Il trekking inizia dalla cittadina di Gaurikund, sul fiume Mandakini (un affluente del Gange), legata al mito di Parvati, moglie di Shiva che qui medito` 100 anni prima di decidere di sposare il dio. Qui i devoti si bagnano nel fiume e in una sorgente di acqua termale. Per arrivarci si percorre 5 km di strada da Sonprayag, punto di arrivo del traffico veicolare. Ci sono delle jeep comuni che fanno la spola oppure si sale a piedi. Essendo il punto di partenza del trekking, come si immagina, Gaurikund e` intasato all`inverosimile. A malapena si riesce a camminare tra la gente in coda per le jeep o per affittare un mulo.
   Ho iniziato a camminare alle 7 del mattino e sono arrivata alle 3 del pomeriggio. La salita non e` stata difficile, ma ho patito l`altitudine (o forse la vecchiaia). Piu` volte mi sono fermata per `stabilizzare` i battiti cardiaci, oltre che per far passare le interminabili file di muli con i campanellini. Penso che a un certo punto c`erano piu` pellegrini a cavallo o in portantina che gente a piedi come me. Per tutto il tempo inoltre sono stata accompagnata dal rombo degli elicotteri che con 7 mila rupie (100 euro) andavano su e giu`. Qualche giorno prima il Tribunale verde indiano aveva sospeso voli, ma poi evidentemente la lobby delle compagnie private l`ha avuta vinta. Il via vai e` continuo, deve essere un ottimo business.

   La vallata del Mandakini e` un canyon stretto senza nessuna particolare bellezza, non ci sono paragoni con il trekking da Gangotri a Gaumuk, che secondo me e` uno dei piu` belli in Uttarakhand. Ma come dice anche Alter nel suo libro, c`e` qualcosa di mistico in questi pellegrinaggi che va al di la` della natura fisica del posto.
   La devozione e` visibile negli anziani indiani che salgono in ciabatte o pantofole con un fagotto sulla testa mormorando `Bum Bum Bhole `, il mantra di Shiva, oppure nei `sadhu` scalzi e semi nudi, oppure ancora in altri che portano sulle spalle delle gigantesche e pesantissime offerte per il Dio.
    Come ho accennato prima, l`intera vallata e` stata devastata nel 2013 da una alluvione che ha provocato una sorta di tsunami che ha raso al suolo tutto e causato migliaia di morti. Mentre salivo ci pensavo, quando e` successo era il 16 giugno, nel pieno della stagione, come ora. Sembra che il disastro sia stato causato da un lago che si trova a qualche chilometro a monte di Kedarnath e che e` tracimato per le piogge torrenziali (inusuali per la stagione). Una colata di detriti e acqua e` scesa lungo la vallata spazzando via tutto. Solo il vecchio tempio di pietra e` rimasto intatto  e molti hanno creduto al miracolo. Oltre 5 mila sono morti, altri 100 mila sono stati salvati dall`esercito. Una calamita` nazionale. Molti non sono mai stati trovati. Sette scheletri sono stati trivati sulle sponde del fiume Mandakini soltanto l`altro ieri.

   Mentre ero in fila sotto la pioggia per il `darshan` al tempio pensavo all`orrore di quattro anni fa in quello stesso sposto dove mi trovavo. Il governo dell`Uttarakhand ha ricostruito alcune strutture per ospitare i pellegrini, ma ci sono ancora le rovine dell`alluvione. Probabilmente prima dello tsunami Kedarnath pullulava di hotel e ristoranti, adesso si e` `ridimensionata`. Tra l`altro, per un anno, il pelllegrinaggio e` stato sospeso in attesa che si ricostruisse il sentiero.
   Ho passato la notte in un dormitorio comune nelle tende allestite dal governo dell`Uttarakhand. Cinque letti a castello dotati di spessi sacchi a pelo. La tenda non era riscaldata, la temperatura era vicina allo zero, e per di piu` i miei abiti erano umidi per la pioggia. Ma avendo anche io un sacco a pelo da altura sono riuscita a scaldarmi. Ho avuto la fortuna di avere come compagne di tenda nove donne del Maharashtra, molto simpatiche e gentili. Sono arrivate con l`elicottero, praticamente in pantofole e indumenti leggeri. Non so come abbiano fatto a resistere al freddo.
 Il `dasrhan` (offerta) al tempio e` alle 5 del pomeriggio oppure alle 6 del mattino. Dato che lo spazio interno e` di pochi metri quatrati, si formano lunghe code di pellegrini in attesa di entrare. Spesso poi ci sono dei VIP (o malati) che hanno la precedenza. Ovviamente bisogna levarsi le scarpe e andare a piedi nudi sul terreno gelido, il che aumenta ancora la trepidazione.
   Nonostante gli sforzi dei volontari per contenere il flusso dei pellegrini, all`interno del tempio c`e` una ressa paurosa al limite del soffocamento. Si deambula in senso orario intorno a un `nandi` pregando a diversi idoli di pietra situati in delle nicchie. Invocano tutti il dio Shiva ripetendo ossessivamente `om namah shivaya` mentre spingono per avanzare. Le mie compagne di tenda mi hanno dato un bicchiere con dell`acqua del Gange da spruzzare su ogni statua. Quando arrivo davanti allo Shiva Linga sono sul punto di collassare per la ressa. Lascio una banconota da 10 rupie e cerco di sgusciare fuori. Vengo letteralmente risucchiata dalla folla ed espulsa fuori da un`altra porta. Appena esco corro a riprendermi le mie scarpe che anche se inzuppate d`acqua ghiacciata mi sembrano caldissime.

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