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INDIA/La barba del premier Modi, un fioretto per la fine della pandemia?

 La Gomera, 27 Settembre 2020

   Narendra Modi, il primo ministro dell’India, che da poco ha compiuto 70 anni, si e’ fatto crescere la barba. Da quando ha decretato il lockdown per l’emergenza coronavirus, il popolare leader non è più andato da barbiere. Con il risultato che dopo cinque mesi il suo pizzetto, di solito perfettamente curato, è diventato una folta barba alla Rabindranath Tagore. Che non è esattamente l’immagine di un 'kar sevak', i volontari del partito hindi nazionalista del Bjp, di cui fa parte. Manco il Mahatma Gandhi, che aveva pieno diritto a una barba da “grande saggio”, oso’ tanto.
Il premier Modi nel messaggio all'Assemblea Generale ONU 2020


    Pare che la barba di Modi sia in realtà un fioretto, un voto, per auspicare la fine della pandemia. Il virus sta flagellando l’India con 5 milioni di casi e sta devastando l’economia soprattutto quella informale che è il 90% e che non rientra nelle statistiche. Alcuni giornalisti hanno ipotizzato che il nuovo look è frutto di un “mannat”, una rinuncia volontaria o penitenza, appunto, che consiste nel non tagliarsi la barba finche’ la crisi non sara’ vinta. Il che ci sta, essendo Modi un politico molto superstizioso, oltre che un fervente hindu. 

I pezzi pre-cotti sull’India e il discorso di Modi all’Onu
   Per i 70 anni, compiuti il 17 settembre, sono apparsi sulla stampa italiana (Manifesto e Foglio, sono quelli che ho visto) alcuni articoli in cui si ripercorrevano i soliti luoghi comuni su Modi e sull’India. E cioe’ che il leader indiano è un “uomo forte”, megalomane, circondato da fanatici, che non sa fare che propaganda, che il suo piano di riforme è stato un fallimento totale e che l’India è al collasso. Come se i leader nostrani (e anche quelli oltreatlantico) fossero da meno. Si diceva lo stesso dell’italiana Sonia Gandhi, saldamente al governo con un premier (Manmohan Singh) di sua scelta fino al 2014, anno in cui il Congresso perse le elezioni e inizio' l’ascesa di Modi, il governatore del Gujarat, nato da nulla, ma forte dell’appoggio dei grandi gruppi industriali. Per vincere le elezioni in un Paese di 1 miliardo e 300 milioni di persone bisogna per forza essere un “uomo forte’ o “donna forte” sia dal punto di vista del carisma che delle risorse economiche. E va riconosciuto che il processo elettorale in India, nonostante le dimensioni gigantesche, è sempre stato democratico. Tant’è che un signor Nessuno come Modi è riuscito a sconfiggere decenni di dominio dei Gandhi.
   Il premier si è presentato con il suo nuovo look all'appuntamento con l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite”. Nel messaggio preregistrato ha criticato l’Onu per ritardare le riforme e non permettere che le nuove realtà mondiali non si seggano allo stesso tavolo dei Grandi. “Per quanto tempo l’India sarà tenuta fuori dagli organismi decisionali delle Nazioni Unite” si è chiesto. Ovviamente è un argomento molto scomodo questo di cui nessuno parla più. Anche l’attacco di Modi sul fronte della pandemia, dove accusa l’Onu di completo silenzio negli ultimi 8-9 mesi, da’ molto fastidio. Come da’ fastidio che il premier indiano ricordi alcuni dei principi che sono parte delle fondamenta civili dell’India (la “narrativa” come va di moda dire oggigiorno) e cioè il pacifismo, il terzomondismo e lo spirito di fratellanza (sintetizzato nel mantra  “vasudhaiva kutumbakam”, il mondo è una famiglia), che sono valori trasversali della sinistra e della destra.  
   È meglio tacere anche sull’importanza della farmaceutica indiana per fornire medicine low cost ai Paesi più poveri e alla promessa di un vaccino indiano anti Covid che sia a disposizione di tutti e alla portata di tutti. Cosa che di recente, se ben ricordo, anche Papa Francesco ha auspicato. E lui non è un ultranazionalista hindu.
   Insomma invece di tirare fuori pezzi precotti su Modi, dagli spazi più reconditi dei “freezer” delle redazioni, che sono sempre uguali negli ultimi sei anni, magari ascoltando il suo messaggio all’Onu, si potrebbe forse contribuire alla comprensione dell’India e informare su cosa sta accadendo nel mondo.

Anche l'Onu si e' accorto che ci sono piu' telefoni che cessi

L'altra settimana i grandi pensatori delle Nazioni Unite sono venuti fuori con una notizia banale, ma mediaticamente forte. In India ci sono piu' telefonini che gabinetti. Bella scoperta. Io ci avevo fatto ben due anni fa un post (leggete qui) partendo pero' dal fatto che secondo me c'erano troppi cellulari. Loro dicono invece che ci sono pochi cessi e che bisogna farne di piu'. Come se fosse piu' facile fare una fognatura che comprare una scheda Sim. Propongo di importare qui le vecchie cabine telefoniche da noi obsolete e trasformarle in cessi con il telefono. Provocazione? Vediamo cosa dice il prossimo rapporto Onu...

Summit sul clima a Delhi, perché non cominciamo a spegnere l’aria condizionata?


Sto seguendo in questi giorni a Delhi un forum mondiale sul cambiamento climatico pre Copenhagen organizzato dall’indiano R.K Pachauri, la barbuta Cassandra delle sciagure ecologiche prossime venture e per questo anche Nobel per la pace nel 2006 insieme ad Al Gore. Il riscaldamento terrestre, che ai miei tempi si chiamava inquinamento, è oggi l’ultimo dei pensieri a turbare i sonni dei leader mondiali. Lo scioglimento dei ghiacciai himalayani e l’inabissamento delle Maldive non sono poi così gravi rispetto al fallimento delle banche di tutto il mondo, cosa che di fatto sarebbe avvenuta senza l’intervento pubblico.
L’ecologia non va più tanto di moda. A Delhi è arrivato anche il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon per ricordare i doveri del trattato di Kyoto, ma nessuno se n’è accorto.
Per fortuna la recessione mondiale farà respirare un po’ il pianeta. La pressione sulle risorse si è allentata. Si consuma meno petrolio, meno acciaio e a quanto pare si mangia e si beve anche di meno. Ma per quanto? Pachauri dice che appena ci sarà la ripresa i prezzi del greggio torneranno come prima e allora le tecnologie “pulite” (tra cui ora ci mettono anche il nucleare), saranno di nuovo attuali. Il ritornello dominante delle varie sessioni del forum, di una noia mortale (nonostante gli sforzi di Nick Gowing, l’anchorman della Bbc, che davvero vorrei sapere quanto prende per moderare i dibattiti), è che la lotta al cambiamento climatico è “un’opportunità” per rilanciare l’economia mondiale e creare posti di lavoro. E’ l’idea lanciata da Barak Obama nel suo new deal ecologico. Convertire le economie dipendenti dal carbone a economie pulite o verdi sembra essere la bacchetta magica in grado di salvare il capitalismo mondiale. Al forum di Delhi ci sono le grandi industrie del settore, francesi, tedesche, americane, purtroppo nessun italiano a parte il direttore dell’Enea, Luigi Paganetto. Pannelli solari, marmitte catalitiche, batterie ricaricabili, c’è tutto un mondo da inventare appena la lobby del petrolio molla la presa. Io ho perfino comprato oggi in uno stand di un’azienda indiana una torcia elettrica ricaricabile con la manovella. Lo so, sono caduta nella trappola del neoconsumismo ambientalista. Ma se serve a garantire la pagnotta ben venga. Il problema è che la garantisce solo ad alcuni e non ad altri. Non si può parlare di ambiente quando per esempio si consumano centinaia di bottigliette di plastica per l’acqua come ho visto oggi sui tavoli. Oppure quando si tiene l’aria condizionata a manetta nella sala della conferenza quando fuori non ci sono neppure 20 gradi. Facendo appello alla coscienza ecologica dei presenti, ieri ho proposto a Nick Gowing di spegnere l’impianto di condizionamento che oltretutto è anche dannoso per la salute. Nessuna reazione, piatta totale, nessuno si è risvegliato dal torpore pomeridiano post buffet.

PS Due giorni dopo sono ritornata al convegno. Erano tutti in manica di camicia, compreso Nick. Avevano spento i condizionatori