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VACCINO ANTICOVID/E se provassimo con l’artemisia della Gomera?

 San Sebastian de La Gomera, 12 marzo 2021

   Per via delle abbondanti piogge di dicembre e gennaio, l’isola de La Gomera, una delle più’ piccole dell’arcipelago delle Canarie,  è un’esplosione di fiori e erbe profumate. Cosi non si la  vedeva da tempo. La gente del posto dice che questa è la vera primavere canaria e non la steppa di cactus che si era creata dopo tre anni di siccità.  Tra gli arbusti selvatici più curiosi, per via del profumo pregnante, c’è una specie endemica di Artemisia, chiamata Artemisia Thuscola o argentata, o “mol” dagli indigeni canari, i guanchos.  L’artemisia è una pianta diffusa in tutto il mondo, spesso considerata un’erbaccia da estirpare, a cui appartengono circa 400 specie, alcune molto diverse da loro e con diverse proprietà mediche, tra cui potrebbe esserci quella contro il Covid. Per alcuni è l’erba dell’assenzio, il famoso distillato verde che sa di anice, la “fata verde’ della bohème parigina.  Lo stesso vermouth, prodotto per la prima volta a Torino e medicinale prima di diventare aperitivo, deriva il suo nome dal tedesco Wermut ("wormwood" come gli inglesi chiamano la varietà di Artemisia Absinthium). Quindi il Martini sarebbe in realtà un vermifugo e antisettico (le movide degli aperitivi milanesi a questo punto andrebbero rivalutate!).


   Anche la specie delle Canarie, che cresce spontanea nelle vallate a circa 700-800 metri di altezza, possiede delle sostanze benefiche, in particolare per problemi intestinali e anche come antiparassitario per gli animali.  È impiegata in diversi prodotti naturali venduti nelle erboristerie e citata nel libri del medico naturopata  S. Jorge Cruz Suárez, “Más de 100 Plantas Medicinales en Medicina Popular Canaria”.  La si trova soprattutto sui sentieri di trekking nell’ovest della Gomera e il suo odore è inconfondibile.

   L’artemisia è salita di recente alla ribalta della cronaca per un suo derivato, l’artemisinin (AN), una sostanza già usata nella medicina tradizionale cinese e africana, che di recente è stata riconosciuta dall’OMS come trattamento antimalaria  (qui ci sono tutti i dettagli).  Questa molecola è estratta dall’Artemisia Annua, una delle tante varietà di artemisia diffuse su tutto il pianeta.  È stata “scoperta” dalla farmacista cinese Tu Youyou che nel 2015 ha vinto il premio Nobel per la medicina, insieme ad altri ricercatori, per i loro studi nel campo della malaria e delle infezioni parassitarie che nei paesi più poveri uccidono milioni di persone ogni anno. Oggi giorno il preparato dell’OMS a base di artemisinin è uno dei rimedi  più’ efficaci contro la malaria. 

   Lo scorso anno, in piena pandemia e quando le speranze di un vaccino sembravano molto lontane nel tempo, si è tornati a parlare delle potenziali proprietà dell’artemisia. In Madagascar è stato prodotto uno sciroppo, e ora anche delle capsule, a base di Artemisia Annua. Gli studiosi locali sostenevano che il principio attivo dell’erba poteva essere efficace anche contro il nuovo virus Sars Coronavirus. Il presidente del Madagascar, il vivaio mondiale delle erbe medicinali, aveva dichiarato che il preparato in commercio poteva prevenire il Covid 19 e che era pronto a esportarlo negli altri paesi Africani, cosa che avvenne nonostante la mancanza di un approvazione da parte dell’OMS. La stessa organizzazione di Ginevra prese le distanze dall'iniziativa  chiedendo però che si iniziassero a studiare le potenzialità dell’Artemisia Annua nel combattere il nuovo coronavirus (qui il comunicato del maggio 2020.)

   Nel frattempo una start up spagnola di biotecnologia sta studiando la pianta dell’Artemisia Annua in una fattoria ecologia nel nord di Tenerife. In origine le ricerche si concentravano su prodotti antimalarici, ma ora sono indirizzate ovviamente al Covid. La piccola società, che si chiama Biotech Trichofarming Researh studia le proprietà dei “tricomi” (i peli delle piante) di diverse erbe medicinali e aromatiche, in particolare l’Artemisia Annua coltivata alle Canarie.  Dopo alcuni anni di esperimenti,  la società ha iniziato a commercializza un prodotto con il marchio di Artennua, che secondo quando si legge sul website avrebbe delle proprietà di rafforzare il sistema immunitario e quindi di combattere il Covid.

   L’artemisia non può ovviamente essere un vaccino, ma può prevenire le aggressioni dei virus secondo il basilare principio di tutte le medicine tradizionali, come la millenaria ayurveda indiana, che si concentrano sul rafforzamento delle nostre difese immunitarie naturali. Una strada che purtroppo  non sembra essere stata molto battuta nelle strategie nazionali di difesa sanitaria anti Covid.  

 

Test clinici per resuscitare i morti, ecco lo strano scoop di The Hindu

New Delhi, 16 maggio 2016  

   L’India non finisce mai di stupire. Approfittando di una delle tante lacune legislative, una clinica intende sperimentare un trattamento a base di cellule staminali per ‘resuscitare’ i morti. Avete capito bene: rigenerare le cellule del cervello in caso di morte cerebrale.
   Ieri il quotidiano The Hindu apriva a sei colonne con questo scoop (ecco qui). La notizia ha dell’inverosimile non solo per il tipo di test che è unico al mondo, ma anche per dove vengono condotti, a Rudrapur, in una anonima cittadina dell’Uttarakhand, lo stato himalayano famoso per le sorgenti del Gange.
   Forse The Hindu, che d'abitudine è un giornale serio e compassato, voleva soltanto polemizzare. Infatti pubblicava la foto shock dell’’ospedale’ Anupam di un neurochirurgo (con un passato da ortopedico), il dottor Himanshu Bansal, che pare abbia iniziato a praticare medicina dal 2005.
   Mi immagino come in quell’ospedale, tra un ristorante e una banca, con una strada sterrata davanti, si faranno esperimenti rivoluzionari su 20 pazienti in coma cerebrale irreversibile come autorizzato dalle autorità indiane. Il primo ‘corpo’ deve ancora arrivare.
   Il progetto, che si chiama ReAnima, è frutto di una collaborazione tra una società americana di biotecnologie, la Bioquark, e il centro Revita, che è la creatura di Bansal che da una ventina di anni ha la passione per le cellule staminali.
    Nel suo simpatico articolo, The Hindu lascia intendere che c’è qualcosa di ‘strano’, ma non si spinge oltre. Il tema è delicato e anche spaventoso, mi immagino un laboratorio tipo quello di Frankestein…