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LA FOTO - La cresta de La Gomera avvolta dagli alisei

La Gomera, sabato 11 novembre 

Roque de Agando, La Gomera (Canarie) - Foto di Maria Grazia Coggiola


   Il "roque de Agando" è una formazione vulcanica de La Gomera (arcipelago spagnolo delle Canarie) che è uno dei simboli di pietra dell'isola. E' un monumento naturale che sorge a 1246 metri nella foresta di lauro selvatico del Garajonay. In termini tecnici si tratta di un "collo vulcanico", magma all'interno di un cratere che si è eroso con il tempo. Il suo nome, Agando, appartiene alla cultura dei "guancho", gli abitanti delle Canarie prima della colonizzazione ispanica, che lo ritenevano un luogo sacro. 

La foto è stata scattata con uno Galaxy Samsung nel pomeriggio quando le nubi spinte dall'aliseo, il vento da nord-est, iniziavano ad avvolgere la cima dell'isola. 

 

Canarie/La Madonna della Gomera sale in barca

 San Sebastian de la Gomera, 9 ottobre 2023

   La tradizione vuole che ogni 5 anni a la Gomera, il primo lunedì dopo la prima domenica di ottobre, una statuetta sacra raffigurante una Madonna nera venga portata in una solenne processione per mare dal santuario di Puntallana fino alla città di San Sebastian. Da oggi nella piccola isola dell'arcipelago spagnolo delle Canarie situata a sud di Tenerife, sono iniziati i festeggiamenti ('lustrales') dedicati alla patrona, la Vergine di Guadalupe. La tradizionale "bajada" della Madonna ha attirato sull'isola migliaia di persone che si sono assiepate sulla spiaggia di sabbia nera di San Sebastian per ricevere la reliquia. 

Processione de la Vergine di Guadalupe (foto Maria Grazia Coggiola)

   E' esattamente dal 1871 che ogni lustro la Virgen de Guadalupe "riappare" agli isolani dopo essere stata prelevata dalla chiesetta del promontorio di Puntallana (a circa 2 miglia nautiche) da un peschereccio ornato di foglie di palma e portata con un grande corteo di barche fino al porto di San Sebastian, capoluogo de la Gomera. Da qui l'immagine sacra viene messa su un baldacchino e trasportata a braccia fino alla chiesa dell'Assunzione. Per il prossimo mese la statuetta lignea, che raffigura Maria con in braccio Gesù Bambino,  visiterà tutti i comuni de la Gomera per poi ritornare nella sua cappella.

Processione via terra della Vergin de Guadalupe a San Sebastian de la Gomera (foto Maria Grazia Coggiola)

   La credenza risale al XVI secolo quando un galeone spagnolo diretto alle Americhe scorse un bagliore provenire dalla costa de la Gomera. I marinai scesero a terra e videro che la luce proveniva da una statua della Madonna in una grotta. La prelevarono e la portarono a bordo. Ma non riuscirono a continuare il loro viaggio, la nave si bloccò e uno stormo di gabbiani cominciò a volteggiare intorno alla statua. Gli uomini si presero paura e riportarono la statuetta dove l'avevano trovata. Dopo aver saputo dell'accaduto, il conte de la Gomera fece erigere nel 1542 una chiesa sul luogo e la dedicò alla Madonna di Guadalupe che si venera in Spagna, nella regione di Estremadura. 

   Questa è la leggenda che si narra e che è diventata parte del patrimonio culturale, non solo religioso, de la Gomera. La venerazione della Vergine di Guadalupe ha ispirato canzoni popolari dedicate alla "morenita di Puntallana" ed è molto radicata nella comunità cattolica dell'isola.  

  

  

CANARIE/L'enigmativo zifio e la balena alla deriva

Tenerife, 20 giugno 2023

   A nord di Corralejo, la colonia italiana e paradiso dei surfisti nell’isola di Fuerteventura, c’è un antico porto spagnolo, El Cotillo, risalente al XVII secolo. È stato un avamposto importante per i commerci con l’isola di Madeira, oggi portoghese. Di quel passato è sopravvissuto solo un pezzo di fortificazione, la Torre del Tostòn, da dove si respingevano a cannonate i pirati francesi e inglesi.  

Lo scheletro di zio a El Costillo (Fuerteventura)     (Foto Maria Grazia Coggiola)

  Sono arrivata a El Cotillo in bicicletta da una strada sterrata lungo la costa e che passa tra le più belle spiagge di Fuerteventura. Un bel percorso di circa due ore da Corralejo. El Cotillo oggigiorno è soltanto un attrazione turistica, le case dei pescatori sono ristoranti e lounge bar. Ma davanti alla massiccia torre ho scoperto qualcosa di veramente interessante che ha risvegliato la mia curiosità. Su un piedistallo sorge uno scheletro di ‘zifio’, una balena che somiglia un po’ a un siluro e che risulta essere uno degli animali più enigmatici e meno conosciuti sulla terra. Il cetaceo, leggo su un pannello, è stato ritrovato sulla costa nord di Fuerteventura il 24 luglio del 2004. Si ritiene che il suo spiaggiamento sia stato causato da esercitazioni navali in corso negli stessi giorni davanti alla costa del Marocco. Altre due balene sono state trovate morte a Lanzarote. Nelle manovre militari Nato-Usa, chiamate Majestic Eagle, che coinvolgevano diverse portaerei e sottomarini, sono stati usati i dispositivi sonar, che - come hanno provato studi scientifici - hanno effetti devastanti sui cetacei a causa dell’elevata potenza di decibel. Per fuggire al chiasso assordante dei sonar, usati per intercettare i sottomarini, le balene si immergono o riemergono velocemente andando incontro a danni legati alla decompressione proprio come avviene per i subacquei. In seguito il sonar è stato proibito in un raggio di 50 miglia dalle isole Canarie. Ma cosa sono 50 miglia per una balena?

La Torre del Tostòn a El Cotillo (Fuerteventura)  (Foto di Maria Grazia Coggiola)



   Lo scheletro di zifio che avevo davanti misurava 5.75 metri ed era una femmina adulta. Questa specie, nota anche come 'balena dal becco di Cuvier', è presente in tutti gli oceani, ma è molto raro avvistare gli esemplari nel loro habitat. Si pensa che siano in grado di immergersi a grandi profondità e rimanere diverse ore senza tornare in superficie a respirare. Non si sa se siano numerosi, ma non sono classificati tra le specie in via di estinzione perché di tanto in tanto si ritrovano negli spiaggiamenti anche in Meditarraneo. Mi sono ricordata che nel libro “Le Regine dell’Abisso”, la ricercatrice australiana Rebecca Giggs, scrive che “questi animali, a volte lunghi come autobus, esistono sugli spalti della storia naturale, in uno spazio tra la congettura e il campione. Si sa molto di più dei loro antenati, dai fossili custoditi negli archivi museali , che non delle creature viventi. Sono state chiamate ‘il gruppo meno compreso di animali di grossa taglia sulla Terra’”.

    Dopo Fuerteventura ho continuato la navigazione con la mia barca a vela Maneki verso Tenerife e per caso, di nuovo, ho avuto a che fare con un cetaceo spiaggiato. Per un paio di giorni, il tempo della mia navigazione, la stazione radio di Las Palmas ha lanciato avviso ai naviganti (sul canale VHF 16 che è quello sempre aperto quando si naviga) relativo a una “balena alla deriva” di circa 4 metri di lunghezza e di colore grigio-nero. La carcassa era stata avvistata a sud di Tenerife, più o meno dove sarei dovuta passare io, il che mi ha creato un po’ di apprensione. Un ostacolo di quattro metri è sufficiente ad affondare una barca di nove metri…e di notte è impossibile vederlo. Le allerte radio si sono susseguite ogni due o tre ore e ogni volta sempre con una diversa posizione espressa in coordinate. Sulla mia carta nautica ho tracciato il percorso della povera balena alla deriva che in 24 ore da sud Tenerife è finita a sud di Gran Canaria spinta da venti e correnti. L’ultimo bollettino che ho sentito prima di spegnare la radio dopo aver ancorato nella baia di Las Galletas, a sud est di Tenerife, e andare finalmente a dormire era che si trovava a Maspalomas. Nonostante la stanchezza, mi sono ricordata di un altro passaggio del libro che citavo prima, Le Regine degli Abissi, dedicato alla “whalefall” ovvero alla caduta della balena, che subentra in seguito alla decomposizione del mastodontico corpo. Innanzitutto il cetaceo morto galleggiante è un banchetto per uccelli marini, pesci e tutti coloro che si trovano nei paraggi. L’olezzo di una balena decomposta è terrificante, mi ricordo dell’unica volta che ne ho visto una spiaggiata a Palolem, a sud di Goa, la ex colonia portoghese nell’India meridionale. 

   Pare che un cetaceo morto possa galleggiare per settimane, dipende dalla specie e dalla quantità di olio nella testa. L’autrice Rebecca Giggs descrive minuziosamente gli effetti della caduta nel buio permanente dei freddi abissi oceanici dove va a sfamare un gran numero di creature. “Più di duecento specie diverse possono occupare la cornice di una sola carcassa di balena” una volta che è sul fondo oceanico, terreno ancora inesplorato dall’uomo e probabilmente fonte di molti segreti sulla vita terrestre. È solo dal 1977 che si osservano le “cadute di balene” che portano la vita negli abissi innescando un proliferare di organismi bizzarri e affascinanti. Il “cetaceo alla deriva” si inabisserà forse a 1000 o 2000 metri nell’Atlantico, dove non è mai stato da vivo, e sarà spolpato da creature che probabilmente nessuno ha mai visto o catalogato, proprio come gli zifi.

Canarie/ La 'caravella portoghese', un esempio di kibbutz marino

Valle Gran Rey (Gomera) - Lunedi' 3 aprile 2023

  La primavera si sente anche stando sul mare. Sono ancorata nella baia di Valle Gran Rey (sud-ovest della Gomera), sotto delle grandi scogliere che mi proteggono dagli alisei. Da quando e' iniziata la primavera, la temperatura dell'aria (e anche dell'acqua) e' aumentata e c'e' un certo fermento in superficie. Non so se esiste una "stagione degli amori" come per gli uccelli, ma ho notato un aumento nella presenza di fauna marina. Non solo pesci...questa che si vede nella foto e' una "caravella portoghese" (Physalia physalis), che sembra una medusa ma non lo e' affatto. 

Caravella portoghese vista dall'alto (Foto di Maria Grazia Coggiola)

 E' un simpatico esempio di cooperazione tra specie diverse, una 'colonia' di almeno quattro invertebrati differenti (come leggo da Wikipedia), nessuno dei quali sa nuotare...Sta su' perche' uno di loro gonfia una sacca di gas, tipo salvagente, sopra alla quale c'e' una specie di vela per avanzare con il vento.  Ognuno ha un proprio ruolo nel metabolismo di questa strana creatura, non esiste proprieta' privata, si lavora per il bene comune e si dividono equamente i frutti del lavoro. ovvero pesci e altri organismi che vengono catturati da lunghi tentacoli pieni di veleno.

Caravella portoghese vista di lato (Foto di Maria Grazia Coggiola)

La 'caravella portoghese' riesce anche a superare le polemiche gender, perche' - da quanto ho capito - i polipetti che stanno attaccati alla sacca galleggiante sono 'unisessuali'. Una specie di kibbutz marino, insomma, con un sistema di difesa niente male, anche nei confronti degli umani. Meglio non farsi toccare.

STORIE DI VELA/Canarie, la mia ancora e la 'desertificazione' dei fondali

La Seba canaria, come la Posidonia in Mediterranei, è vitale per l'ecosistema marino  

Baia di Santa Agueda (Gran Canaria), 25 febbraio 2023 

    Da un po’ di giorni mi ossessiona il pensiero che l’ancora della mia barca a vela Maneki rischia di distruggere una pianta marina autoctona, che si chiama Cymodocea nodosa e che è preziosissima per l’ecosistema. Ammetto la mia ignoranza in materia, quindi vado a tentoni. Innanzitutto non è una alga, ma una ‘pianta’ dotata di foglie, radici, fusto, polline, proprio come le sue sorelle in terraferma. Alle Canarie queste "praterie verdi" le chiamano ‘sebadales’, e sono l’equivalente delle preziose distese di Posidonia diffuse nel Mediterraneo.
Una pattuglia del Servicio de vigilancia y protection de las zonas ZEC (foto Maria Grazia Coggiola) 

   Perché sono importanti per l’ambiente? Oltre che produrre ossigeno grazie alla fotosintesi clorofilliana, servono da rifugio a tantissimi pesci e mammiferi, dai cavallucci marini alle testuggini. Il loro habitat e' il fondale sabbioso dai 5 ai 20 metri di profondita’, proprio quello preferito dalle barche per l'ancoraggio. L’ancora e soprattutto la catena che tiene ferma la barca ‘raschia’ il fondo e lo desertifica.

   Le sebadales sono diffuse in tutte le isole Canarie (eccetto Hierro e La Palma), ma la loro presenza si è drasticamente ridotta a causa della costruzione di infrastrutture, dell’inquinamento marino, della pesca a strascico e molto probabilmente anche delle numerose barche a vela alla fonda. Data l’importanza economica e ambientale, il governo canario ha avviato un progetto di monitoraggio e ripopolamento delle sebadales nelle zone Zone a Conservazione Speciale (ZEC), che sono le coste protette dell’arcipelago. La Seba canaria inoltre è stata inserita dal governo Madrid nella lista nazionale delle specie protette e a rischio di estinzione.

Cymodocea nodosa (Sebadales)  

   Non so come funziona la ‘restauracion'’, ma il controllo funziona. Qualche giorno fa un battello della pattuglia del Servicio de vigilancia y protection de las zonas ZEC si è avvicinato alla mia barca e mi ha informato che avevo ancorato sopra una prateria. Mi trovavo nella baia della ‘cementera’ (puerto Santa Agueda) nel sud di Gran Canaria. In effetti diverse foglie fresche ‘galleggiavano’ intorno, segno che erano state appena spezzate. Mi hanno poi indicato una app governativa (Normap) dove c’è una “mappa” delle sebadales in tutto l’arcipelago. Ovviamente mi sono immediatamente spostata dal fondale ‘verde’, e adesso faccio più attenzione a dove getto la mia ancora.

LA FOTO - Canarie, non solo blu', giorno di calima a Mogan

 Mogan (Gran Canaria), 20 febbraio 2023

Stamane mi sono svegliata cosi' in questo cielo lattescente che il "calima", il vento dall'est, soprattutto in questo mese, porta sulle isole piu' orientali delle Canarie. La foto e' scattata davanti al porticciolo di Mogan dove sono ancorata con la mia barca a vela Maneki.


Canarie a vela/Ho avvistato un barcone usato dai migranti

Gran Canaria, 14 febbraio 2023
   In questi giorni nell’arcipelago delle Canarie spira il ‘calima’, il vento dall’Est che porta la sabbia dall’Africa e riduce la visibilità. È il vento che fa sbarcare sulle spiagge delle famose isole spagnole decine di migranti in fuga dall’Africa subsahariana. La cosiddetta ‘rotta Canaria’ è una delle più pericolose perché significa attraversare centinaia di chilometri di oceano Atlantico dal Marocco o dalla Mauritania in un punto con forti corrente e vento. Viaggi della speranza che si trasformano in tragedie del mare spesso invisibili. Secondo statistiche di una ong circa 6 migranti al giorno in media muoiono nel viaggio della speranza dalle coste nord africane alla Spagna.
Interno di una 'patera' nel porto di Arguineguin (Gran Canaria)


 Ieri mi è capitato di vedere da vicino una delle imbarcazioni con cui i migranti arrivano alle Canarie. Era vuota, forse perché abbandonata dopo lo sbarco oppure, ma non voglio pensarlo, perché i suoi occupanti sono finiti in mare. È successo in piena notte a circa 10 miglia nautiche (18 km circa) dalla costa meridionale di Gran Canaria. Con la mia barca a vela Maneki avevo appena attraversato lo stretto tra Tenerife e Gran Canaria e dato che il vento era cessato (succede sempre cosi quando si arriva davanti alla costa meridionale di Gran Canaria) ero praticamente alla deriva. Alla radio VHF (canale 16) sento un messaggio della radio di Las Palmas rivolto a un ‘sailing vessel’ in una certa posizione. Controllo il GPS e mi accorgo che sono proprio io. Rispondo immediatamente, con una certa apprensione perché non capita tutti i giorni, e mi chiedono di identificarmi e poi di stare in stand by sul canale 74. Dopo pochi secondi sento un operatore che mi chiama “Maneki, Maneki, here Las Palmas, Las Palmas. Do you read me? Over”. Rispondo e la voce maschile in perfetto inglese mi chiede di “identificare un target che secondo il radar si trova a 1.5 miglia nautiche a Ovest della mia posizione”. Guardo fuori, ma la visibilità è molto bassa, a causa del calima, praticamente nebbia. Non vedo nulla, dico. Allora mi chiede se posso cooperare con loro e recarmi sul “target”. Mi chiede di annotare le coordinate e di far sapere appena vedo qualcosa. 
   Ecco che alle 4 di notte, quando già sognavo di ancorare in qualche baietta tranquilla e levarmi gli abiti inzuppati per la traversata da Tenerife, mi trasformo in soccorritrice. Con una certa apprensione perché non è ben chiaro cosa sia il “target”. Inoltre la vedo un po’ difficile da sola timonare, controllare il gps e soprattutto scrutare le acque scure alla cerca di qualcosa di non ben definito. Il mare è calmo, ma ripeto è coperto da una densa coltre di vapore. Mi avvicino di mezzo miglio procedendo un po’ a zig zag. “Las Palmas, Las Palmas, here Maneki, Maneki, I do not see anything, what do you think I should see?” domando con il terrore che mi chiedano di avvistare un ufo o chissà cosa. Las Palmas mi dice che dal radar potrebbe essere una barca di legno usata dai migranti, ma serve una conferma visiva e poi bisogna sapere se c’è qualcuno. Insiste nonostante le mie titubanze. “It will be very helpfull if you go to check”. Okkey…replico e vado incontro al mio destino, con rassegnazione. 
   Ci metto un bel po’ a raggiungere la posizione, quando ci sono vicina, fermo la barca e vado a prua a scrutare, niente…Las Palmas mi avverte che dal loro radar risulta che sono vicina, 200 metri in direzione 330 gradi. Con le gambe che mi tremano guardo la bussola e ingrano la marcia. “Look on your starboard, on your right” dice la voce che mi segue da un schermo radar che è estremamente preciso, perché dopo pochi istanti vedo una massa nera. È un barcone di legno di 4-5 metri. Una ‘patera’, come ce ne sono tante ammassate nel porto di Arguineguin, che fa da hub per gli arrivi dei clandestini. Nella sola prima settimana di febbraio sono state 660 le persone arrivate vive a bordo di 13 “patera”. Punto la torcia, sembra vuota, da una parte è attaccata una lunga cima, mi sembra, per questo non posso avvicinarmi troppo, ho paura che si impigli nell’elica.
   Ci giro intorno due o tre volte poi chiamo Las Palmas e confermo, non ci sono persone a bordo. È quello che volevano sapere, poco dopo sul canale 16 lanceranno un ‘securite’ securite’’ un avvertimento per i naviganti dove si dice che una barca di legno di 4 metri è alla deriva in quel tratto di mare. Un messaggio che purtroppo sente molto spesso quando navigo. Mi vengono i brividi a pensare che navigando poco prima avrei potuto urtare la patera e probabilmente affondare. Ma non è solo questo pensiero che mi fa rabbrividire. I migranti dove sono? Nelle fosse comuni in fondo al mare? Spero siano in salvo da qualche parte o che siano stati soccorsi dalla Guardia Costiera spagnola come è capitato in questi giorni, mi sembra ancora di avvertire la loro presenza, la loro disperazione in quel mare di pece.

Sport estremi/Remando dalle Canarie ai Caraibi, si parte

 San Sebastian de la Gomera, 04 dicembre 2022

   Come ogni anno, anche in questo dicembre il porticciolo di San Sebastian de la Gomera ospita la regata transatlantica dei canoisti. Oltre 40 team, molti britannici, nessun italiano, sono arrivati nell'isola a sud di Tenerife per prendere parte alla Talisker Whisky Atlantic Challenge, una gara che consiste nel remare, con robuste canoe di circa 7 metri, per oltre 3 mila miglia fino ai Caraibi, precisamente ad Antigua. Ci sono 4 categorie, solo, a due, a tre e a quattro. Il solitario ci impiega dai due ai tre mesi, il quartetto invece quattro settimane. E' definita una gara di sport estremo, perché oltre alla fatica di remare in pieno oceano, ci si deve anche adattare a dormire poco, mangiare cibo liofilizzato e bere acqua desalinizzata. Curioso e' che lo sponsor della gara, Talisker, sia una marca di whisky scozzese. Un'associazione tra alcol e sport che fa un po' rabbrividire...

Preparativi a San Sebastian de la Gomera per la regata transatlantica dei rematori

Per ospitare i rematori, la marina di San Sebastian ha dovuto sgomberare un intero pontile, quello dove attracco di solito io con la mia barca a vela Maneki, e creare nuovi spazi per ospitare gli organizzatori della gara, gli eventi e i vari briefing preparatori. La partenza e' prevista per dopodomani il 12 dicembre. 

E' bello vedere i rematori, e i loro fisici possenti, nelle strade di San Sebastian. Alla sera molti fanno festa nel bar Blue Marlin, che ospita i memorabilia delle edizioni precedente. Ci sono anche team femminili, e una ragazza in solitaria. Ogni team e' legato a una causa, tipo la ricerca sul cancro, e a una associazione di beneficenza.  La scorsa edizione e' stata vinta, nella sezione a quattro, da un team svizzero che ha remato per 32 giorni e 22 ore. Il record e' di 29 giorni e 14 ore.

LA FOTO/La Gomera, davanti all'organo di roccia

La Gomera, 15 luglio 2022

   Questa e' una delle attrazioni naturalistiche de La Gomera, una delle piu' piccole isole dell'arcipelago spagnolo delle Canarie. Un 'monumento' di roccia intarsiata chiamata Los Organos per la sua somiglianza con le canne di un organo. Si trova sull'estremita' nord occidentale dell'isola, quella piu' aspra perche' costantemente levigata dai venti alisei. La formazione rocciosa e' alta circa 80 metri e larga circa 200 metri. E' raggiungibile solo via mare, circa due ore dal porto peschereccio di Vuelta. Ho letto che i 'tubi' dell'organo sono in realta' delle condotte di lava di un vulcano. Durante la eruzione, nella notte dei tempi, il magma sarebbe salita lentamente attraverso questi canali di circa un metro di diametro. Il cratere si sarebbe poi disentegrato lasciando allo scoperto queste colonne prismatiche di basalto che scendono a picco sul mare e che probabilmente continuano anche al di sotto della superficie. 

  Ho avuto la fortuna di arrivarci con la mia barca a vela Maneki proprio al tramonto quando la roccia si illumina di luce diretta e l'organo si mostra in tutta la sua pienezza, un vero spettacolo della natura che lascia a bocca aperta. Secondo i vulcanologi la Gomera e' la piu' antica delle isole canarie, circa 20 milioni di anni, e in particolare Los Organos e' un ex vulcano molto vecchio che il mare e il vento hanno poi modellato.       



Canarie, il fronte sud della Nato

La Gomera, 4 luglio 2022

   Da paradiso della vacanza a fronte meridionale della Nato. Basta un attimo e ti ritrovi una trincea in spiaggia o un obice sotto l’ombrellone. Le isole Canarie sono a migliaia di chilometri dalla guerra in Ucraina, in teoria più che al sicuro dalle minacce nucleari dello zar Putin e dai suoi ricatti sul gas. Invece no.
   Dopo l’ultimo summit Nato di Madrid, che ha definito la strategia dell’alleanza per il prossimi 10 anni, le Canarie sono diventate strategiche per la difesa europea. L’arcipelago spagnolo, meta invernale dei pensionati, si è ritrovato suo malgrado a essere l’ultimo baluardo meridionale contro ‘i cattivi’ nel continente africano.

   Nello “Strategic Concept” 2022, il documento della Alleanza Atlantica sottoscritto la scorsa settimana, si elencano i “nemici” dai 30 Paesi membri: al primo posto ovviamente la Russia, quindi la Cina, il terrorismo, i pirati informatici e poi anche una serie di minacce che provengono da Medio Oriente, Africa settentrionale e regione del Sahel. Minacce che sono li’ da anni, ma la Nato sembra ricordarsene solo ora.
   Ecco il passaggio al punto 11: “Conflict, fragility and instability in Africa and Middle East directly affect our security and the security of our partners. Nato’s southern neighbourhood, particularly Middle East, North Africa and Sahel regions, face interconnected security, demographic, economic and political challenges. These are aggravated by the impact of climate change, fragile institutions, health emergencies and food insecurity. This situation provides fertile ground for the proliferation of non-state armed groups, including terrorist organizations. It also enables destabilizing and coercive interference by strategic competitors”. Con l’ultima frase penso si intenda la presenza russa e cinese in Africa.
   L’apertura del ‘fronte sud’ pare sia stato un successo diplomatico della Spagna, che ospitava il vertice. Il cruccio di Madrid e' rappresentato dalle due enclaves nello stretto di Gibilterra, Ceuta e Melilla, gli unici due territori europei sul continente africano, che sono rivendicate dal Marocco. Nelle sue ambizioni di "grande Marocco" in teoria sono rivendicate anche le Canarie. Non entro nella contesa, perché come in tutte le rivendicazioni territoriali, ci sono complesse ragioni storiche e soprattutto e conomiche (se ne sta occupando il diplomatico italo svizzero Staffan De Mistura, ex mediatore dei maro' in India e ora inviato Onu per il Sahara occidentale). Pero’ questi due avamposti esistono e possono essere un “casus belli” perché (come sull’altra sponda la colonia di Gibilterra) presidiano una delle vie marittime più’ trafficate e ricche del mondo.
   Il Marocco, guarda caso, non è stato invitato a Madrid. La Nato ha preferito come nuovo amico la Mauritania, oltre alla fedelissima Giordania.
   Da alcuni anni Spagna e Marocco sono ai ferri corti sull’annosa questione del Sahara Occidentale. Si tratta del territorio conteso tra Marocco e Mauritania fin dal 1975 in seguito alla decolonizzazione. Il governo di Rabat ne occupa meta’, c’è un muro lungo 2 mila km, mentre un terzo appartiene ai Saharawi, che in teoria sarebbero i legittimi proprietari se si applica il principio della autodeterminazione dei popoli. La guerra tra il Fronte Polisario (che rappresenta i saharawi) e il Marocco si è conclusa nel 1988 con la mediazione Onu che ci ha mandato i caschi blu (Minurso, Missione dell’Onu per il referendum nel Sahara Occidentale). Come è capitato in altre parti del mondo (Kashmir, conteso tra India e Pakistan) il referendum per stabilire il diritto all’autodeterminazione non è mai stato fatto. Le nazioni occidentali, compresa la Spagna, hanno sempre sostenuto il Marocco legittimando la sua sovranita’ sulla parte occupata di Sahara.
   Nel 2020 pero’ sono scoppiate delle proteste nel sud-ovest al confine con la Mauritania, l’esercito marocchino e' intervenuto e si e' rotta la tregua che durava da 30 anni. E' scoppiata di nuovo la guerra civile, nel disinteresse delle potenze occidentali che erano alle prese con l’emergenza sanitaria.
Da allora migliaia di disperati, in fuga dalle violenze, tentano di raggiungere le Canarie su imbarcazioni di fortuna, gli scafisti si arricchiscono, le autorita’ canarie non sono preparate all’aumento degli sbarchi (vedi lo scandalo del molo di Arguineguin, a Gran Canaria, dove due mila profughi sono rimasti ammassati in condizioni disumane per alcune settimane). Ne ho parlato in un post qui
    La Spagna accusa il Marocco di ‘complicita’” nel non fermare l’ondata migratoria e di usare i profughi come ‘arma’ di ricatto per ottenere il riconoscimento alle sue pretese territoriali. Le tensioni si sono poi acuite nell’aprile 2021 quando il leader del Fronte Polisario viene ricoverato in un ospedale spagnolo per il Covid.
   Negli ultimi tre anni migliaia di africani sono sbarcati alle Canarie, e moltissimi hanno perso la vita nel lungo viaggio attraverso l’oceano. Ancora oggi, ogni giorno, ci sono avvistamenti di barconi pieni di migranti. Per via delle restrizioni del Covid e della sospensione dei rimpatri centinaia di loro sono bloccati nei campi di accoglienza a Tenerife e Gran Canaria. Le associazioni umanitarie accusano la polizia spagnola di feroci repressioni e di arrestare tutti coloro che sono sospettati anche minimamente di traffico di esseri umani.
   L’incandescente situazione, del tutto ignorata dai media a causa della pandemia, ha portato nello scorso aprile a un accordo tra Spagna e Marocco in cui Madrid riconosce il “piano di autonomia” marocchino per il Sahara Occidentale. Quindi si sono riaperte le frontiere sud della “fortezza Europa” a Ceuta e Melilla con la garanzia di Rabat di bloccare i migranti clandestini che vogliono entrare nel territorio della Ue.
   L’accordo “ha funzionato” come dimostra il massacro di migranti di Melilla dello scorso 24 giugno. Circa 2 mila persone hanno dato l’assalto al “muro” tra Africa e Europa e sono state respinte dalle forze marocchine e spagnole. Una tragedia finita con 37 morti e centinaia di feriti calpestati nella ressa o caduti dalla recinzione. Il massacro ha sollevato molta indignazione nella Ue (pura ipocrisia secondo molti osservatori) e anche una denuncia dell’Onu.
    I flussi migratori sono i ‘carrarmati’ che la Nato dovra’ combattere sul suo fronte Sud.

TREKKING/ da Valle Gran Rey all'ermita di Guara'

 Gran Rey (La Gomera), 2 giugno 2022

    ‘Ermita’ in spagnolo significa ‘cappella’. A La Gomera, una delle più piccole e meno turistiche isole dell'arcipelago spagnolo delle Canarie, ci sono sette 'ermitas', mete di fastosi pellegrinaggi annuali. Sono situate su punti panoramici, con viste spettacolari e al termine di perigliosi sentieri, più vicini al Cielo che agli uomini.
   La cappella di Guara', vicino al villaggio di Gerian, non figura tra queste, forse perché non ha una storia secolare, essendo stata costruita soltanto negli Anni Sessanta. E' quello che i francesi definiscono 'mignon', tanto piccola e perfetta che sembra finta. E' dedicata alla patrona dell'isola, la Vergine di Guadalupe, ma non è famosa come il santuario della Nostra Signora di Guadalupe, su uno scoglio a circa 10 km dal porto di San Sebastian (ne ho parlato qui)
   Leggo che ci sono due versioni sulla sua origine che è legata a un pastore di nome Candido Dorta, La prima storia è che si tratta di un ex voto per la guarigione della sua vacca zoppa. La seconda si riferisce a un presagio divino, una colomba che si era messa a volare in circolo sopra la collinetta di Guara' poco dopo la morte della moglie di Candido, che come nome aveva appunto Guadalupe.
    ci si arriva? Con un cammino di circa 3 ore salendo il costone sinistro (guardando il mare) della Valle Gran Rey, l’enclave tedesca e ex hippy nel sud ovest dell’isola. Il sentiero, ben indicato, passa nel Parque Rural di Valle Gran Rey, una zona di interesse naturalistico e habitat del lucertolone simbolo de La Gomera, il Lagarto Gigante, che finora ho visto solo impresso sui gadget turistici in vendita nei negozi di souvenir.
   Il sentiero sale a zig zag fino in cima al ‘barranco’ (i canyon formati dalle colate di lava nelle isole Canarie), a circa 600 metri di altezza. Da qui prosegue costeggiando una profonda gola tra palmeti, agave, fichi d’india e qualche mandorlo, dove si può sostare al riparo del sole cocente. La bianca chiesetta di Guara’ è visibile da lontano, ma bisogna avere un po’ di pazienza prima di arrivarci.
 All’ermita, situata su un piazzale panoramico, ci si arriva anche con una strada asfaltata che collega il villaggio di Gerian, poco più sotto. Era un villaggio agricolo, oggi è semiabbandonato, ma ci sono ancora dei bei ruderi scavati nella roccia, come era tradizione nella popolazione indigena pre ispanica, i ‘guancho’.
   La cappella, bianchissima con gli infissi verdi, sembra di essere alle Cicladi, sovrasta un altro ‘barranco’, quello di Argaga, così profondo che sembra un cratere. In basso si vedono delle oasi, ci sono delle pozze d’acqua, è quella che arriva dal sottosuolo e che sgorga in una fontana nella spiaggia di Argaga, il mio ancoraggio preferito in quest’isola magica.

LA FOTO/Il nemico e i comunisti delle Canarie

Las Palmas (Gran Canaria), 3 aprile 2022

   Facendo jogging mattuttino sul lungomare di Las Palmas, dove mi trovo ora con la mia barca Maneki, mi sono imbattuta in questo graffito sibillino che tradotta dallo spagnolo fa 'il nemico sta qui, comunisti di merda". Che significa? Mi sono chiesta e da qui e' iniziata una sorta di esegesi della scritta con bomboletta di vernice rossa. Se contestualizzata con l'invasione russa in Ucraina, potrebbe essere un'indicazione per Putin (comunista?) a non prendersela con i poveri ucraini ma con l'Occidente ('il nemico sta qui'). Pero' l'appellativo fecale non denota una certa simpatia per i 'comunisti'. 
   Non e' chiaro inoltre se il graffito e' stato fatto prima o dopo lo scoppio della guerra. Altra ipotesi, nel caso in cui sia precedente alla crisi ucraina, e' che l'anonimo autore se la prenda con la sinistra spagnola che e' al governo sia a Madrid che nel governo autonomo delle isole Canarie. Il premier spagnolo Pedro Sanchez e il presidente canario Angel Victor Torres sono entrambi socialisti, Psoe (Partido Socialista Obrero Espanol) e potrebbero in sensu lato essere definiti 'comunisti'. Ma chi sarebbe "el nemigo" dei comunisti? Forse le piattaforme petrolifere, che si vedono sullo sfondo, destinate al mercato africano? 
 
   Oppure altra chiave di lettura, potrebbe significare che l'avversario da combattere sono gli stessi comunisti che si annidano nelle ricche Canarie. Per curiosita' sono andata a vedere i risultati elettorali del partito comunista canario. Esiste un Partido Comunista del Pueblo Canario  (PCPC), che si proclama marxista leninista e che rivendica il sovranismo, quindi comunisti "autentici", ma nelle ultime elezioni del governo autonomo delle Canarie ha ottenuto 1.066 voti (0,12%). E' dal 1995 che non riesce a ottenere uno scranno in Parlamento.  Quindi? Getto lo spugna e mi riprometto di chiedere il parere di un esperto di politica canaria.     



Canarie/ E' appena passata la tempesta Celia

 Gran Canaria, 14 Marzo 2022

"Passata e' la tempesta:

Odo augelli far festa, e la gallina

Tornata in su la via, Che ripete il suo verso. Ecco il sereno..."

Giacomo Leopardi, La Quiete dopo la Tempesta. 1829

   Oggi le isole Canarie erano in allerta per il passaggio della tempesta Celia, che ha colpito anche la Spagna. Nel pomeriggio le autorita' dell'arcipelago spagnolo hanno chiuso le scuole per precauzione. Il maltempo ha portato pioggia nel versante settentrionale e raffiche di vento sulle cime montagnose fino a 90 chilometri orari.

Anfi del Mar (Gran Canaria)

   La 'borrasca' ha interessato

Anfi del Mar (Gran Canaria), ancoraggio
 anche il versante meridionale, quello sottovento dove si concentra l'industria turistica. Dopo che l'agenzia meteo Aemet ha emesso l'allerta per vento e forte mareggiata, ho cercato un riparo per la mia barca a vela Maneki. Ho ancorato, con 40 metri di catena (a una profondita' di 8 metri) nella baia di Anfi del Mar, una spiaggia da cartolina per via della sabbia bianca, ovviamente 'importata" che le da' un tocco caraibico.  Insieme ad altri 4 velieri ho ancorato davanti ai grandi hotel costruiti a picco sulla scogliera. Una buona schermatura dal forte vento da Nord/Nord-Ovest che era previsto, come si vede da questo screenshot di Windy.com, uno dei siti di previsioni meteo piu' usato dai velisti. 
Da Windy.com

Nonostante cio' a partire dalla notte e per tutta la giornata ci sono state violente raffiche fino a 35-40 nodi che ogni volta facevano volteggiare gli scafi come in un valzer viennese. Per fortuna non si e' sollevata onda in quanto il vento tirava da terra, il che significava anche meno pericoli di finire sulle rocce in caso di poca tenuta dell'ancora. La mia ancora ha tenuto bene, ovviamente sono stata in allerta parte della notte e tutto il giorno a controllare che non arasse sul fondo.

   In teoria l'allerta meteo continua anche in serata, ma gia' a partire dal tramonto, le raffiche sono calate. In cielo e' comparso un fronte freddo e l'aria si e' fatta molto tersa come dimostra questa foto scattata al calar del sole dalla mia barca. 


RIFLESSIONI / Guerra, pandemia, guerra, pandemia (REPEAT)

"Sentinella, a che punto e' la notte? Sentinella, a che punto e' la notte? La Sentinella risponde: 'Vien la mattina, poi anche la notte. Se volete interrogare, interrogate pure, ritornate, venite". 
ISAIA 21,11-12. 

Gran Canaria, 3 marzo 2022
    Quasi due anni fa scattava il primo lockdown, il "confinamiento" anti Covid,   come lo chiamano gli spagnoli. Ero a Gran Canaria, come ora, esattamente nel porticciolo di Pasito Blanco, sulla costa meridionale, sulla mia barca a vela Maneki ferma alla fonda. 
Un tratto del sentiero verso Arguineguin 

   Come in Italia la polizia spagnola, la Guardia Civil, faceva molti controlli, quindi mi ritrovavo a giocare a nascondino con le forze dell'ordine quando volevo fare una camminata. Come molte persone in Italia, bloccate in casa, anche io mi sono inventata dei percorsi "segreti" dove poter passeggiare al riparo dei controlli delle pattuglie. Il desiderio di sgranchirsi le gambe era ancora piu' forte per il fatto di essere sempre in barca, in spazi ristretti e per di piu' con costante dondolio. 
   Di solito percorrevo una strada sterrata da Pasito Blanco al porticciolo peschereccio di Arguineguin, circa 7 km un po' sentiero e un po' strada provinciale, la GC500 per l'esattezza, che attraversa un paesaggio lunare, completamente desertico, puntellato qua e la' da scogliere e spiagge di sabbia nera.  Arguineguin, per la cronaca, era di recente salito alla ribalta per essere la "Calais delle Canarie",  punto di raccolta di migliaia di migranti maghrebini ammassati sul molo. 
   Come nel resto della parte meridionale dell'isola, dove piove in media sei giorni all'anno, ci sono solo rovi secchi e spinosi di euforbia e qualche masso isolato. Davvero poco per nascondersi se capita di avvistare la polizia. 
   Dopo due anni ho rifatto oggi lo stesso sentiero. Non mi devo piu' nascondere o girare sui miei tacchi improvvisamente quando vedo la polizia che in questo paesaggio cosi' brullo riuscivaa individuare facilmente chiunque si trovasse fuori di casa. E' completamente diverso. Ci sono molti vacanzieri, in camper o furgone, una fila di tende da campeggio in spiaggia, sciami di ciclisti sulla strada provinciale e altre persone che camminano come me o che portano a passeggio il cane. 
Campeggiatori vicino a Arguineguin

Pero penso a chi oggi in queto momenti percorre una stessa strada in una citta' dell'Ucraina e si deve nascondere non dalla Guardia Civil come due anni fa o perche' non ha la mascherina obbligatoria o il gren pass. Si deve nascondere dai bombardamenti, dai colpi di mortaio, dai cecchini, dalle violenze di una guerra 'vera' non chirurgica come sembrava che fossero diventati i conflitti armati. Perche; come ci insegnano,  la storia e' fatta di pandemie e di guerra, di guerre e pandemia....adesso e' finita (almeno sembra) la pandemia ed e' iniziata la guerra, Queste erano le mie considereaziooni mentre dopo due anni ripercorrevo la strada della "paura" tra Pasito Blanco e Arguineguin.   

Nautica, incontro con Sergio Davi', gommonauta da record

 Pasito Blanco (Sud di Gran Canaria), 10 febbraio 2022

    Premetto che da velista di solito tengo le distanze con coloro che posseggono barche a motore. Sono dall'altra parte della barricata, ci si guarda di cagnesco quando ci si incrocia nei cantieri navali magari con gli stessi problemi di meccanica e quando si e' in acqua si e' sempre pronti a ricordare la "precedenza'" concessa dal Colreg (il regolamento anticollisioni in mare) alle barche a vela su quelle a vela per il semplice principio che hanno meno margini di manovra.

Il varo dell'Aretusa Explorer di Sergio Dali' nel cantiere di Pasito Blanco (Gran Canaria) - Foto di Maria Grazia Coggiola

   Detto cio' pero' non posso che provare ammirazione per Sergio Davi', gommonauta da record siciliano che ho incontrato nel bacino di carenaggio della marina di  Pasito Blanco (sud di Gran Canaria) dove mi trovavo per fare la carena alla mia barca a vela Maneki. Caso volle che proprio nello stesso "varadero", Davi' stava preparando il suo gommone Aretusa Explorer per una nuova tappa della nuova avventura oceanica da Palermo a Los Angeles, (vedi qui i particolari) con un RIB (Rigid Inflatable Boat, ovvero un gommone con scafo semirigido) di 11 metri e mezzo spinto da due fuoribordo Suzuki da 300 cavalli.  

   Una bella avventura, da Guinness dei primati, anche un po' temeraria perche' c'e' da attraversare l'oceano Atlantico e poi passare in Pacifico, in tutto 10 mila miglie nautiche, circa 25 giorni di navigazione. Una grande impresa, anche se poco ecologica, dato il consumo di migliaia di litri di benzina. Proprio il carburante e' il limite maggiore, come si puo' immaginare, soprattutto per le tappe piu' lunghe del viaggio.

Sergio Dali' (foto tratta dal website della sua associazione Ciuri Ciuri Mare)

   Il 21 gennaio scorso ho assistito alla partenza dell'Aretusa Explorer, carico di taniche rosse di benzina, da Gran Canaria per l'arcipelago di Capo Verde. Insieme al capitano Davi' e' partito anche Antonio Aiello, titolare della Nuova Jolly Marine, gioiello italiano dei gommoni di lusso che ha messo a disposizione il maxi RIB  (modello Prince 38).

   Sto seguendo l'impresa attraverso i vari canali social di Sergio Davi' che ha una associazione che si chiama CiuriCiuri Mare e che ha patrocinato anche le altre sue avventure, tra cui una Palermo-Capo Nord. Si puo' seguire il suo viaggio in tempo reale grazie a una app (http://www.sgstracking.com/live/index.html?id=263) . In questo momento in cui scrivo e' quasi arrivato nella Guyana Francese (nella famosa Caienna) dopo aver completato la tappa piu' lunga e impegnativa.

   Da Gran Canaria all'isola di Sao Vicente (Capoverde) ha impiegato appena 44 ore per 840 miglia nautiche, mica male, considerando anche il maltempo che in quei giorni imperversava sull'Atlantico. Il compagno, Antonio Aiello, il costruttore del gommone, mi ha scritto che la piu' grande difficolta' erano i continui rifornimenti ai due potenti motori in mezzo alle onde oceaniche. "Tutti quei travasi, una continua puzza di carburante addosso". Non oso immaginare nella tratta piu' lunga, 1.800 miglia, da Mindalo alla Guyana francese, e 7 mila litri di benzina, stipati ovunque, a tal punto da impedire al gommone di planare, almeno nei primi giorni. 


Gran Canaria, lo smaltimento della balena

Gran Canaria, 6 febbraio 2021

   Il quotidiano La Provincia, uno dei giornali di Gran Canaria, venerdì scorso ha pubblicato una foto di una carcassa di balena di 14 metri trasportata in autostrada con la scorta della polizia. Il cetaceo, in avanzato stato di decomposizione, era stato avvistato da un traghetto vicino al porto di Las Palmas e trainato a riva dalla Guardia Costiera in quanto rappresentava un pericolo per la navigazione. Poi in una non facile operazione dato il suo peso, 22 tonnellate, era stato sollevato da una gru speciale e caricato su un grande camion. Destinazione: la discarica di Juan Grande, nel sud di Gran Canaria, dove la carcassa è stata smaltita dopo la necropsia effettuata dai veterinari dell’Università di Las Palmas. 
Foto tratta da La Provincia del 4 febbraio 2022

   Nel trattare la notizia, il giornale si concentra in particolare sul trasporto eccezionale di un carico speciale, sull’operazione ben riuscita grazie allo sforzo e alla collaborazione di diverse entità, dai sub che hanno imbragato il mammifero alla ditta di grandi trasporti che ha messo a disposizione lo speciale cassone “per non perdere i pezzi per strada”. Informa anche il cetaceo morto ha ritardato il viaggio di prova del nuovo idrovolante che dovrebbe collegare Gran Canaria e Tenerife. 
   Il decesso del ‘rorcual’ (nome spagnolo per la balenottera comune), una specie ‘vulnerabile’, le cui cause sono ancora da accertare (per questo la necroscopia), passa quasi in secondo piano. Eppure lo spiaggiamento o il ritrovamento di un cetaceo morto dovrebbe far scattare un campanello di allarme sulla eccessiva antropizzazione dei mari. 
   Nell’arcipelago delle Canarie si possono avvistare circa 30 specie di cetacei, tra quelli di passaggio e quelli stanziali. È un habitat molto importante grazie alla presenza di fosse marine e canyon sottomarini. Tant’è che nel 2004 il governo spagnolo ha deciso una moratoria sull’uso dei sonar dei sottomarini durante le esercitazioni militari. Alcuni ricercatori ritengono che i segnali sonar (acronimo per Sound Navigation and Ranging) siano devastanti per l’udito e l’orientamento delle balene costringendole a immersioni o emersioni troppo rapide che causano loro danni agli organi interni. Agli inizi del 2000 numerose balene furono trovate morte sulle spiagge delle Canarie. Ben 14 cetacei della specie “zifio” si spiaggiarono a Fuerteventura in coincidenza con delle manovre militari. Lo zifio è un cetaceo con il ‘becco’ che si immerge in grandi profondità per molto tempo, e per questo è ancora poco studiato. La legge anti sonar avrebbe ridotto i decessi di balene, ma non basta. Da tempo si parla di creare una “vera” riserva marina alle Canarie, dove sia esclusa tutta la navigazione e qualsiasi attività umana, per proteggere balene, delfini, testuggini e quello che rimane della fauna marina. La proposta riguarda in particolare l’isola di Hierro, rimasta ancora ‘vergine’ e non toccata dal turismo. 
   Intanto lo smaltimento della balenottera mi fa venire in mente alcune pagine di un recente libro dell’esperta australiana Rebecca Giggs, “LRegine dell’Abisso”. L’autrice commenta lo spiaggiamento e l’agonia di una megattera, e di come il suo grasso sia contaminato a causa dell’inquinamento marino, dei metalli pesanti e composti inorganici, come pesticidi e fertilizzanti. “Il corpo di una balena è un concentratore di queste sostanze chimiche, sia perché i cetacei vivono a lungo, sia perché molte specie accumulano una zavorra tossica dagli organismi che consumano”. Come scrive la Giggs, quindi la balena finisce tra i rifiuti essendo essa stessa un rifiuto. Cosa c’è di più straziante?

CANARIE/ Angela Merkel in pensione a La Gomera?

Valle Gran Rey (La Gomera), 8 Dicembre 2021

   Tra le varie ipotesi di buen retiro per la ormai ex cancelliera tedesca Angela Merkel c'e' quella della Gomera, l'isoletta a sud di Tenerife, nelle Canarie Occidentali, famosa per l'alfabeto dei fischi e per essere l'ultima terra toccata da Cristoforo Colombo prima di partire per il suo viaggio verso le Indie nel 1492. La potente leader e' gia' di casa per averci trascorso diverse vacanze pasquali insieme al marito. L'isola inoltre e' una meta molto popolare tra i tedeschi, soprattutto a Valle Gran Rey, sulla costa sud occidentale, al riparo dagli alisei, diventata una enclave tedesca. Quindi non le manchera' la compagnia.

Una cartolina con un fotomontaggio della Merkel  su una bancherella di Valle Gran Rey a La Gomera
Una cartolina con un fotomontaggio della Merkel
 su una bancherella di Valle Gran Rey a La Gomera


  L'associazione tra la Merkel e la Gomera e' cosi' forte che nei negozi si vendono delle cartoline che ritraggono la cancelliera accanto a dei caschi di banane con delle scritte maliziose. Sul mercatino domenicale ne ho trovate una serie con diversi fotomontaggi 'artistici' prodotte da un suo connazionale che vive sull'isola. 

   Sono andata a cercare l'ultima volta che la Merkel e' venuta a La Gomera. Nell'aprile 2018, ho trovato una foto di lei e il marito, il fisico Ulrik Merkel, su un ferry Fred Olsen. Il "Diario de Avisos", il quotidiano locale, racconta che ama praticare il trekking nel parco del Garajonay, le gite in barca e il potaje de berros (zuppa di crescione), e anche che ha come amico un poliziotto di Hermigua, che fa parte della sua scorta. Era la sesta volta che ci veniva per Pasqua da quando sali' al potere nel 2005. Il suo legame con la Gomera risale agli anni Settanta quando molti giovani tedeschi venivano in questa isoletta dell'Atlantico a praticare nudismo (e probabilmente anche altre esperienze in voga all'epoca). Ancora oggi playa del Ingles e' una spiaggia nudista. E chissa' che non ci sia passata anche la giovane studentessa Angela Dorothea Kasner, classe 1954.  

Una cartolina con un fotomontaggio della Merkel
 su una bancherella di Valle Gran Rey a La Gomera

   I gomeresi sono cosi' gelosi che quando la Merkel "tradi'" la Gomera per la mediterranea Ischia, il governatore le scrisse una lettera supplicandola di tornare. Ora si mormora che addirittura voglia comprarsi una casa sull'isola per viverci da pensionata. Certo sarebbe un bel colpo per il turismo che ancora stenta a riprendersi dopo la pandemia.     

 

Canarie/Veleggiando sotto il vulcano di La Palma

Tazacorte (Sud di La Palma), 26 Novembre 2021

    Anche io ho ceduto alla tentazione di fare "turismo vulcanico" all'isola di La Palma dove da ormai oltre due mesi continua l'eruzione di una serie di coni vulcanici in un'area chiamata Cumbre Vieja.

I pennacchi di fumo nero e bianco sono visibili da grande distanza lungo la costa occidentale (La palma ha una forma di un triangolo) e cosi' anche le colate della lava nei pressi di Puerto Naos. Per precauzione le autorita' canarie hanno proibito la navigazione in un tratto di mare di alcune miglia tra il porto di Tazacorte e un faro che sulle carte nautiche sorge per ironia su 'Punta della Lava'. 

   La "zona di esclusione marittima" e' racchiusa in un rettangolo di mare che si estende per due miglia dalla costa. Le coordinate di questa zona sono comunicate nei bollettini 'securite'' sul canale 16 della radio VHF. Malauguratamente l'ho scoperto soltanto dopo. Quando sono arrivata da La Gomera con la mia barca a vela Maneki di notte, per vedere meglio le lingue di fuoco, ho violato questa zona di esclusione sorvegliata da radar. Sono stata fermata dalla Guardia Civil e sanzionata. Non so ancora quanto perche' la multa mi deve ancora arrivare. 
   Il giorno dopo all'alba sono passata molto piu' al largo, ma lo spettacolo non era da meno. La colonna di cenere, gigantesca, si elevava per centinaia di metri dalla cima. Che contrasto con il cielo limpido e i colori del giorno nascente.
   Quando sono andata nel villaggio di El Paso, dove si puo' vedere il vulcano a distanza ravvicinata, ho pero' capito che questo spettacolo della natura a cui stavo assistendo e' un vero e proprio inferno per la gente di La Palma. Non solo per coloro che purtroppo hanno perso case e le piantagioni sparite sotto la lava, ma per tutti gli abitanti dell'isola costretti a respirare gas nocivi, come l'anidride solforosa e a vivere sotto una coltre di cenere nera. A seconda della direzione del vento, la fuliggine invade case, strade e alberi.   

   Sono stata un paio di giorni nella 'capitale' di Santa Cruz, una delle citta' coloniali spagnole piu' ben preservate delle Canarie, e ho sperimentato letteralmente sulla mia pelle la 'pioggia di cenere'. Le particelle, che simili al pulviscolo rilasaciato da uno scarico di un vecchissimo motore diesel, si accumulano sui marciapiedi, sul ciglio delle strade, sui tetti e costringono bar e ristoranti a pulire senza sosta tavoli e sedie. 
   Arrivando a Santa Cruz ho subito notato come tutti indossassero la mascherina anti Covid, non per proteggersi dal virus, ma dalle ceneri e gas nocivi. Quando il vento spira da sud ovest come in questi giorni, anche il traffico aereo e' compromesso. 
   Nell'epicentro, in un villaggio che si chiama Tayuja,  a circa 20 minuti di autobus da Santa Cruz, dove la strada e' bloccato, le strade sono ricoperte di sabbia nera e dopo un po' abiti e capelli sono pieni di cenere. E' qui che giorno e notte arrivano i 'turisti del vulcano'. Ci sono anche le telecamere che trasmettono in diretta l'eruzione e che hanno uno spazio riservato in un belvedere vicino alla chiesa del Paese. 

   Eppure la vita continua per gli abitanti di La Palma. C'e' chi spazza la cenere dai tetti, dal porto di Tazacorte ogni mattina partono dei traghetti che portano i contadini nelle loro fattorie rimaste isolate, un po' ovunque ci sono delle collette per aiutare gli sfollati. 
Un sentiero collinare, tra alberi spettrali per via delle piogge acide, permette di andare piu' vicino alle bocche che vomitano lava ed e' possibile da li' sentire il rombo dell'eruzione. Un rumore sordo che si accompagna ogni tanti a lievi tremori della terra. 
   Tutti si chiedono quando durera' l'eruzione, ha gia' battuto ogni record, e' la piu' lunga degli ultimi 500 anni. Ci sono giorni in cui il gigante sembra piu' calmo, ma poi quasi sempre di notte si risveglia e si mette a sputare nuovo fuoco e materia liquida. "E' sempre molto nervoso" mi dice una signora che lo osserva dal suo balcone con la ramazza in mano.