Enrica Lexie, quando la stampa italiana fa notizia

Per certi versi e' divertente, per altri e' un po' snervante essere l'unica giornalista italiana nella piu' grave crisi mai successa tra Italia e India.  La mia presenza qui al porto di Kochi, in Kerala, dove sono arrivata domenica, ha incuriosito un po' tutti, dai taxisti ai venditori di ''nimbu pani'',  le limonate. Tutti vogliono sapere che cosa si dice in Italia, cosa che sanno benissimo perche' hanno letto sulle agenzie internazionali, ma vogliono sentirlo da me. Immancabilmente poi viene fuori Sonia Gandhi e quasi tutti, qui in Kerala, hanno un familiare o un amico che ha lavorato o lavora in Italia.
    Nei primi giorni la stampa era sospettosa, perche' pensavano che io avessi informazioni ''dirette'' o che mi bastasse alzare un dito per aprire tutte le porte, compresa quella del ''bungalow prigione'' dell'isola di Wellingdon dove stanno i nostri maro'. Oppure che potessi avere interviste esclusive con  il ''vice ministro De Mistura''. Poi quando mi hanno visto condividere la loro stessa fatica nelle lunghe giornate con l'obiettivo puntato a catturare un'immagine dei militari in calzoncini oppure a sudare nel piazzale dell'Alta Corte del Keral, mi hanno accolto e ''adottato''.
Adesso mi fotografano mentre cerco di carpire qualche pettegolezzo su cosa mangiano i maro' o su cosa vedono in televisione, mi intervistano per sapere che dice la stampa italiana e mi usano per identificare i membri della delegazione italiana ogni volta compaiono. Ma a volte somo cocciuti. Per almeno tre giorni hanno continuato a scambiare il nostro addetto militare, il contrammiraglio Franco Favre per il capitano della Lexie Umberto Vitelli solo perche' era in divisa.... 

Kochi, ecco in esclusiva la nave delle polemiche

Ma come hanno fatto a scambiare dei pescatori per pirati? Non si parla d'altro qui a Kochi, o Cochin come volevano gli inglesi, dove sono arrivata da poche ore. Dalla fredda Delhi al clima tropicale e al verde lussureggiante del Kerala e' un bel salto piacevole. Mentre cercavo affannosamete un punto da cui potessi vedere da lontano la petroliera italiana al centro dello scontro diplomatico, mi sono ricordata improvvisamente che c'ero gia' stata nel porto di Cochin.
   Un po' di anni fa da Fort Kochi avevo preso una bicicletta e pedalando pedalando (a un certi punto c'era  un traghetto da prendere) ero finita al Trident hotel, dove ho pure fatto un massaggio ayurvedico. Il lussuono albergo, della stessa catena di quello attaccato dai terroristi a Mumbai nel novembre 2008, sorge proprio dentro il Cochin Port Trust, tra una base militare e un cantiere navale. Anche altri due cinque stelle sono praticamente dentro il porto che si trova sull'isola di Willingdon, davanti all'incasinatissima Ernaculam.
Ho scattato una foto alla nave che e' attraccata a un terminal petrolifero nella rada. E' bello pensare che oggi con tutti i media della penisola concentrati sul caso, io sono l'unica giornalista italiana qui....che ebbrezza. 

Yamuna, allarme per ortaggi a base di piombo

Ultimamente ho scritto parecchio sull'inquinamento della Yamuna. Vedo oggi che da uno studio del Teri e dell'Unicef (vedi qui) emerge che il 24% dei bambini che vivono vicino al fiume che per 22 chilometri attraversa la capitale, hanno un altissimo livello di piombo nei loro tessuti.
Ovviamente non sono solo questi bambini, ma l'intera popolazione di New Delhi che mangia ortaggi coltivati vicino al fiume e beve acqua delle falde. Insomma come e' successo per le campagne piemontesi all'epoca dell'atrazina i veleni sono nella catena alimentare. Da dove si pensa che arrivi l'insalata che si compra nei ricchi mercati di sud Delhi? Ma perche' continiano a ignorare la povera Yamuna?