PAKISTAN/Skardu, sulle orme del Duca degli Abruzzi


Ho deciso di lasciare la Karakoram Highway per andare in Baltistan, a sette o otto ore di bus a est, seguendo la valle dell'Indo che poi continua oltre il confine militarizzato con l'India. Il Baltistan é l'equivalente del Ladakh indiano, ma senza i gompa, le bandierine colorate e le preghiere incise sulle pietre. Insomma decisamente piú monotono e meno affascinante. Si parla il balti che non a caso é simile al tiberano. Gli unici colori lungo la strada infinita tra Gilgit e Skardu sono i camion, autentiche opere d'arte che di notte sembrano dei luna park e le albicocche stese sulle rocce ad essicare. Stranamente ho anche visto pochi convogli militari. Ma forse sono impegnati sul fronte afghano. La prima cosa che ho fatto appena arrivata a Skardu é di andare al Museo degli Italiani, un tendone allestito nel giardino dell'hotel governativo PTDC, che racconta le imprese sul K2, la seconda vetta piú alta, definita la "montagna degli italiani" che da qui non si vede, ma da qui partono le spedizioni. Non conosco il perché di questa connessione che risale agli inizi del Novecento con la spedizione del Duca degli Abruzzi e continua con Ardito Desio durante il ventennio fascista, quando qui c'erano gli inglesi. La mostra realizzata nel 2004 da Agostino Da Polenza, in occasione del cinquantenario dell'ascensione, ha delle foto stupende. Peccato peró che l'ho trovata chiusa e solo dopo mia insistenza (sono andata dal manager dell'hotel) sono riuscita a entrare. Gli ospiti dell'hotel non sapevano neppure che ci fosse.
La spedizione del 1909 del Duca degli Abruzzi, Luigi Amedeo di Savoia, si era imbarcata a Marsiglia. Era composta ovviamente da piemontesi, il marchese Federico Negrotto, il "cavaliere" Vittorio Sella, il "dottore" Filippo De Filippi, il fotografo e poi "tre guide di Courmayeur e da un aiutante fotografo". Doveva essere un'allegra brigata! C'é una foto fantastica di principe e marchese seduti davanti alla tenda insieme alle autoritá britanniche a Srinagar, che ora si trova nel Kashmir indiano. In effetti per andare a Skardu si sale da Srinagar, guardando la mappa. Sono rimasta affascinata dalla descrizione che il Duca fará un anno dopo, esattamente il 16 febbraio 1910, a una conferenza del Cai a Torino:
"Costeggiamo declivi precipitosi di detriti alluvionali, che minacciano rovina, ed incontriamo i ben noti torrenti di fango, che fortunatamente data la stagione, sono asciutti e perció non difficili da attraversare; ma certamente durante l'epoca delle piogge essi possono costituire un ostacolo serio e pericoloso. A Pakoro siamo costretti a passare per la prima volta un ponte di corde di liane. E' un passaggio che fa perdere molto tempo, senza tuttavia recare alcuna emozione a chi non soffra di vertigini; puól bensí diventae difficili durante forti raffiche di vento, che potrebbero imprimere al ponte movimenti di oscillazione inquientante".
Ma ancora di piú mi ha colpito la descrizione del K2:
"Nella sera limpidissima rimanemmo a lungo a contemplare il K2. Mentre la notte scendeva giá sulle valli e sulle cime piú basse per piú ore l'estrema vetta risplendette nel crepuscolo come uno spettro altissimo, di una luce che sembrava emanasse da lui".

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