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ARCHEOLOGIA INDUSTRIALE/I 'pescantes', quando la Gomera viveva di banane

La Gomera, 16 maggio 2021

    La Gomera, una delle più’ piccole isole dell’arcipelago spagnolo delle Canarie, non finisce mai di stupire. A Hermigua, villaggio agricolo sul lato settentrionale, quello sopravvento quindi più inaccessibile, sopravvivono i resti di una infrastruttura portuale degli inizi Novecento chiamata ‘pescante’ che serviva per lo scarico e carico delle merci (e persone) sulle navi bananiere. Sono alcuni grossi piloni di calcestruzzo di 20 o 30 metri altezza costruiti nella baia che servivano come base a una gru montacarichi. Non essendoci un porto o un molo dove attraccare, questo ingegnoso sistema permetteva ai battelli di caricare le loro mercanzie abbastanza in sicurezza. Le merci, banane soprattutto, venivano prima calate in scialuppe a remi e poi trasferite a bordo dei mercantili che sostavano al largo in fondali più profondi.
La piscina naturale con sullo sfondo i resti del 'pescante'


   Nella costa settentrionale dell’isola, dove a tutt’oggi non ci sono porti o marine, i ‘pescanti’ erano cinque e si possono vedere ancora i resti di quello che un secolo fa era una fiorente attività delle Canarie. Negli archivi fotografici in Rete si trovano le testimonianze di questo modo di trasporto che per l’epoca era considerato altamente tecnologico. Oltre a banane e pomodori, coltivati in questo lato dell’isola, che è più’ ricco di acqua, venivano ‘caricate’ anche le persone, dirette nelle altre isole dell’arcipelago oppure nell’unico porto di San Sebastian de La Gomera. I passeggeri erano stipati nelle ceste da carico insieme alle mercanzie. Ovviamente quando c’era maltempo non era possibile, nessuna barca poteva sostare sotto la gru, senza essere trascinata via dai marosi.
Da Los Sucesos de Hermigua, 1933 - Jaime Marquez 


    Il ‘pescante’ entrò in disuso quando fu costruita la strada asfaltata tra Hermigua e la capitale di San Sebastian, l’antico porto costruito dagli spagnoli, e ancora oggi unico punto di approdo per i traghetti. Con i camion si faceva prima e anche con meno fatica.
   Simili strutture, essenziali per l’esportazione dei prodotti agricoli, furono costruite più o meno nello stesso tempo anche in altre baie, come Agulo, la Caleta, San Lorenzo. Anche Vallehermoso, altro centro agricolo sul versante nord occidentale aveva la sua gru. La costruzione dei ‘pescanti’ a La Gomera è legata alla rivoluzione industriale in Inghilterra. Il commercio delle banane è infatti iniziato dall’idea di un imprenditore britannico di Liverpool, Edward Wathen Fyffe, che dopo una vacanza alle Canarie (sembra per curare la moglie da tubercolosi) ‘scopri’ le saporite e piccole banane canarie e decise di introdurle sul mercato inglese. Nel 1888 comincia quindi a esportare banane in Gran Bretagna usando una sua flotta di navi e creando una rete di distribuzione su scala industriale con stabilimenti in loco per l’imballaggio della frutta e offrendo expertise (e finanziamenti) per costruire le gru. Il business, a cui si aggiunsero dei soci, ebbe un enorme successo, il commercio fu esteso ai Caraibi e nel 1901 nacque anche una compagnia di trasporto marittimo, la Elders&Fyffes, che fino agli anni Settanta serviva anche per crociere dato che approdava nei più’ bei paradisi tropicali. Oggi Fyffes è un gigante della frutta, ha sede in Irlanda e nel 2017 è stata comprata dal gruppo giapponese Sumitomo, uno dei più’ grandi conglomerati mondiali.
   Il suo nome è entrato anche in un triste capitolo della storia spagnola, in quanto alcuni magazzini a Tenerife furono ceduti nel 1936 al regime franchista per farne una prigione per dissidenti. La famigerata “prigione Fyffes” è per molti un brutto ricordo.

   Una docente di paleografia dell’università de La Laguna, a Tenerife, Gloria Diaz Padilla, ha studiato la storia dei ‘pescantes’. Nel 2008 ha pubblicato un libro illustrato “Pescantes de la Gomera” dedicato a queste infrastrutture portuarie concentrate sulla costa settentrionale dell’isola.
   Non solo contribuirono allo sviluppo economico dell’isola nel secolo scorso, favorendo le esportazioni, ma hanno permesso anche di rompere l’isolamento della popolazione e di favorire il trasporto di medicinali e anche di malati.
    Il luogo è oggi molto popolare tra i bagnanti. Una piscina naturale, una grande vasca di cemento che si raggiunge attraverso uno sterrato, è l’attrazione principale. Da lì si gode una vista incomparabile sul vecchio pescante con sullo sfondo il vulcano Telde di Tenerife.

La Palma, l’isola delle banane e delle stelle

Tazacorte (La Palma), 22 settembre 2020

    La Palma, la più occidentale e la più verde dell’arcipelago spagnolo della Canarie, è famosa per le piantagioni di banane e per la presenza di un famoso osservatorio internazionale di astrofisica. Non so quale interdipendenza ci sia tra le banane e le stelle, ma mi piace fare questa bizzarra associazione.
  Gran parte delle pendici dell’ex vulcano che sorge nel centro dell’isola, sono infatti ricoperte di rigogliose piantagioni di banane. Siccome la maggior parte del terreno è in pendenza, i bananeti sono “terrazzati”, così che anche si facilita l’irrigazione. Alcune delle terrazze, realizzate da recinti di muretti, sono a picco sul mare. Sono spettacolari a vedersi, ma anche in grado di produrre un frutto di altissima qualità grazie all’esposizione e – pare – anche grazie all’acqua sorgiva. (ho scoperto che in spagnolo si dice “manantial”) .
   Ho ancorato la mia barca a vela Maneki di fronte a una spiaggia all’ingresso del porto di Tazacorte, proprio sotto le piantagioni. Salendo la scogliera attraverso una ripida scaletta di ferro si arriva alle terrazze di banane. È incredibile come ogni angolo di terra sia coltivato. Per caso mentre salivo ho incrociato un gruppo di agricoltori che stava raccogliendo alcuni caschi di banane. Li portavano a spalla su per il sentiero e poi in un camioncino sudando copiosamente. Erano ancora verdi, però alcune banane nella cerchia in basso erano già mature. Li ho osservati un po’ e anche scattato delle foto. Con uno di loro ho scambiato anche due parole, nel mio spagnolo da principiante, gli ho indicato giù in basso la mia barca all’ancora nella piccola baia. Mi hanno fatto anche assaggiare una banana di quelle gialle, piena di sapore come lo sono i frutti appena raccolti.
    A Tazacorte esiste anche un museo del platano (che per un'altra bizzarria etimologica significa “banana” in spagnolo) con la storia di questo frutto che arriva dall’Oriente e che nei secolo è avanzato sempre più verso Ovest fino a conquistare l’intero pianeta. Alle Canarie è arrivato secoli fa dall’Africa e poi da qui, insieme ai conquistadores spagnoli, nel Nuovo Continente…dove sono nate le “repubbliche delle banane”.
     Le banane canarie hanno ottenuto l’indicazione geografica protetta «Plátano de Canarias», che si riferisce alla varietà Cavendish della specie Musa acuminata Colla, molto più piccola della classica banana africana Chiquita a cui siamo abituati. È incredibile quante varietà esistano. Purtroppo sugli scaffali dei supermercati si trovano sempre le stesse, che sono poi quelle distribuite dai grandi marchi. Le Canarie esportano quasi tutte le loro banane, non so dove, perché in Italia non ho mai visto una banana con il marchio “Platano Canarias”. Penso che non sia facile battere la concorrenza di Chiquita, Dole o Del Monte, i grandi big che dominano il consumo mondiale (la banana è il frutto più’ consumato nel pianeta). 
    Nel museo si spiega anche come si sviluppa il frutto, una vera ingegnosità di Madre Natura, una divisione di ruoli maschio/femmina nella produzione. Le piante, attorniate dai polloni/figli sono un idilliaco quadretto familiare. L’intero processo dura diversi mesi e richiede una temperatura subtropicale oltre a molta acqua. Il clima di La Palma, dove ci sono nubi basse permanenti portate dagli alisei, è quindi perfetto.

    Dalle banane alle stelle. Pochi lo sanno ma La Palma è una specie di “riserva naturale del cielo stellato”. Nel 2012 venne infatti dichiarata Starlight Reserve, mentre il suo cielo e´¨protetto¨ dalla legge 31/1988, una legge contro l'inquinamento luminoso che purtroppo non ha avuto molto seguito nel resto del mondo. La normativa, conosciuta come Legge del Cielo, protegge la qualità astronomica degli osservatori dell'Istituto di Astrofisica delle Canarie (IAC) limitando l´inquinamento luminoso, radioelettrico e atmosferico, e le rotte aeree.
   L'osservatorio, composto da molti telescopi, è situato sul punto più alto dell´isola, Roque des Muchachos, 2400 metri, che è anche la cima del cratere del principale vulcano (estinto) di La Palma, La Caldera di Taburiente. Da qui la vista è particolarmente limpida per via degli alisei che formano una spessa coltre di nubi sulla costa tenendo quindi "in basso" tutte le impurità. Questo fa sì che a La Palma si sia sviluppato un 'astroturismo', ci sono molti punti di osservazione del cielo e - prima del lockdown - anche visite guidate con astronomi. Ora l'osservatorio è chiuso al pubblico per il virus, ma i telescopi continuano a lavorare di notte a caccia di costellazioni e di raggi cosmici.