SH08, l’Himalaya in punta di piedi


Spedizione Himalaya 2008, diciassettesimo giorno, Keylong-Bhuntar

Notte insonne a pensare al Baralacha La (4883 m), al Lachlung La (5060 m) e al Taglang La (5328 m) , allo scooter smarmittato e alle decine di chilometri di sterrato ghiaioso. Volevo abbandonarlo qui e fare l’autostop per Leh. Peró non è giusto e poi non ho trovato nessuno che potesse garantirmi un parcheggio coperto. Ma forse non l’ho nemmeno cercato. E` una storia tra me e lui ormai, è il classico binomio uomo-motore, nel mio caso donna-motore, che a molti farà storcere il naso ma è così. Alcuni mi dicevano che di difficile c’erano solo i primi 100 chilometri fino a Sarchu perchè la strada è in “costruzione’. Altri dicevano invece che il pezzo più duro l’avevo già fatto, in effetti, peggio di così…. Però io non mi ci vedevo a salire ai 5000, anche se la Manali-Leh ora è piena zeppa di gente che va su con ogni mezzo - anzi direi che è fin troppo frequentata per i miei gusti – e quindi qualche buon samaritano l’avrei trovato, magari anche un meccanico per scooter.
Ogni volta che sentivo il rombo delle Royal Enfield e vedevo quelle facce da duri, le scritte sui giubbotti, i paraginocchi, la bandierina appesa dietro, le casse di metallo piene di pezzi di ricambio e enormi taniche di benzina, mi veniva male.
Insomma, dopo una notte insonne a pensare a guadi di torrente e al gelo delle tende dove si fa sosta, ho deciso di ridiscendere. E sono scesa, eccome. Anche in fretta, forse perché temevo la pioggia. E stata la tratta più lunga che ho fatto, 200 km, dal mattino fino al tardo pomeriggio quando mi sono fermata a Bhuntar, a 10 km dopo Kullu. Non mi sono fermata neppure per mangiare, solo sei soste, tre per il chai e tre per la sigaretta. Ho rifatto tutto lo sterrato da incubo lungo il fiume Chandra e sono ri-passata nel famoso guado che mi ha tormentato tutta la notte. La discesa dal Rohtang è stata ancora più faticosa, mi sa che la pioggia ha creato ancora più melma. Praticamente è per un terzo non asfaltata, in alcuni tratti affondavo con tutte le ruotine, allora cercavo di andare sul pietrisco per venirne fuori mentre mi tenevo in equilibrio con gli scarponi. Per evitare i salti e buche ho fatto un zig zag continuo alcune volte pericoloso perchè invadevo la corsia opposta. Ho cercato di rimanere in equilibrio sui pochi centimetri di asfalto rimasto. Quando c’erano troppe pietre allora mi spostavo sul bordo della strada, vicino al precipizio, dove c’era uno strato di terra liscia. Ho aspettato pazientemente che decine di jeep, camion e bus passassero davanti a me perchè così battevano il fango e grazie ai loro solchi mi segnavano il passaggio. Poi gli ultimi 30 chilometri ho spento il motore perchè non avevo più benzina, ma anche per sentire il suono della montagna gonfia di acqua della neve sciolta e di pioggia. L’ho fatta in punta di piedi. L’Himalaya in punta di piedi. Mi piacerebbe intitolarla cosi questa avventura.

1 commento:

Giovanni Falcone ha detto...

brava Maria Grazia, sei tosta, avanti così e non mollare, neanche il tuo motore, insieme siete partiti e insieme dovete ritornare,, mandami qualche scatto dell'himalaya. Giovanni
P.S. saluti da Angelo oggi l'ho sentito mper pochi minuti, era giù e mi ha chiesto di te, a presto Giovanni