IL LIBRO /One Indian Girl, il coraggioso femminismo di Chetan Bhagat

New Delhi, 29 novembre 2016 

    Ammetto di essere anche io, come milioni di indiani, una fan di Chetan Bhagat, uno dei pochi scrittori anglofoni che vivono stabilmente  in patria  e che raccontano l`India moderna. Il suo ultimo libro,  One Indian Girl,  e`un`opera geniale. Per me e` il migliore dei suoi nove lavori.
     Bhagat si mette nei panni di una giovane donna in carriera dibattuta tra un lavoro superpagato alla societa` di investimenti americana Goldman Sachs e il rispetto dei tradizionali valori familiari. E`un dilemma, molto spesso dolorosissimo,  che tocca le ragazze oggigiorno in India,
    A scuola sempre piu` donne raggiungono risultati superiori a quelli dei loro compagni. Ma i loro salari sono ancora inferiori. Ed e` impensabile che possano guadagnare piu` dei loro mariti. E` una cosa malvista anche in Occidente, figuriamoci qui in India dove le suocere danno fuoco alle nuore che non riescono ad avere figli maschi.
    Bhagat mette il dito in questa contraddizione vestendo i panni di Radhika Mehta, ragazza intelligentissima e rampante che vive da single a New York, che si innamora e  poi viene abbandonata, che ha una avventura con un uomo sposato e che per il quieto vivere accetta un matrimonio combinato dalla famiglia, ma che alla fine prende in mano le redini del suo destino. In altre parole, manda affanculo in un colpo solo due ex fidanzati che si presentano al suo matrimonio e anche il futuro sposo, e se ne va in vacanza da sola. Una scelta coraggiosa e rivoluzionaria per gli standard indiani.
    Per questo One Indian Girl, non ha ricevuto una grande accoglienza in India. E` un libro decisamente femminista in un Paese che non sa (ancora) cosa e` il femminismo,
Ma proprio per questo, considero Bhagat un genio, per come si e` calato nella mente di una donna moderna, interpretando benissimo i suoi tormenti interiori quando si vede costretta a sacrificare il suo lavoro per rivestire quello di moglie-madre tradizionale come la societa` richiede.
   Il tema e` trattato con ironia attraverso la `voce interiore` di Radhika, ma e` una ironia amara, come quando e` costretta a nascondere il suo stipendio negli annunci matrimoniali (a differenza degli uomini). Oppure quando deve fingere di essere una `secchiona` come ai tempi della scuola mentre  invece convive per un paio di anni con Debu, un ragazzo di cui si innamora perdutamente ma da cui poi viene respinta perche` guadagna troppi bonus. 

Referendum e italiani all'estero/ "Caro governo ti scrivo..."

New Delhi, 26 novembre 2016

    Come tutti gli italiani all'estero ho ricevuto anche io la lettera di Matteo Renzi in cui si invita a votare sì al referendum costituzionale del 4 dicembre. Sul frontespizio compare il premier che ride con il presidente Usa uscente Barack Obama, mentre sul retro c'è la missiva "Cara italiana, caro italiano...".

   Onestamente mi fa piacere che qualcuno del governo mi scriva e mi chiami pure "cara Italiana" perché a parte gli appuntamenti elettorali in 20 anni che sono all'estero non ho mai ricevuto alcuna comunicazione ufficiale dal mio Paese. Purtroppo gli italiani all'estero esistono solo quando serve un voto.
    In estrema sintesi, la lettera descrive l'Italia come un Paese deriso e umiliato all'estero a causa della sua instabilità politica e della corruzione: "Un Paese instabile, che cambia Presidente del Consiglio più spesso di un allenatore della nazionale. E tra noi, ahimé, possiamo dircelo: questo luogo comune non è così distante dalla realtà".  Ma mi raccomando, che rimanga "tra noi"...
   Il sì al referendum riduce i costi della politica ed elimina il bicameralismo paritario, che è - cito la lettera - "un sistema che esiste solo in Italia". Peccato che ci sia anche in India e Usa, rispettivamente la più grande e la più vecchia democrazia al mondo.
   L'approvazione della riforma costituzionale avrebbe il potere di trasformare l'Italia in "un Paese credibile e prestigioso".  Mentre in caso negativo "torneremo a essere quelli di cui all'estero si sghignazza, quelli che non cambiano mai, quelli famosi per l'attaccamento alle poltrone e azzuffate in Parlamento".
Già, l'Italia di cui si "sghignazza" proprio come nella foto del frontespizio.    

India senza cash, cronaca della mia prima giornata a Delhi

New Delhi, 24 novembre 2016

   Ero davvero curiosa di vedere che cosa stava succedendo a New Delhi dopo la decisione del governo dell'8 novembre di mettere fuori corso le banconote da 500 e da 1000 rupie che rappresentano oltre l'85% dei soldi in circolazione. Sono tornata dopo un paio di mesi nel Sud Est asiatico e trovato il caos come avevo anticipato in questo post. Chissà quanto tempo ci vorrà per arrivare alla normalità.
   Questa è la cronistoria della mia prima giornata a Delhi nell'era della post "demonetisation", come la chiamano i giornali indiani.
Ore 8:  in tasca ho una banconota da 1.000 e due da 500 rupie. Ieri sera per tornare a casa ho speso l'unico pezzo da 100 rupie che avevo in portafoglio. Sono riuscita a trovare un autorisciò che mi ha portato dall'aeroporto a Sadfarjung Enclave per quella cifra, più o meno un euro e mezzo, un record storico. Ho realizzato fin da subito che la scarsità di contante ha avuto l'effetto di raffreddare i prezzi. Benissimo per il carovita galoppante a Delhi.  Poi però sono iniziati i guai.  Dopo tre mesi di viaggio non ho nulla da mangiare in casa. Esco di casa e vado nella banca del quartiere per cambiare le 2.000 rupie. C'è una lunga coda, ma è gente che vuole aprire un conto. Quando arrivo sulla porta vedo un cartello scritto a mano "NO CASH".  Penso si riferisca al bancomat, mi faccio largo per entrare sventolando una banconota da 500 rupie. "Sorry we cannot change it, we dont have cash" mi dice un impiegato sommerso da una tonnellata di pratiche.
Ore 9: Vorrei andare alla mia banca, la Yes Bank, ma mi rendo conto che non ho benzina nello scooter. Il fruttivendolo mi dice che mi fa credito, ma io provo con un altro bancomat, ma anche quello è fuori uso. Vado in farmacia a chiedere dove posso cambiare le vecchie banconote. Per esperienza so che si solito quando si ha un problema in India, il posto migliore dove avere informazioni sono proprio le farmacie. E di fatti trovo un cliente che si prende compassione di me e mi cambia la vecchia banconota da 500 in cinque pezzi da cento. Mi sento in colpa perché non so poi cosa ne farà. Deve essere di sicuro un fan di Modi.
Ore 10: mi sento ricca. Vado a fare benzina,  e poi riesco a mettere credito nel telefonino. Mi rimangono in tasca 200 rupie,  un 500 e un mille fuoricorso.
Ore 11: mi faccio largo tra la folla ed entro a razzo alla Yes Bank di Green Park sventolando la mia carta di credito per far capire che sono una cliente.  Sembra un suq. Ci sono delle file disordinate davanti agli sportelli e altri gruppetti di persone intorno a degli impiegati in piedi in mezzo alla hall. Un impiegato, probabilmente un responsabile, sta facendo dei mucchietti di vecchie banconote dopo averle passate nelle macchinette conta soldi.  Mi dicono che hanno solo le nuove banconote da 2.000 rupie e quindi non possono cambiare le mie 1.500.  Chiedo di ritirare dei soldi e mi guardano come se avessi chiesto di aprire i forzieri. "It is not possible" è la laconica risposta. Chiedo il perché e manco mi rispondono. La metto sul patetico e dico che sono appena arrivata a Delhi e non ho un soldo per mangiare e devo pagare due mesi di affitto arretrati (il che è vero).  Le mie proteste attirano l'attenzione del responsabile che smette di ammucchiare le vecchie banconote e mi da retta. ma so che lo fa perchè ho la pelle bianca.  Come fosse una grazia dal cielo, dopo aver controllato sul pc il mio conto mi annuncia che posso ritirare al massimo 24 mila rupie, ma ci vuole il libretto degli assegni e io non ce l'ho con me. Confesso che non ho mai ritirato  soldi dal mio conto in India, di solito prelevo dal bancomat. Torno a casa a prenderlo.
Ore 12: mi ripresento con il libretto di assegni ma mi dicono che non hanno più liquidi, devo tornare tra un paio di ore quando arrivano i rifornimenti. Un strada ho visto molti furgoni portavalori andare e venire dalle banche.
Ore 13: idea! decido di cambiare gli euro che ho in casa per pagare l'affitto. Vado dal cambiavalute del Khan Market, dove di solito cambio la valuta.  Mi accoglie con uno sguardo disperato. "I have only old notes and I dont have 100 rupees" mi dice recriminando contro Modi. "Crazy Modi!" ripete. A quanto pare la manovra ha messo KO tutti i money changers che operavano sul mercato nero, Rabbrividisco al pensiero, veramente é una rovina per molta gente, anche quella onesta.
Ore 14: mi compro una spremuta in strada, 40 rupie. Il venditore mi dice che la mia banconota da 1000 vale 500 ora, se voglio posso cambiarla ma ottengo metà del suo valore.
Ore 14.30: entro al Subway di Khan Market per un panino. E' preso d'assalto da una folla di signore ingioiellate e manager. Si può pagare con la carta di credito, quasi nessuno usa il cash anche per un insalata.  Sul bancone compare la scritta: "non si accettano vecchie banconote da 100 e 500 rupie".
Ore 15: torno nel suq della Yes Bank. Ottengo 12 nuove banconote rosa shocking da 2.000 rupie che odorano di inchiostro. Non ci sono altri tagli, a quando pare le nuove 500 sono introvabili. Chiedo all'impiegato se le accetteranno nei negozi. "Yes madam - mi dice - this is valid money".
Ore 15.30: mi fiondo nel primo negozio di alimentari per vedere se funziona. Compro del pane e del latte. Il negoziante mi dà il resto in 100 e 10 rupie. Esco soddisfatta. Per l'affitto non so come farò, il mio padrone di casa non accetta assegni (è un irriducibile che manco Modi riuscirà a piegare), ma almeno ho da mangiare.

A EST DELLE INDIE - A Photo Journey

New Delhi, 21 novembre 2016 

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A EST DELLE INDIE - LA FOTO/Birmania, la venditrice di fiori di loto

Inle Lake, 20 novembre 2016


A EST DELLE INDIE - Myanmar/I pescatori clown di Inle Lake

Inle Lake, 19 novembre 2016

   Immaginavo che Inle Lake, nello stato di Shan, fosse uno dei posti piu` battuti dai turisti in Myanmar, ma non avrei mai immaginato che si fosse trasformato in una sorta di baraccone dove i `famosi` pescatori che remano con una gamba si esibiscono come clown.
Dopo aver tentato, senza successo , di arrivare da sola nei villaggi e nei floating market in fondo al lago, ho ceduto e ho condiviso un boat tour con due turiste giapponesi. O meglio loro hanno accettato che salissi anche io sulla lancia che  avevano gia`prenotato.
   Siccome era gia` pomeriggio inoltrato, il tragitto dell`escursione e` stata limitato perche` alcune popolari `attrazioni`, tipo i mercati galleggianti, erano gia` terminati. Ci hanno pero` portato in quattro negozi di artigianato, piu` precisamente due di monili di argento, uno di stoffe e uno di oggetti prodotti con la carta da gelso, come i famosi ombrellini, prodotta artigianalmente in loco. In un laboratorio tessile erano `esiibite` anche delle donne della etnia Pa-0 con i loro anelli intorno al collo.  Per le foto chiedevano dei soldi. Ho provato un po` di vergogna per questo `safari umano`, anche perche`si sa benissimo che ormai le donne Pa-O non si allungano piu` il collo, anche se  hanno conservato un loro modo di vestire, portando una borsa di stoffa.a tracolla e (le  donne) uno strano turbante.

   Dopo la parte `shopping`, le mie  due copasseggere, che erano dotate di una buona attrezzatura fotografica, hanno insistito per vedere da vicino i pescatori. Gli abitanti di Inle Lake si chiamano `Intha` e hanno un bizzarro modo per remare, che penso sia unico al mondo, forse. Stando in piedi sulle loro barche, muovono un remo con una gamba, quasi come fosse una protesi, per timonare e anche avanzare sull`acqua. Alcuni pescano con delle  comuni reti, altri con delle enormi ceste di bambu`. Le due giapponesi volevano fotografare uno di questi uomini al tramonto con le reti in controluce.

   Evidentemente conoscendo molto bene i desideri dei turisti, il barcaiolo si e`avvicinato a un anziano pescatore e gli  ha chiesto di mettersi davanti al sole. L`uomo ha obbedito e ha poi iniziato a compiere una serie di acrobazie con il remo e una cesta di bambu`, che secondo me non c`entrano nulla con l`attivita` di pesca, ma che erano di sicuro molto fotogeniche. Dopo avergli allunganto un dollaro, una delle due turiste e` poi salita a bordo della barchetta per un primo piano. Anche io, mio malgrado, ho recitato la mia parte di turista e ho scattato diverse foto del pescatore-clown. Mi chiedo se - dato che ogni giorno centinaia di turisti sfilano nel lago cercando tutti le medesime foto - se i pescatori facciano ancora il loro mestiere o se guadagnino di piu` con le esibizioni.   

A EST DELLE INDIE - Degustando vino birmano a Inle Lake

Inle Lake, 18 novembre 2016

   Come sempre, i momenti più belli di un viaggio arrivano per caso. A Naungshwe, dove sono alloggiata (in una guest house che si chiama Sweet In), ho affittato una bicicletta per esplorare il lago Inle che è a circa 4 km. Solo alcuni villaggi sono collegati con la strada o pontili, per gli altri bisogna andare con la barca. Ho quindi pedalato per circa 10 km lungo una bella strada di campagna fino al villaggio di Kahun Daing e poi da qui ho messo la bici su una lancia e mi sono fatta trasportare sull'altra riva, dove ci sono i resort. E'  un percorso un po' insolito, che mi ha permesso di uscire dai circuiti turistici che in questa zona della Birmania sono obbligatori.
Al tramonto stavo per tornare quando un ragazzo norvegese, che vagava come me in bici con il gps in mano,  mi ha suggerito di fermarmi in un'azienda vinicola sulla collina. "Intendi dire che qui ci sono dei vigneti???" gli ho chiesto manifestando tutto il mio stupore. "Sì, puoi anche degustare del vino birmano" è stata la risposta.
   Ho immediatamente abbandonato l'idea di fermarmi nell'ennesima pagoda per il calar del sole, e mi sono invece fiondata nella Red Mountain Estate Vineyard & Vinery, un'azienda vinicola super professionale che non sfigurerebbe affatto sulle colline del Chianti. E' un progetto di un enologo francese che nel 2002 ha importato le vigne, creato i terrazzamenti sulla collina e dopo un po' di anni ha iniziato a produrre le prime bottiglie di Chardonnay e altre varietà, come Shiraz e Pinot.  In effetti si vede il tocco occidentale nel vigneto e anche nell'idea di aprire un enoteca sulla cima della collina.

   Quando sono arrivata c'erano diversi gruppi di turisti, i tavoli erano tutti pieni. Probabilmente la visita alla Red Mountain è nel programma dei tour a Inle Lake.  Ma per fortuna ho trovato un tavolino sull'estremità della veranda proprio davanti al sole che calava sulle vigne. Ho ordinato la "degustazione" da 5000 kyat (circa 4 euro) che comprendeva due bianchi  e due rossi serviti a temperatura perfetta su un vassoio di legno con un paio di tramezzini al formaggio. Un cartoncino in inglese davanti a ogni bicchiere illustrava le caratteristiche dei vini. Dopo settimane di noodle e té verde non mi sembrava vero.  Davanti al tramonto, ho assaporato i vini come fossi nelle Langhe in un caldo pomeriggio di settembre, ancora incredula per la scoperta. Sarà la lunga astinenza da piaceri gastronomici, ma mi sono sembrati eccellenti. E detto da una piemontese questo non è poco.  

A EST DELLE INDIE - Mandalay, il finto Palazzo degli Specchi

Mandalay,  15 novembre 2016

   Sono arrivata a Mandalay con grandi aspettative sulla reggia di Thibaw, l`ultimo monarca esiliato in India. Sognavo di vedere il `Palazzo degli Specchi`, quello raccontato nel libro di Amitav Gosh, e invece ho avuto una brutta delusione.  Dovevo documentarmi prima.
  Il palazzo reale, una meraviglia in tek con troni d`oro massiccio,  e` stato depredato dall`esercito britannico il 28 novembre 1885 quando le truppe sono entrare e hanno catturato la famiglia reale. Poi e` stato raso al suolo dai bombardamenti giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Il governo birmano  ha tentato di ricostruirlo negli Anni Novanta, ma il risultato e` stato disastroso forse per la mancanza di denaro. Gli edifici sembrano dei fondali in uno studio di Cinecitta` tanto sono finti e con materiali. di scarsa qualita`. Soltanto le mura, circondate dal fossato, riescono ancora ad evocare l`antica gloria. Per di piu` all`interno c`e` un quartiere generale dell`esercito, quindi e` vietato sconfinare dal percorso e per entrare bisogna lasciare il passaporto.
   Meno male che all`epoca del re Thibaw un pezzo della reggia, specificatamente gli appartamenti del padre, re Mindon,  era stato smantellato e trasformato in monastero (Shwenandaw Monastery) fuori dalle mura. E cosi` si e` salvato miracolosamente intatto con tutti gli intarsi lignei e le colonne in legno di tek. 

A EST DELLE INDIE/Mandalay - Il `ngapi`, la `bagna cauda` birmana, peccato che sia fredda

Mandalay,  14 novembre 2016 

   Dopo molti giorni in Myanmar finalmente sono riuscita a gustare le specialita locali. Finora nei ristoranti dove sono andata non ho trovato che `fried rice` o una zuppa di noodle che penso sia cinese o thailandese e che si trova praticamente ovunque, da Kathmandu a New York. Ma erano chiaramente ristoranti per i turisti, Ho scoperto invece che la maggior parte dei birmani mangiano per strada nelle bancarelle degli ambulanti che arrivano a una certa ora del pomeriggio con tutto il necessario (pentole, piatti,  tavoli e sedie) e  poi spariscono quando finiscono il cibo.
   Devo la scoperta al fatto che oggi e` Full Moon Day`  (Tazaughmon)  che segna la fine della stagione delle piogge.  E` una grande festa nazionale, equivalente al Diwali in India,  ed e` tutto chiuso, mercati compresi.
   Vagando pero` nei dintorni della mia guest house, che si chiama AD 1 e che e` davanti alla pagoda di Eindawya, confinante con il `mercato delle cipolle`, ho trovato un paio di banchetti con delle signore che spadellavano, Mi sono seduta sulle seggioline di plastica che da noi si trovano solo negli asili (e una costante di tutto il  sudest asiatico, non so orse per ragioni di spazio...) e ho indicato un piatto che stava mangiando il mio vicino con il cucchiaio (e non le bacchette che propinano ai turisti). Data la difficolta` di memorizzare i nomi dei cibi, ho adottato il metodo di adocchiare i piatti sui tavoli degli altri commensali e poi di scegliere indicando con il dito. Sembrera` un po`maleducato, ma funziona ed l`unico modo per assaporare la cucina locale.
    La signora mi ha qundi portato una porzione di riso bollito e diversi piattini con verdure bollite e salsine gustose, Tra queste c`era il `ngapi`, una salsa onnipresente suilla tavola dei birmani  (e` citata anche nel romanzo di Orwell), Si tratta di una salsa di pesce fermentato con abbondante aglio e olio. A me sembrano acciughe marinate. Ci sono diverse versioni, Quella che ho gustato io accompagnata da verdure fresche, come verza, carote, sedani, mi ricordava tantissimo...;la bagna cauda piemontese che tra l`altro si mangia proprio in questo mese.  L`unico problema e` che la `bagna cauda birmana` e` fredda, Avrei potuto chiedere di scaldarla, ma mi avrebbe guardato sicuro con disgusto. Come se uno chiedesse di scaldare il vitello tonnato...

A EST DELLE INDIE/Birmania, rottame cade dallo spazio in una miniera di giada

Bagan, 11 novembre 2016

   Sul giornale locale, "Daily Eleven" oggi c'e' una foto notizia che ha dell'incredibile. Un enorme pezzo, probabilmente di un razzo o di un satellite, e' piombato in una miniera di giada nel nord del paese, precisamente nello stato di Khacin, una delle zone off limits  per i turisti.  Il giornale non dice nulla della provenienza, ma sembra che sia un rottame di un razzo cinese.
   Si sa, la piaga dei "rifiuti spaziali" e'  ben nota e temo sia un problema sottovalutato che in futuro sara' sempre piu' allarmante. Ma il bizzarro di questa notizia e' che sia finito in una cava di giada, una pietra preziosa per la quale  il Myanmar e' famoso in tutto il mondo.
    Commentando la notizia, il proprietario della guest house Pyinsa Rupa di Bagan, la citta' deii templi dove mi trovo, che parla un buon inglese, ha sbottato dicendo che "la Cina o qualsiasi altra nazione a cui appartiene il rottame deve risarcire i danni".  Per fortuna il cilindro, di oltre 4 metri, e' finito nel fango della minierae non sulle case dei minatori. E magari all'interno ci sono altri metalli da estrarre piu' preziosi della giada.

A EST DELLE INDIE/Birmania, corsa al tramonto nella valle dei templi di Bagan (danneggiata da terremoto)

Bagan, 11 novembre 2016

    Il treno da Yangon a Bagan, nella Birmania centrale, e` un`esperienza da fare non solo per uscire dalle rotte turistiche, ma anche per vedere la parte rurale del Paese. La Ferrovia, eredita` britannica, e` molto piu` malmessa che in India. Io ho preso la seconda classe che e` un livello superiore alla standard (sedili di legno), poi ci sono le cuccette della prima classe. Ma il treno e` ovviamente lo stesso, penso non superi i 60 all`ora e salta come un cavallo imbizzarrito. Per camminare nel corridoio bisogna reggersi saldamente alle maniglie dei sedili. Nelle circa 20 ore che e` durato il viaggio mi sono chiesta piu` volte se avesse i binari o le ruote come un autobus, tanto ondeggiava a destra e sinistra. Il bello pero` - per me che odio gli `aircon` bus come li chiamano qui - e` che i vagoni hanno grandi finestre panoramiche, senza sbarre come i treni. E` come se uno viaggiasse con una decapottabile, vento, sole e anche il fracasso assordante entra abbondantemente. Ma sono riuscita a dormire un po` rannicchiata su due sedili in posizione fetale. In compenso proprio prima di arriivare ho finito Giorni in Birmania di Orwell e ho pianto alla morte di Flory.
   Bagan e` la `Angkor Wat del Myanmar`  per il suo immenso parco archeologico. E` una meta turistica obbligatoria per i pacchetti e quindi e` strutturata per l`accoglienza. Penso dipenda interamente dal turismo. A differenza di Yangon qui si trovano in abbondanza moto e biciclette in affitto a pochi euro. Con estremo piacere ho notato che sono tutte motociclette elettriche quelle che affittano. Decisamente un buon passo nella direzione di un turismo ecosostenibile per un Paese che si e` aperto soltanto pochi anni fa e che ambisce a diventare una destinazione principale nel sud est asiatico.
    Per chi, come me, ha visto Angkor Wat, c`e` un po`di delusione. Anche gli imperatori birmani erano dei megalomani e di sicuro dei fedeli devoti buddisti, ma i templi mancano della raffinatezza di quelli khmer che sono piu` o meno contemporanei. Inoltre molti interventi architettonici e ritocchi moderni sono discutibili, anche secondo lo stesso l`Unesco. Alcuni, come l`Ananda Pahto, imbiancato e indorato, sono luoghi di culto molto frequentati, piu` che monumenti storici.
   Molti poi sono transennati a causa del terremoto che ha colpito il Myanmar il 24 agosto, poche ore dopo quello in Italia, e che ha danneggiato circa 200 templi. Me lo ha ricordato una venditrice di souvenir davanti all`unico tempio indu, il Nathlaung Kyaung, dedicato a Vishnu. Il tempio, che e` chiuso al pubblico, ha una storia interessante. Il re Anawrahta, il fondatore dell`impero di Bagan, vi avrebbe rinchiuso qui tutti gli idoli non buddisti.
   Quando ha saputo che ero italiana, la donna mi ha fatto capire a gesti che i nostri Paesi sono ssttai uniti da una comune tragedia, e poi con mia sorpresa ha aggiunto in inglese stentato che in Italia sono morte 300 persone, mentre a Bagan per fortuna non ci sono state vittime.
   Mentre durante il giorno, i templi sono quasi deserti per la calura, verso l`ora del tramonto si scatena una sorta di corsa alla migliore postazione, di solito a nord dove si domina la vallata che declina erso l`Irrawaddy. Lo stesso succede all`alba,  mi hanno detto.
   Io per due sere ci ho provato e non ci sono riuscita o ci ho rinunciato. Quindi alla mia collezione di foto della Birmania manchera` l`immagine clou del cielo arancione con i profili dei templi, che si trova sulle guide turistiche, di solito con l`aggiunta di una mongolfiera. Pazienza, ma intanto mi sono divertita a fotografare i turisti appollaiati sul tempio Buledi o Bulethi, una specie di cono a cui si accede con una ripida scalinata, anche questo un po` danneggiato dal sisma.  

Abolite banconote da 500 e 1000 rupie, da oggi i ricchi rischiano la fame

Yangon,  9 Novembre 2016

    Da oggi milioni di indiani benestanti si ritrovano letteralmente senza un soldo in tasca. Le banconote da 500 e 1000 rupie sono diventate carta straccia allo scoccare della mezzanotte dopo una decisione a sorpresa del premier Narendra Modi per combattere evasione fiscale e contraffazione di valuta. E' come se a un malato si taglia una gamba per guarire un'unghia incarnita. Immagino le tonnellate di banconote in circolazione che dovranno ora essere eliminate.
   E' ancora presto per capire quali saranno le  conseguenze, ma di sicuro sara' il caos totale. Quasi quasi penso che sono fortunata a non essere in India. Farei la fame anche io. Nel portafoglio ho al massimo 250 rupie.
   Il presidente della Repubblica Pranab Mukherjee ha invitato la gente a non farsi prendere dal panico. Ma sara' difficile. Con una banconota da 50 o 100 rupie, quelle rimaste valide, si puo' a malapena fare un pasto in una bettola per strada a New Delhi. Il  costo della vita nelle citta' indiane e' aumentato enormemente. Anche gli stranieri ormai non si possono piu' permettere un tenore di vita come in passato.
   E come se in Europa si levassero dalla circolazione le banconote da 10 o 20 euro.  Praticamente si paralizza l'economia. E' quello infatti che prevedo da oggi. L'assalto ai benzinai, una delle poche categorie insieme a ospedali e crematori, che possono accettare le banconote da 500 e da 1000, e' iniziato da ieri sera. Le banche oggi sono chiuse, quindi la gente non puo' prelevare. I bancomat, penso, esauriranno le scorte di biglietti da 100 nel giro di poche ore. Nei negozi tutti vorranno pagare con la carta di credito mandando i server in tilt. Non e' inoltre chiaro quando saranno in circolazione le nuove banconote da 500 e 2000 (non si capisce perche' non ci saranno piu' i tagli da 1000).
    Ma se questo e' lo scenario apocalittico  per la middle class, che usa i bigliettoni da 500 e da 1000, altra cosa e' per la maggioranza della popolazione nelle campagne. La pensata shock di Modi, che non e' un bolscevico, ha impoverito in un colpo solo 300 milioni di benestanti polverizzando i risparmi tenuti sotto il materasso. Altro che patrimoniale. Leggo che un altro primo ministro, Morarji Desai, un politico molto amato, aveva nel 1978, aveva perso una simile decisione mettendo al bando le banconote di oltre 100 rupie contro la corruzione.
    Per ora gli indiani l'hanno presa bene e lodato l'iniziativa di Modi, che continua a godere di molta popolarita', nonostante i ritardi nel mantenere le promesse elettorali di 2 anni fa. Sulla rete circola la battuta che mentre negli Stati Uniti si contano i 'votes', in India si contano le 'notes'.
   Un po' di mesi fa anche la Bce aveva deciso di ritirare dalla circolazione le maxi banconote da 500 euro perche' usate dalla criminalita'. Anche li', mi sembra uno strano modo per combattere la corruzione.
   Io invece ci vedo piuttosto un tentativo dei governi dii avere piu' controllo sui cittadini che sono quindi obbligati a usare le transazioni elettroniche per i loro affari o a ricorrere ai servizi delle banche che diventano cosi' sempre piu' potenti.

A EST DELLE INDIE- Yangon, per caso finisco alla proiezione di Indochine

Yangon, 5 Novembre 2016

   Spesso quando si va a zonzo si fanno le scoperte piu` incredibili. Come oggi, giornata uggiosa a Yangon, dove sono arrivata con il bus notturno da Hpa An. Il grigiore del cielo rende opaca anche l`abbagliante pagoda d`oro Schwedagon Paya togliendomi ogni voglia di visitarla. E cosi` stavo vagando a downtown quando vedo un cartellone di un festival cinematografico, Memory International Film Heritage Festival. Mi fermo e vedo che sta per iniziare la proiezione di `Indochine`, un cult movie del 1992 del regista francese Regis Wargnier, di cui io ignoravo completamente l`esistenza nonostante abbia anche vinto un Oscar.
   Per l`occasione a Yangon e` arrivata la stessa Catherine Deneuve, che interpreta la ricca possidente di una piantagione di caucciu` e madre adottiva di una principessa vietnamita che poi diventa una partigiana comunista.
   Il film e` eccezionale anche per come racconta le brutalita` dei soldati francesi e il razzismo dei possidenti bianchi che avevano le piantagioni di caucciu`. Insomma, la ciliegina sulla torta per chi come me e` appena arrivato dall`Indochina francese.. 

A EST DELLE INDIE - Birmania/ Al capolinea della `ferrovia della morte - Il cimitero di Thanbyuzayat

Mawlamyne, 4th novembre 2016
    Non potevo scegliere migliore giornata per andare a vedere il cimitero di Thanbyuzayat, a 65 km a sud di Moulmein, al confine con la Thailandia, dove sono sepolti circa 3 mila soldati britannici, olandesi e australiani catturati dai giapponesi e messi ai lavori forzati sul confine tra Burma e Thailandia per costruire una nuova ferrovia di 420 km in appena 14 mesi. La vicenda, una pagina orribile della seconda guerra mondiale in Asia, ha ispirato un celebre film, il `Ponte sul fiume Kwai` del 1957 (il ponte si trova in Thailandia).
    Passeggiando sul tappeto erboso curato grazie ai fondi del Commonwealth pensavo a questi ragazzi dai 25 ai 30 anni che hanno avuto la doppia sfortuna di essere mandati in guerra in Asia e poi di essere stati catturati dai nemici. 
   In un museo,un po’ scarno, che sorge al capolinea birmano della ’ferrovia della morte’ (, ho letto delle sofferenze a cui erano sottoposti i militari. Quelli sepolti nel cimitero sono stati trovati cadaveri lungo i binari a guerra finita. Ma oltre agli occdentali, sono morti anche migliaia di burmesi, si dice di etnia Romusha, che erano usati come `coolies`, facchini. 
 
E paradossalmente, in questo progetto - che era vitale per i rifornimenti dell’Asse dopo la conquista della Birmania – sono morti anche mille ingegneri giapponesi. Una follia insomma. Statisticamente, un morto per ogni traversina.

    Mentre un`altra guerra e altri morti in queste ore sono a Mosul e a Aleppo, riflettevo sulla Giornata delle Forze Armate. Che senso ha glorificare la guerra? Certo si tratta di rispetto per i Caduti che hanno dato la loro vita perche` qualcuno glielo ha ordinato...

   Leggendo i loro nomi a uno a uno mi chiedevo se veramente non sia il caso di mettere all`ingresso dei cimiteri di guerra una avvertenza come quella sulle sigarette: `la guerra e` dannosa per chi la pratica`.

A EST DELLE INDIE - BIRMANIA/LA FOTO/Hpa An, grotta di Saddar

Hpa An, 3 novembre 2016


A EST DELLE INDIE/Moulmein, dove Kipling si e' innamorato della Birmania

Mawlamyne (Moulmein), Birmania, Primo Novembre 2016

   Sono arrivata in Myanmar (dalla frontiera di Mae Sot) e ho fatto sosta nell'ex porto britannico di Moulmein dove ho fatto una piacevolissima scoperta.  Rudyard Kipling infatti ci ha dedicato una poesia, che trascrivo qui di seguito in italiano. Frank Sinatra poi ne ha fatto una canzone che invito ad ascoltare mentre leggete il blog.
   Letta con gli occhi moderni non e' proprio 'politically correct', ma ovviamente va messa nel contesto coloniale...il soldato Kipling, che ha vissuto un paio di anni in questo porto famoso per il commercio del tek, si e' innamorato di una ragazza birmana che aveva sedotto in un tempio davanti a un Buddha ("idolo pagano"). Si strugge nel suo ricordo e ne esce un ritratto affascinante di Moulmein.
   Dalla mia guest house, Breeze Guesthouse, in una casa coloniale di legno blu stoviglia, guardo la baia e immagino "gli elefanti che ammassavano il tek".
    La vecchia pagodaa cui si riferisce e' probabilmente la Kyaikthanlan Paya che domina la citta' e che "pigramente guarda il mare''. Ci sono stata, e' circondata di alberi secolari e vi regna la stessa pace. Non  ci ho fatto caso, ma forse la ragazza di Kipling e' ancora li' a dare "baci cristiani' a un piede di un'idolo di fango...


Presso la vecchia pagoda di Moulmein che pigramente guarda il mare,
c’e’una ragazza birmana, e so che a me sta pensando,
giacche’ il vento e’ tra le palme e dicono le campane del tempio:
“Ritorna qui, soldato inglese! Ritorna a Mandalay!”.
Qui ritorna a Mandalay, dove sta la flottiglia:
non senti tonfar le  pale da Rangoon a Mandalay?
Sulla via di Mandalay
Dove giocano i pesci  volanti,
e l’alba balza dalla Cina come un tuono per la baia!

Era gialla  la sua gonna, verde il cappellino,
e il suo nome era Supiyolat – si’, come la regina di Thiboo,
e la vidi per la prima volta che fumava un sigaro bianco,
sprecando baci cristiani su un piede d’idolo pagano:
dannato idolo fatto di fango...
che loro chiamano il Gran Dio Buddha –
ma poco bado’ agli idoli quando la baciai li’ dov’era!
Sulla via di Mandalay...
E quando sui campi di riso c’era nebbia e il sole calava lento,
lei prendeva il banjo e cantava “Kulla –lo- lo!”.
Con il braccio sulla mia spalla e la guancia sulla mia
guardavamo i vaporetti e gli elefanti che ammassavano il tek.
Ammassavano il tek gli elefanti
nel  torrente basso e fangoso
dove era tale il silenzio che avevo paura di parlare!
Sulla via di Mandalay...
Ma tutto questo e’ sepolto nel passato – lontano e tempo fa,
e neppure c’e’ un autobus dalla riva a Mandalay;
e comprendo ora a Londra quel che dice il veterano:
“Se t’ha l’Oriente chiamato, piu’ non baderai ad altro”.
No, piu’ non vorrei badare ad altro
Che all’acuto odore dell’aglio e delle spezie,
e al sole e alle palme e alle tinnule campane del tempio,
sulla via di Mandalay...
Sono stufo di consumare le suole su questo selciato grigio,
la maledetta pioggerella inglese mi sveglia la febbre nelle ossa;
anche se vado a spasso con 50 servette da Chelsea allo Strand,
che chiacchierano d’amore: ma cosa ne capiscono?
Facce bovine e mani sporche –
Oh, Signore, che cosa mai ne sanno?
Ho una ragazza carina e dolce, in una terra verde e pulita!
Sulla via di Mandalay...
Speditemi in qualche posto a est d Suez, dove il meglio e’ come il
peggio,
dove non ci sono Comandamenti e uno puo’ togliersi la sete;
giacche’ le campane chiamano, ed e’ la’ che vorrei  stare....
Presso alla vecchia pagoda di Moulmein, che pigramente guarda il mare;
sulla via di Mandalay,
dove sta la flottiglia,
coi malati sotto le tende quando andammo a Mandalay!
Sulla via di Mandalay,
dove giocano i pesci volanti,

e l’alba balza dalla Cina come un tuono per la baia!