ECONOMIA CIRCOLARE / Il free shop di Mogan

Mogan (Gran Canaria), 24 febbraio 2020



    Questo e' il "free shop" di Mogan, (Sud di Gran Canaria),  un luogo dove e' esposta in una vetrina naturale diversa merce usata, da vestiario a giocattolini di plastica. Si possono prendere e se si vuole lasciare una donazione in una apposita ciotola. Non so chi sia a gestire il 'business', penso uno degli hippies che ogni tanto vedo fare capolino da qualche grotta li' intorno.
    Il "free shop' sorge su una strada costiera chiusa (per frana) che collega il puerto de Mogan con quello di Taurito. E' una strada panoramica frequentata da joggers e camminatori, nonostante le recinzioni di sicurezza costantemente scardinate. Un bell'esempio di economia circolare. Ogni tanto ci porto anche io qualche indumento o altri oggetti ancora in buono stato che trovo vicino ai cassonetti o in mare. E poi prendo quello che mi serve. Ieri ho trovato delle flip flop del mio numero, buone per rimpiazzare le mie che si erano lacerate.
    Siamo circondati da cosi' tante "cose" che ormai non serve piu' produrre nulla, basta riciclare quello che abbiamo. Se vogliamo fare qualcosa per il pianeta partiamo da qui.

Mostre/ La bellezza della biodiversita'

Miami (Florida), 7 gennaio 2010
   In un'epoca in cui si parla con sempre piu’ enfasi della distruzione della biodiversita’ da parte dell’Homo Sapiens mi ha colpito particolarmente una mostra allestita al Frost Museum od Science di Miami. L’esibizione si chiama “Opulent Oceans: Extraordinary Scientific Illustrations” e comprende 55 ingrandimenti di illustrazioni scientifiche in maggior parte dell’Ottocento riguardanti la classificazione della fauna ittica. Sono disegni ad acquarello o carboncino (non esisteva ancora la fotografia...) di creature marine “scoperte’” durante le esplorazioni del pianeta. Le esplorazioni geografiche erano infatti accompagnate anche dall'avvistamento di nuove specie di pesci, molluschi, alghe e altri esseri ‘esotici’. A catalogare questo patrimonio, che oggigiorno viene definito biodiversita’, sono stati soprattutto biologi, zoologi e naturalisti europei, in particolare tedeschi, francesi e inglesi. Le prime collezioni risalgono a circa 4 secoli fa. In alcuni casi erano gli stessi studiosi ad illustrare i “campioni” raccolti nelle spedizioni, in altri casi si affidavano a degli artisti. 
   Ed è questo che mi ha affascinato, che molte illustrazioni sono delle vere e proprie opere d’arte, dei capolavori che mi ricordano le opere dei monaci amanuensi. È straordinario questo sforzo di riprodurre la biodiversita’ marina e mi incuriosisce molto anche l’aspetto della pubblicazione, che non è trattato dalla mostra. Molti dei volumi da cui sono tratte le illustrazioni sono conservati nei musei americani. Mi chiedo se all’epoca questi trattati di ittiologia o i resoconti delle esplorazioni oceaniche come quella di Charles Darwin erano stampati in piu’ copie e a disposizione del largo pubblico o circolavano soltanto nella ristretta cerchia degli studiosi.
    Ecco alcuni esempi di disegni, quelli che mi hanno colpito di piu’, con una breve descrizione dell’autore. Sopra:  Ippolito Salviani (1514-1572), italiano, medico di tanti Papi, e’ uno dei padri dell’ittiologia. La sua opera è l'Aquatilium Animalium Histioria, da cui è tratto questo squalo martello.
Qui sotto: il divertente polpo vampiro (Vampyroteuthis infernalis) qui sotto e’ invece presente in uno studio del francese Louis Joubin (1861-1935), “Cefalopodi dalle spedizioni scientifiche del principe Alberto I di Monaco”.
   Il biologo tedesco Ernst Haeckel (1834-1919), esperto di protozoi e plankton, e’ invece autore di fantastici disegni che sono dei capolavori non solo dal punto scientifico.
Un altro tedesco, Johannes Muller, documento’ 214 specie di squalo nella sua “Systematische Beschreibung der Plagiostomen” .
   E poi c’e’ Charles Darwin (1809-1882), il padre dell’evoluzionismo, che - ho scoperto - colleziono’ una quantita’ impressionante di cirripedi, le conchiglie parassite che si attaccano alla carena delle barche (A Monograph on the Sub-class Cirripedia, 1851-54). Ne fu cosi’ affascinato che ci dedico’ alcuni anni della sua vita.
Questo pesce remo (regaleco), un rarissimo esemplare che abita gli abissi oceanici, che è diventato lo screensaver del mio laptop, è dell’artista svizzero Karl Joseph Brodtmann (1787-1862).
      
   Franc Mace MacFarland (1869-1951), esperto di nudibranchi, ha documentato questa splendida lumachina di mare.

   Dagli studi sui fossili marini di Alcide Dessalines d'Orbigny - (1802-1857) è nata la micropaleontologia.



Henri de Lakaze-Duthier (1821-1901), francese, si è invece dedicato ai coralli.



Questo verme marino è uno dei disegni di “A monograph of the British marine Annelids “ dello scozzese William Carmichael M'intosh (1838-1931)










George Henry Ford (1808-1876 ) è l’illustratore di questo drago marino.


Questa creatura degli abissi (che sembra prodotto di fantasia) è una delle specie documentate da August Bernhard Brauer, ittiologo (illustrazione di Fritz Winter) che fece parte della spedizione Valdivia (1898-1899) guidata da Karl Chun e dedicata allo studio abissi oceanici. 




Infine di Marc Catesby (1683-1749), naturalista, è il famoso cancer terrestri, granchio di terra.

Colombo e gli sponsor francescani della Rabida

Palos de la Frontiera, 11 aprile 2019
 
Nella mia smania di non prendere gli aerei, ancora prima del flight shame lanciato da Greta Thunberg, mi sono ritrovata a Huelva, una sonnolenta citta’ dell’Andalusia, conosciuta solo per essere uno dei due punti di arrivo del traghetto che collega le isole Canarie con la madrepatria. L’altra destinazione dei ferries è Cadice.
    Lo sbarco a Huelva è stato pero’ propizio perché mi ha permesso di scoprire una piccola chicca su Cristoforo Colombo. A 15 km infatti sorge la famosa Palos de la Frontiera, dove l’ammiraglio genovese salpo’ con le tre caravelle il 3 agosto 1492 alla volta del Nuovo Mondo. Nei dintorni ci sono molti luoghi storici “colombini”, cioe’ legati alla sua vita e alla sua impresa.
   Uno di questi luoghi, che fu determinante per la spedizione e che penso non sia molto noto, è il monastero francescano di Santa Maria della Rabida. Un bellissimo edificio in stile gotico-mudejar del XIII secolo che sorge su una collinetta vicino all’estuario del rio Tinto. Rimasto vedovo dopo la morte della sua moglie portoghese, Colombo aveva affidato il figlio Diego ai religiosi della Rabida e qui veniva regolarmente.

   Probabilmente non si sarebbe aspettato di trovare proprio tra i francescani gli sponsor determinanti della sua impresa. Nell’anno 1490 arrivo’ infatti alla Rabida deluso e probabilmente anche senza un soldo dopo che il re Fernando e la regina Isabella di Castiglia avevano bocciato il suo progetto. Forse anche le sue convinzioni geografiche stavano cominciando a vacillare. E invece nel monastero inaspettatamente trovo’ degli alleati che gli ridettero fiducia e che lo raccomandarono ai sovrani.
    Il priore della Rabida, Juan Perez, che era confessore della regina, lo presento’ a un medico appassionato di astronomia e ad una cerchia di cosmologhi. Per farla breve, tutti insieme, frati e non, come si vede in un dipinto della collezione de El Prado, ristudiarono le mappe e si convinsero che oltre l’Oceano c’erano le agognate terre orientali.
   Il priore inoltre lo mise in contatto anche con la famiglia Pinzon, i boss di Palos, che affittarono le caravelle e che furono comandanti della Nina e Pinta.
   Non è chiaro quali interessi avessero gli umili francescani nello sponsorizzare una cosi’ temeraria impresa. Pare che ci fosse anche l’interesse del Papato che ovviamente coincideva con quello dei Re Cattolici e anche con il desiderio di conquistare nuove terre e nuove anime da convertire. Esattamente come è avvenuto in seguito.

LA FOTO/ La super scopa e l'economia circolare

Gran Canaria, 14 febbraio 2020


    Mettendo in opera il concetto di economia circolare, gli operatori ecologici nel sud di Gran Canaria ormai da anni usano le foglie delle palme per spazzare le strade: efficace, ecologico ed economico. Come i loro colleghi in India (loro pero' lo fanno per mancanza di scope!)

Addio giornalismo- L'articolo e' servito

Gran Canaria, 6 Febbraio 2020

   Secondo una esperta citata in una ricerca di NiemanLab, un centro di ricerca di Harvard che studia i nuovi trend nel mondo dell'informazione, nel 2020 "spariranno gli articoli" perche' sono diventati  inadatti a veicolare le notizie. Da tempo ho abbandonato il giornalismo attivo per dedicarmi alla vela, ma non posso non indignarmi di fronte a tali assurdita' riportate purtroppo -  o meglio copiate di peso - dai media italiani.
Dettaglio da Aquatilium Animalium Historia - Ippolito Saviani (1514-1572) 
   Ecco l'antefatto: NiemanLab ha intervistato "the smartest people" nel giornalismo chiedendo loro previsioni sul futuro dell'informazione. Tra questi c'e' tale Emily Withrow,  direttrice R&D di Quartz, un website di info economiche, famoso soprattutto in Asia, che anni fa ha saputo capire che aria tirava sul web diventato oggigiorno un gigante del settore. L'opinione della Withrow e' stata rilanciata, copiata e tradotta, da La Stampa ed e' li' che ne sono venuta a conoscenza.
   Sembra che l'articolo giornalistico, "news article", sia uno strumento obsoleto, che abbia fatto il suo tempo e che non sia piu' adeguato alla nostra epoca digitale ne' per chi lo deve scrivere e pubblicare, ne' per chi lo legge. E' una struttura rigida, che richiede troppa attenzione da parte del lettore, troppo tempo per capirlo, insomma non funziona piu'.
   Quindi? Quindi la Withrow sostiene che i media da quest'anno opteranno per "format" piu' dinamici che "pongono l'individuo al centro della storia e della notizia" (definita come "prodotto"). Queste le sue parole: "This year, we’ll continue to see forward-thinking outlets discard the news article in favor of more dynamic formats that place the individual at the center of the story and news product".
   Come si fa? Se ho ben capito si tratta di "plasmare l'articolo a seconda dei gusti del lettore" e dei suoi bisogni "nel corso della giornata". Come dire che la notizia viene servita zuccherata a colazione, poi con un po' di vinaigrette a pranzo, arrostita la sera. Oppure aggiustata su misura come un abito di buona sartoria o una scarpa fatta a mano. "We’ll better understand a person’s shifting needs throughout the day and mold our stories and story selection to those moments".
   Come non ci si puo' indignare nel vedere cosi' maltrattato il giornalismo? Non solo lo si vuole azzerare con l'informazione fai-da-te che imperversa - vera e falsa - sulla Rete. Ma anche si arriva a negare la sua stessa natura. La notizia non e' piu' un fatto da raccontare obiettivamente (dopo averlo possibilmente verificato) e divulgata sottoforma di articolo da leggere, ma una storia personalizzata, che ci sta comoda, che ci piace e soprattutto che non ci fa pensare. 

LA FOTO/ Non e' il lago di Como ma sono le Canarie

Gran Canaria, 4 Febbraio 2020


   Non e' il lago di Como in una uggiosa giornata di fine inverno, ma l'isola spagnola di Gran Canaria, il buen retiro di tanti europei in cerca dell'eterna estate. A volte anche in paradiso c'e' smog come in Val Padana e questo fenomeno si chiama Calima. Avviene quando tira vento da Est, cioe' dall'Africa.
   Questo vento di scirocco porta con se' sabbia del deserto e umidita' creando quindi questa foschia che copre il cielo e che si infila dappertutto sottoforma di pulviscolo giallo. Non sono sicura, ma penso l'etimologia della parola spagnola "calima" o "calina" abbia una parentela con 'caligine". E per i polmoni e' dannosa quanto l'aria di Milano nei giorni di alta pressione. E' un fenomeno unico delle Canarie e potrebbe essere all'origine delle famose dune di sabbia sahariana che si sono formate a Maspalomas, il promontorio nel sud di Gran Canaria.
   Secondo le leggende popolari, il Calima e' causato dai nomadi africani che sbattono i loro tappeti  quando tira vento verso l'arcipelago dell'Oceano Atlantico.
   Il fenomeno e' pero' tipicamente estivo, ma in questi giorni come nel resto d'Europa anche qui e' arrivata una eccezionale ondata di aria calda proveniente appunto dalle coste africane.